All’Art on Paper di Paradiso fino a sabato, ‘Tracks’ è l’universo dell’artista, quattro aree specchio di ricchezza e progettualità compositiva
Il lavoro di Piero Mega si articola, nell’allestimento di Paradiso curato da Daniele Cavallini, in quattro aree di azione. Notiamo, nella decina di opere esposte, l’espressività matura di una personalità colta e consapevole, impegnata in un cammino che corre lungo una linea di confine tra esperienze storicizzate. Piero Mega “si è occupato di comunicazione, di fotografia, video e nuovi media”, ha beneficiato di riconoscimento in un ambito legato alla storia di Cesare Pavese; dalle opere esposte sui muri dello spazio di Paradiso si intravede un universo che attira.
Un primo passo per soddisfare l’esigenza di comprendere meglio può essere un tentativo di lettura di cosa succede nelle quattro aree presentate. Siamo di fronte a un oggetto che supporta il colore. L’oggetto non è mai un quadro; è un volume, però non è una scultura, è un volume di supporto, un sostegno sul quale (perché c’è una parte di superficie) e nel quale (perché c’è uno spessore che contiene il colore) sono stratificate le stesure pittoriche. La dialettica tra le due componenti (oggetto e pittura) è già un dispositivo motore della poetica di Piero Mega, alimentato però e coadiuvato da altri fattori che si manifestano distintamente nelle quattro aree. Peraltro, la oggettualità non è caratteristica solo del supporto fisico sul quale e nel quale viene stesa la pittura, perché l’artista organizza il campo espressivo attraverso forme e trame geometriche a loro volta definibili, in senso pittorico, “oggetti”.
Partiamo dai lavori intitolati fälschungsmöglichkeit 2024. Sono tre, esagoni irregolari di diversa dimensione. Ciascuno contiene una composizione di campi, la cui combinazione ci propone uno scenario strutturato con forme geometriche (triangoli, rettangoli, trapezi). Ogni forma ci propone una gradazione del colore al quale l’opera è dedicata. Il risultato è una narrazione cromatica che ci racconta relazioni possibili, per esempio, tra verde e turchese o tra rosa e arancione, passando per rosso e lilla. Utilizzo il termine narrazione perché i passaggi sono dinamici, filtrati e mutevoli, condizionati da come l’artista ha deciso di dipingere il singolo tassello in ombra o in luce. Inoltre, la disposizione delle forme genera una illusione di profondità e uno scivolamento continuo tra una percezione bi e una tridimensionale. Troviamo effetti simili, per esempio, in alcuni tavoli di Mario Merz (ricordo un magnifico biliardo incontrato ad Artbasel alcuni anni fa): disassando i lati del tavolo, il neon che lo attraversa viene percepito sia come adiacente alla superficie, sia come intruso del volume dello spazio raffigurato. Possiamo anche pensare alle analogie e alla distanza rispetto a ciò che succede in alcune narrazioni cromatiche di Nicolas De Staël; lì i passaggi erano creati con tasselli informali distribuiti irregolarmente sulla superficie della tela mentre qui vediamo un disegno progettuale nitido, graficamente armonioso e le forme creano una volumetria (c’è poi il De Staël post-Sicilia ed è un tema che meriterebbe approfondimento).
Una seconda area di azione accoglie oggetti che sono il frutto di un lavoro di carpenteria metallica. Una lastra di alluminio spessa 3 centimetri viene incisa in modo da creare un volume disegnato, come un tracciato o una grande griglia, quasi una scultura. L’oggetto subisce una attenta lavorazione che gli consente innanzi tutto di non rompersi sui punti di fragilità lungo le barre; vi è poi l’esigenza di ottenere una qualità della superficie del metallo adatta a sostenere la stesura della vernice (viene utilizzata una vernice da modellismo) senza generare aporie. Il risultato è un oggetto monocromatico (in mostra a Paradiso c’è un blu e un giallo) forte di qualità decorative, eleganti, strutturali, formali, linguistiche ed espressive. Per il modo in cui l’artista estrapola da una lastra di alluminio un oggetto che, grazie al colore deciso sulla sua superficie, assume una soggettività spiccata, verrebbe da definire queste opere delle sculture. A guardarle, però, parlano piuttosto nella qualità di pitture, giocando virtuosamente con l’ambiguità tra i due universi espressivi.
Una terza serie è più monolitica, monumentale e semplice. Un grande trapezio isoscele (due metri in altezza, poco meno in larghezza) ospita una grande figura ad arco che campeggia su uno sfondo. Essa, bianco su giallo in un caso, nero su blu nell’altro, agisce per tensione tra le forme, cioè tra l’arco interno e il trapezio esterno e insieme per compenetrazione dei due colori, l’uno nell’altro tanto da generare un’area percettiva dove noi vediamo l’integrazione dei colori e non il contrasto.
Red sparring partner, 2024 - mixed media on canvas
La quarta area contiene due opere a esagono regolare, in ciascuno dei quali i due bordi orizzontali sono composti con due segmenti che creano una piccola cuspide estroflessa, dalla quale parte un segmento verticale che si ferma in corrispondenza dell’asse della metà della superficie. Questa risulta così divisa in due bande sulla dimensione orizzontale e ciascuna di esse è divisa dal segmento verticale che separa un terzo dagli altri due terzi. La superficie è poi rivestita da uno strato di pittura grigia a sua volta riempita da una regolarissima, ma imperfetta, tassellatura di varianti di colore: in un’opera si tratta di blu e grigi; nell’altra sono rossi e gialli. Ne risulta una fitta griglia grigia che contiene la modulazione in quattro voci del colore. Compositivamente, sono quattro aree distinte e monocrome ma noi abbiamo una percezione più fluida a causa degli effetti variabili della luce incidente.
Spero di essere riuscito, con questa mia prima lettura, a individuare e a restituire una parte della ricchezza e della progettualità compositiva che Piero Mega genera con il proprio lavoro. Vivendolo, sentiamo l’eco di esperienze storicizzate che vanno dall’astrazione geometrica al concretismo al minimalismo all’espressionismo astratto. La questione della oggettualità, cioè di come figure, forme oggetti consentono al colore pittorico di agire, è dominante. Attraverso l’impegno narrativo generato dal modo in cui le molteplici stesure pittoriche agiscono nel campo e nella griglia oggettuale, Piero Mega soggettivizza ogni opera ed esprime in tal modo la propria sicura soggettività pittorica.