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Art & Basel duemilaventiquattro

Le esperienze in fiera ci dicono che c’è spazio per l’azione di operatori impegnati a ricomporre l’offerta sulla base di criteri credibili

Irène Zurkinden, Rêve histoire d’une nuit, 1935. Olio su tela, 54 x 73 cm
(Meredith Rosen Gallery)
14 giugno 2024
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Basilea, riva del Reno, notte dell’11 giugno; pioviggina su alcuni tentacoli di polipo messi a scaldare su una griglia alla quale sono stato fortunosamente invitato. Mentre gusto la visione di signore che ballano musiche di generi diversi, tento di prendere alcuni appunti sul taccuino; l’inchiostro è sciolto dalle gocce. Mi viene in mente la poesia sotto la pioggia finta di Marcel Broodthaers. Sono seduto e ho mangiato una insalata preparata da un’artista che si esprime attraverso il cibo. Il buon umore contrasta stanchezza e mal di testa, una delle danzatrici mi si avvicina allegra e mi chiede cosa sto combinando. «Cerco di prendere appunti», le rispondo e lei ride. Mia figlia risponde all’invio di un breve video della danza: «mi sembra una bella situazione». Sì, anche nel settore dell’arte ci sono belle situazioni.


Keystone
Fino a domenica 16 giugno

Stimoli

È finito il primo giorno di presentazione della fiera Art Basel. In otto ore di lavoro sono riuscito a prendere appunti di metà del primo dei due piani. La quantità e la potenza degli stimoli sono enormi. In una proiezione fantastica dove io avessi superpoteri, regalerei a Roni Horn, che lavora da decenni sulla relazione tra volto, segno e relative implicazioni indotte, la gouache e matita di Sophie Taueber-Arp di 26 x 35 cm. Il lavoro nasce come indagine sulla relazione tra piccoli tasselli: i verdi con i gialli, i blu con i rossi accompagnati a neri, i verdi con i neri, un gruppo più fitto con gialli, rossi, neri e viola che scendono in gradazione fino al rosa. Sono quattro gruppi disposti in verticale e ogni blocco assume le fattezze di un soggetto che, agendo ed essendo nello spazio, crea una metrica e quindi una temporalità, come una fenomenologia della ricorrenza fatta di assemblamenti di colori diversi. Proseguo all’interno della mia immaginazione: includerei questo lavoro nel progetto che proposi tempo fa a una galleria multinazionale e dedicato, appunto, alla relazione semiotica tra maschera e corpo. Lo metterei in relazione con l’Origine du monde di Gustave Courbet perché mi pare essere un approccio affatto complementare.

Crogiolandosi in tali riflessioni, si lenisce la ferita della sera prima, nella sezione Unlimited, davanti alla versione insulsa e gigatonica, inutilmente alta non so quanti metri, patinata di un giallo anoressico, di ciò che Flavio Paolucci fa, dal canto suo, con spirito lieve e preciso.

Nella sezione Feature alcune gallerie ci offrono presentazioni monografiche. Sono colpito dalla ricchezza e dalla cura. Faccio alcuni esempi. Larkin Erdmann propone una selezione di quadri di Antonio Calderara, artista a lungo conosciuto per i lavori astratti, ai quali le opere figurative solitamente vengono contrapposte. L’allestimento della galleria suggerisce l’unitarietà della sua ricerca che si manifesta attraverso le ricorrenze espressive e l’impegno nell’ottenere vibrazioni e transizioni cromatiche tradotte dalle forme che compongono il quadro.


Larkin Erdman
Antonio Calderara, Il Cipresso, 1934-35

La Oh Gallery di Dakar propone l’artista senegalese Viyé Diba con lavori nei quali alcuni concetti della cultura tradizionale sono tradotti in una pittura multidimensionale: strisce di tela assemblate e tirate su un telaio sostengono la pittura e l’inserimento di materia e materiali, alcuni giustapposti intorno al quadro, con la funzione di incursori, interlocutori tra il lavoro artistico e le condizioni storiche e sociali.

La galleria Wendi Norris di San Francisco presenta un Bestiario di Leonora Carrington, con opere prodotte in fasi diverse della sua vita, nelle le quali riconosciamo una indagine sulla relazione simbolica e surreale tra le morfologie del mondo animale, la nostra immaginazione e il modo in cui essa può nutrire la pratica della libertà.

Nello spazio di Meredith Rosen di New York ci sono sei dipinti a olio e dodici disegni fatti tra il 1930 e il 1945 dall’artista basilese Irène Zurkinden. Il corpo femminile è indagato come luogo di potere nell’ambito privato e in quello pubblico; le donne sono ritratte in contesti intimi e sociali diversi e poi c’è un quadro dominato dai neri astratti che ci consegnano un fondale fatto di stesure orizzontali che creano una nebulosa immaginaria.


Viya© Diba
Viyé Diba, Le Langage, 1999 (installazione, dettaglio)

Riflessioni

Possiamo cercare di leggere i frammenti di esperienza raccolti. Abbiamo vissuto, nella attualità, una fase storica in cui si vedeva e vendeva di tutto in misura crescente, imponendo mode e tendenze esogene al lavoro artistico. Non ne siamo usciti e ancora qualche settimana fa, in occasione della fiera Tefaf di Maastricht, qualcuno ha notato la transazione milionaria di un brutto quadro, valorizzato solo perché fatto da una donna, quando opere di enorme pregio (e di fattura femminile) sono rimaste a disposizione.

Il citato gigantismo anoressico in giallo di Unlimited sta in questa permanenza. Il sistema continua a cercare profitto a ogni costo e tenta il risparmio sul costo di produzione dell’opera (inteso come costo intellettuale, culturale e artistico; i manufatti in sé assorbono risorse ingenti) massimizzando l’indotto inquinante, innanzi tutto in termini intellettuali, culturali e artistici.

Nondimeno, per le gallerie è diventato più difficile riuscire a smerciare indipendentemente dalla qualità. La reazione è spesso confusa anche perché è difficile, commercialmente, sfrondare i magazzini e selezionare la distribuzione privilegiando la merce buona rispetto a quella troppo varia o avariata. Ecco dunque che si è sviluppata la pratica di scientificare la distribuzione artistica e da tempo assistiamo alla proliferazione di archivi, fondazioni, comitati scientifici e curatoriali composti da superesperti, spesso facilmente acquistabili.

Le esperienze ricostruite dal lavoro in fiera a Basilea ci dicono che, in questo quadro, c’è spazio per l’azione di operatori impegnati a ricomporre l’offerta sulla base di criteri riconoscibili e credibili, con risultati ottimi.


Keystone
Christo, Wrapped Volkswagen (1963-2014)