... e gli occhiali. 51 volti di donna, tra dipinti a olio ‘XL’ e acquerelli di uno dei maestri dell’arte contemporanea thailandese, dal 7 aprile a Lugano
«Lui non parla italiano, noi non parliamo thailandese. I gesti ci aiuteranno». È la prima volta che un museo svizzero ospita una personale di Attasit Pokpong, classe 1977, artista con il quale s’identifica il ritratto femminile in Thailandia e del quale Pokpong è stato precursore. Delle 51 opere ospitate dal Museo delle Culture di Lugano (o Musec, le parole dell’incipit sono del suo direttore, Francesco Paolo Campione), tutte raffiguranti volti di donna, 29 sono dipinti a olio di grande dimensione e 22 sono acquerelli, a contrastare – uno su tutti, il dinamico, potente quartetto femminile ospitato nell’ultima stanza – la generale impassibilità dei soggetti ritratti. Soggetti che sono ispirati a un’apparentemente unica musa ispiratrice: Wallaya Rattanapirom, ovvero la signora Pokpong.
Pokpong
My Lady with Yellow Glasses, 2023, olio su tela, 149,5 × 124,5 cm
La mostra che si apre domani per chiudersi l’11 giugno prende il titolo di ‘The Presence’, perché ‘arte della presenza’ è come l’artista chiama il proprio lavoro. Quella di Pokpong è una doppia inaugurazione: ‘The Presence’ è l’atto primo di un più esteso progetto chiamato ‘Global Aesthetics’ che il Musec dedica all’arte contemporanea e al relativo contesto ideologico e culturale. «È un momento storico di grande trasformazione, i nuovi linguaggi si appropriano degli spazi quasi naturalmente», spiega Campione, annunciando almeno due temporanee all’anno da qui ai prossimi dieci nello Spazio Cielo del Musec. «Abbiamo deciso di focalizzare una parte del nostro interesse sull’arte contemporanea, per la quale abbiamo grande richiesta». Dopo la Thailandia sarà la volta del Mozambico, poi il Brasile: «Saranno tutte proposte originali, per mano di artisti che vogliono creare un mosaico globale, nomi importanti, affermati, portatori di un linguaggio segnante, portatori di un contributo all’arte contemporanea ed eredi, come in questo caso, di tradizioni culturali diverse da quelle occidentali, in modo del tutto consapevole o inconsapevole, fonti che ci sfuggono e invece sono molto presenti».
Restando alla Thailandia, per chiudere il concetto: «È un Paese ricco di accademie, e pur senza mai risultare tra i protagonisti assoluti dell’arte asiatica, ha segnato l’evoluzione di stili e linguaggi, grazie anche alla forte capacità propulsiva data dalle giovani generazioni».
Pokpong
Senza titolo, 2009, olio su tela, 190 x 230 cm
Shanghai, Parigi, Londra, Hong Kong, Basilea, Melbourne, Miami. E naturalmente Bangkok, in personali e collettive. L’interesse per il lavoro di Pokpong è alto ovunque, è oggetto di frequente plagio e di quotazioni elevatissime, stante anche una presunta scarsa reperibilità delle sue opere sui mercati internazionali. Terminati gli studi alla Rajamangala University of Technology della capitale thailandese, da cui il diploma in Belle arti nel 1998, il giovane Pokpong si sposta rapidamente dai ritratti del paesaggio naturale thailandese a quello urbano di Bangkok fino al volto femminile, suo veicolo espressivo primario: nel 2009 apre la Magic Gallery, così da disporre di un proprio spazio espositivo permanente; tre anni dopo inaugura il progetto V64 Art Studio, punto d’incontro creativo messo a disposizione dell’intera comunità artistica thailandese, per rispondere all’urgenza di molti giovani artisti privi di sostegno governativo e fornire una guida per muoversi nel mercato dell’arte.
«Lo seguo da quasi vent’anni», dice Giancarlo Ermotti, curatore dell’esposizione insieme a Paolo Maiullari e Nora Segreto: «Sugli artisti cinesi siamo informati, perché inseriti nel ciclo del mercato mondiale dell’arte; meno si sa di quelli thailandesi, che sono numerosissimi e di grande talento. Del primo Pokpong mi colpì la sua abilità creativa, e ancora mi colpisce come sia riuscito a mantenere questo soggetto fino a oggi». Ermotti ha fortemente voluto gli acquerelli in mostra: «L’acquerello non perdona, è testimonianza della padronanza: se sbagli, butti via».
Pokpong
Senza titolo, 2016, acquerello, 42 x 29 cm
Villa Malpensata a Lugano ospita il Pokpong che va dal 2008 al 2023; quattordici nuove opere sono state realizzate per l’occasione, consentendo così una riflessione sull’evoluzione della sua tecnica pittorica. A partire dalla bella e imponente opera d’apertura, la ‘Senza titolo’ del 2009 di cui sotto, altro dalla fotografia per emotività, colore e minuta ‘gocciolatura’ bianca che nelle altre stanze non si ripete: se nel primo degli spazi a trionfare è la tenuità delle tinte, quella di visi rinvigoriti con una tecnica che tira al make-up (chiediamo conferma della sensazione a Maiullari), i restanti spazi reggono l’urto di un’esplosione di nero e colore, con l’impatto cromatico – originariamente affidato alle sole labbra delle ritratte – esteso all’intero volto, cromie/codici che a tratti, in modalità pop art, s’impossessano dell’intera figura o dell’intera tela (‘The Red Lips’, 2023, per esempio).
Il Pokpong più recente ha introdotto un nuovo registro comunicativo incentrato sulle lenti degli occhiali da sole delle sue donne, specchio del presente e del passato, della società e della politica contemporanea. Specchio pure di altre sue opere, qua e là riflesse sopra le tele XL. Extra large è pure il catalogo che accompagna la mostra e che accompagnerà le prossime, con Asia e Africa a far da protagoniste (per informazioni: www.musec.ch. Inclusa nel costo del biglietto è la visita delle altre due mostre contemporanee: ‘Arte agli Antipodi. La collezione Brignoni’ e ‘La memoria della modernità. Disegni di bambini giapponesi della Raccolta Levoni’).