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La rivoluzione occidentale dell’arte agli antipodi

A Villa Malpensata, dal 10 febbraio al 1° ottobre, è esposta una settantina di capolavori d’arte dei Mari del Sud, opere della Collezione Brignoni

Brignoni nel suo atelier
(©2023 FCM/MUSEC, Lugano)
8 febbraio 2023
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Passo dopo passo; stanza dopo stanza, è impossibile non intuire, almeno marginalmente, le ragioni della fascinazione che l’artista surrealista svizzero Serge Brignoni (1903-2002) provava ammirando opere d’arte etnica, di cui fu uno fra i più grandi collezionisti al mondo. Del resto, lo ha raccontato il direttore del Museo delle culture di Lugano (Musec), Francesco Paolo Campione, Brignoni incontrò (fatalmente) per la prima volta l’arte etnica a Berna, visitando il Museo storico durante un’uscita scolastica. Lì, era rimasto rapito dalla poderosa carica espressiva di alcuni manufatti dell’Oceania, solo intravvisti poiché considerati scabrosi da mostrare a una classe di bambini. «Si entusiasmò e si appassionò e chiese al padre di tornare al museo, per vedere tutto», ricorda Campione.


©2023 FCM/MUSEC, Lugano
Ku-tagawa(?). Scultura ganciforme, e dettaglio, raffigurante una coppia di spiriti raffigurati nell’atto della copula, sormontata da due buceri. Nuova Guinea. Maprik. Wosera. Legno e pigmenti. Ante 1960.

La rievocazione di quel primo folgorante incontro è raccontata in principio della mostra ‘Arte agli antipodi. La Collezione Brignoni’, curata da Campione e allestita in tredici sale di Villa Malpensata, sede del Musec, dal 10 febbraio al 1° ottobre 2023. L’esposizione temporanea (presentata oggi in conferenza stampa) ruota attorno a 72 capolavori – sculture piccole e grandi, maschere, scudi, elementi architettonici – provenienti da Sudest asiatico e Oceania, alcuni dei quali mai esposti prima. Il corpus della collezione intera di Brignoni riunisce le opere donate alla Città di Lugano nel 1984 e quelle destinate al Kunstmuseum di Berna che, a sua volta, le ha cedute al Musec nel 2018.

Un sogno

Tornando indietro. Come lui (Brignoni) altri artisti "si innamorarono" di opere venute da lontano, osservate dapprima nei musei etnografici e in seguito raccolte e collezionate nelle loro case. «I grandi artisti del Novecento – Giacometti, Miró, Picasso, Matisse; solo per citarne alcuni – sono stati incalliti collezionisti di opere di arte etnica», ribadisce Campione che aggiunge come quei manufatti rappresentavano anche nuovi «modelli espressivi, che hanno influito sul loro linguaggio espressivo. Erano fonti illustri che permisero a quegli artisti di uscire da secoli di Realismo, che aveva livellato l’arte europea», illustra il direttore.

Mostrare al mondo quanto «la scoperta dell’arte etnica (ma anche quella infantile, psichiatrica, arcaica, orientale, popolare… le forme sono tante) avesse trasformato il linguaggio delle Avanguardie», superando l’estetica continentale, era il sogno che Brignoni consegno alla Città di Lugano al momento che le donò una corposa parte della sua collezione, «perché ne facesse un museo del primitivismo, con la maiuscola». Ecco che nella scia di quel sogno si innesta il lavoro compiuto in questi anni dal Musec e ‘Arte agli antipodi’ desidera rendergli omaggio. E ancora di più, a 120 anni dalla sua nascita, la mostra intende celebrare la visionarietà e la passione di Serge Brignoni, che sprigionarono la scintilla che diede vita, seppur dopo molti anni, al Museo delle culture.

Quintessenza

Le opere esposte – «la quintessenza di tutta la collezione», definisce Campione – esprimono una forza straordinaria, perché incarnano ciò che rappresentano, andando oltre la "semplice" raffigurazione.

L’esposizione – che ha tutti i crismi per dialogare con i grandi musei internazionali, da Parigi a New York – «non è una mostra "etnologica", ma il racconto delle scoperte che Brignoni fece guidato "dallo sguardo surrealista"». Il fil-rouge è quindi «la relazione intima di Brignoni con l’arte etnica: i pensieri, le emozioni e i mondi interiori generati dal rapporto tra l’artista-collezionista e le sue opere». Ogni sala ha perciò una doppia valenza: «Da un lato, racconta un’arte straordinaria, che si esprime in linguaggi diversi. Dall’altro, racconta la crescita intima e continua del pittore surrealista», che si nutriva di questi capolavori.


©2023 FCM/MUSEC, Lugano
Sri Sedana Ngadeg. Dettaglio di scultura raffigurante una divinità associata all’«essenza del sostentamento». Bali. Legno, metallo, cotone. Fine del XIX – Inizio del XX secolo.

Peregrinando nelle stanze dei due piani nobili di Villa Malpensata, ci si imbatte nei manufatti raggruppati secondo la loro provenienza geografica e culturale: Nuova Irlanda, Nuova Guinea, Borneo, Golfo di Papuasia, Nuova Caledonia, Sulawesi, Nagaland, Bali.

A corollario

In occasione di questa mostra temporanea, il Musec propone una serie di attività a corollario intitolata ‘Ethnomania’. Il programma prevede incontri, degustazioni e atelier ispirati alle culture del Sudest asiatico e dell’Oceania.

Il primo appuntamento è in programma giovedì 16 febbraio (alle 12) con ‘Sapori e colori: la cucina indonesiana’, un’introduzione alle tradizioni culinarie dell’arcipelago indonesiano con l’esperta Junita Arneld, seguita da una degustazione di piatti tipici preparati dalle chef balinesi Yudi Astiari e Ayu Susiantari. (È necessario iscriversi; tariffa unica 29 franchi, compresa l’entrata al Museo).

Informazioni: www.musec.ch.


©2023 FCM/MUSEC, Lugano
Una fotografia ritoccata di Massimo Campigli (1895- 1971) ritrae Serge Brignoni a una festa di artisti e modelle all’Accademia scandinava di Parigi nel 1928.