Alla Fondazione Epper foto di Villi Hermann, disegni di Mario Botta e bozzetti di Enzo Cucchi dicono la realizzazione del film ‘Tamaro. Pietre e angeli’
Pietra e nuvole, terra e cielo, corpo e anima. La comunione fra la dimensione terrena e quella spirituale trova sostanza nell’iconografia mariana, che vuole la Vergine Maria assunta in cielo sì con l’anima, ma anche col corpo; miracolo celebrato ogni 15 agosto. Non si scomoda la figura religiosa a caso: la Madonna è dedicataria, a quasi duemila metri di altitudine, della chiesa Santa Maria degli Angeli, sul Monte Tamaro. Lassù, in limine fra Sotto e Sopraceneri, fra terra e cielo, le due dimensioni – fisica e spirituale – si uniscono nel camminamento che culmina in un belvedere visitato ogni anno da decine di migliaia di persone, dal 1996 (anno di inaugurazione) a oggi.
L’occasione di scrivere di quel monumento sacro è data da due motivi conseguenti. Il primo è il restauro (economicamente oneroso) del film girato dal regista svizzero Villi Hermann con pellicola di 16 millimetri durante la costruzione della chiesa negli anni Novanta, uscito nel 1998 con il titolo ‘Tamaro. Pietre e angeli. Mario Botta Enzo Cucchi’. La versione restaurata sarà proiettata in anteprima in un’unica data (il 7 agosto alle 17.30, al Cinema Rialto di Minusio) durante la 76esima edizione del Locarno Film Festival, nella sezione ‘Histoire(s) du cinéma’. La seconda ragione è l’esposizione ‘Tamaro 1992-1995. Foto della lavorazione del film’ allestita in alcune sale al primo piano della Fondazione Epper di Ascona, visitabile da sabato 29 luglio a domenica 29 ottobre 2023 e presentata ieri in conferenza stampa da Villi Hermann, Dalmazio Ambrosioni con l’introduzione di Maurizio Checchi, presidente della fondazione.
© Villi Hermann
Enzo Cucchi
La mostra, nata dall’idea di Hermann con la collaborazione del giornalista e critico Dalmazio Ambrosioni, espone una selezione di fotografie in bianco e nero del regista, scattate durante le riprese del film; schizzi e disegni dell’architetto Mario Botta (1943) e bozzetti e gouaches dell’artista marchigiano Enzo Cucchi (1949). Motore di tutto è quindi il regista, sceneggiatore e produttore cinematografico svizzero Villi Hermann, nato a Lucerna nel 1941 e fondatore nel 1981 di Imago Film, casa di produzione. Autore di quasi una trentina di opere, fra corto e lungometraggi, Hermann con ‘San Gottardo’ (1977) si era aggiudicato il Pardo d’argento alla 30esima edizione del Locarno Film Festival e, sempre in quell’ambito, vincitore del Premio Cinema Ticino nel 2011.
Il restauro del film ‘Tamaro’, lo ha chiarito ieri durante la presentazione stampa, parte dalla volontà di tramandare un’opera che altrimenti non potrebbe essere vista dalle nuove generazioni, dato il suo supporto “d’annata”.
Torniamo in quota. Santa Maria degli Angeli è la materializzazione di un seme d’amore (e di devozione) voluta dall’imprenditore Egidio Cattaneo, che commissionò all’architetto ticinese il manufatto. “Caro sciur architett, mi farebbe una chiesetta sul Tamaro? Se no, San Pietro non mi apre le porte del Paradiso”. Cattaneo volle infatti tener fede a una promessa fatta alla moglie Mariangela in punto di morte, che espresse il desiderio di “far costruire una cappella sull’alpe dove erano stati felici” (i virgolettati sono tratti dall’agile catalogo bilingue – italiano e inglese – che accompagna la mostra e che cita alcuni passaggi del film).
© Villi Hermann
Botta e Cucchi con Padre Pozzi (a destra) e Egidio Cattaneo (di spalle)
Dopo un primo momento titubante, Botta prese in seria considerazione la progettazione dell’edificio e pensò a Enzo Cucchi; i due si incontrarono negli anni Ottanta e subito capirono che avrebbero dovuto lavorare insieme. L’occasione si presentò con la committenza di Santa Maria degli Angeli, appunto. L’architetto di Mendrisio elaborò allora un primo progetto fra il 1990 e il ’92; quando iniziò il cantiere però questo subì diversi cambiamenti in corso d’opera: come afferma Botta nel film, il lavoro fu approcciato “un po’ come un’opera pittorica piuttosto che un’opera architettonica. Nel senso che normalmente in architettura il lavoro è finito sulla carta. In questo caso, l’eccezionalità dello spazio ha fatto sì che avessi molti pentimenti, molti dubbi fino alla fine”.
Dal canto suo, Enzo Cucchi lavorò all’apparato iconografico ispirandosi a 22 litanie a tema mariano di padre Giovanni Pozzi (1923-2002), frate cappuccino e italianista di fama internazionale formatosi all’Università di Friburgo, dove, in seguito, occupò la cattedra di Letteratura italiana per quasi trent’anni. Presente sul cantiere, Padre Pozzi fu guida nella realizzazione del ciclo delle 22 formelle, ma Cucchi dipinse anche un lungo cipresso sul soffitto della passerella. “La sua ricerca pittorica è volta prevalentemente a rendere manifesti i motivi interiori, le cose che agitano l’uomo, le memorie che si esprimono attraverso i simboli”, scriveva Dalmazio Ambrosioni nel 1993.
Villi Hermann, durante i quattro anni di costruzione della chiesa, osservò e documentò i lavori, i processi creativi di Botta e Cucchi, le discussioni, gli operai, il paesaggio; materiale che ha dato anima e corpo al suo film. Durante le riprese, il regista fotografò (come documentazione personale) tutte le fasi della realizzazione, sin dal primo incontro fra l’architetto e l’artista. Alcuni di quegli scatti inediti sono allestiti oggi ad Ascona, senza didascalie ma riportando alcune voci evocative, trascritte, da ‘Tamaro’.
In dialogo con le fotografie in bianco e nero entrano gli schizzi di Botta e i bozzetti di Cucchi che «disegnava su qualsiasi pezzo di carta che trovava», ha ricordato Hermann, come i resti dei sacchi di farina dei Molini Riuniti Ticinesi. Queste testimonianze su carta di cesellatura di un’opera architettonica celebre nel mondo sono state prestate rispettivamente dal Museo d’arte della Svizzera italiana di Lugano (otto opere di Cucchi) e dall’Archivio Botta (altrettanti schizzi). Nelle sale della Fondazione Epper, un paio di teche raccontano con piglio filologico la realizzazione del film attraverso documenti, manifesti, una bobina e il taccuino del regista con le sue annotazioni; in una delle sale è presente altresì un monitor dove si potrà assaporare un estratto del film del ’98.
Keystone
Il regista svizzero Hermann
L’esposizione verrà inaugurata sabato 29 luglio alle 17.30, con gli interventi del presidente di fondazione Maurizio Checchi (che è anche vicesindaco di Ascona), del regista Villi Hermann, dell’architetto Mario Botta, di Marco Solari e Giona A. Nazzaro, rispettivamente presidente e direttore artistico del Locarno Film Festival.
Fino alla fine di ottobre, l’esposizione è visitabile da mercoledì a sabato (dalle 14 alle 17); durante l’edizione del Festival (dal 2 al 12 agosto) ci saranno aperture straordinarie e sarà possibile visitarla su appuntamento.
Informazioni ulteriori sui siti www.fondazioneepper.ch, www.imagofilm.ch, www.locarnofestival.ch.