L’artista italiano è il protagonista della mostra temporanea che, con la permanente, inaugura la stagione della Ghisla Art Collection di Locarno
"Lavoro con la natura come un altro artista potrebbe concentrarsi sul nudo" dice Alessandro Twombly circa il suo fare. Lui è pittore e scultore italiano – figlio d’arte, il padre era Cy, pittore statunitense (ma non lo scriviamo troppo forte) – nato a Roma nel 1959. Nelle sue campagne vive e lavora, come artista e agricoltore (dedicandosi fra le altre attività alla produzione d’olio).
Laureatosi in storia alla London School of Economics, Twombly tiene la sua prima mostra personale nel 1986, alla quale ne seguono molte altre (anche collettive) fra Italia, Stati Uniti, Inghilterra, Svizzera (tanto per segnalare alcune nazioni).
Twombly «è una persona estremamente diretta», come i suoi lavori. A darci i cenni biografici durante una visita mattutina è Boris Croce, direttore della Ghisla Art Collection di Locarno (in via Ciseri 3) che inaugura la stagione espositiva 2023 con una mostra temporanea dedicata all’artista italiano intitolata ‘Radici dell’essere’ e con l’allestimento di una serie di opere della collezione dei fondatori Pierino e Martine Ghisla; visitabile dal 19 marzo al 7 gennaio 2024 e che sarà inaugurato da una vernice pubblica sabato 18 marzo, dalle 17.30 alle 19.30.
Iniziamo la nostra visita dall’alto, dal secondo piano del "cubo rosso", dove sono esposte pitture e sculture di Twombly. A colpo d’occhio, nelle tele, sorprendono i colori e il movimento: i primi sono stratificati e sgargianti, giocati spesso sulla complementarietà (l’artista è un colorista abile che si serve delle tecniche a olio e acrilica). Complementarietà che concorre a dare quel movimento di cui prima, plasmato principalmente dal gesto che è «impetuoso, turbinante e audace», postilla Croce. Twombly non dipinge unicamente servendosi di pennelli, ma per stendere la materia usa anche le mani: il gesto allora si fa ancora più puro e primordiale.
© Alessandro Twombly
‘The Return’
Andando di là dell’aspetto tecnico, che qui si fa però anche concetto, la natura – lo si scriveva in attacco – è campo di indagine. I suoi elementi, le sue forme (seppur trasfigurati sono ravvisabili andando oltre il colpo d’occhio) sono il punto di partenza per andare al di là della raffigurazione schietta. Si legge che nelle sue opere "la natura è trasformata in un’astrazione psicologica e attraverso l’uso dei colori si riflettono gli stati d’animo", rifacendosi anche alla tradizione classica e mitologica. Il rapporto con la natura emerge altresì nella scultura, dalle forme organiche.
"Il diapason della sua produzione si muove indifferentemente tra figurazione e astrazione, con chiari rimandi anche al linguaggio informale, senza che la si possa però mai far coincidere appieno con una di quelle categorie", si legge nella presentazione della mostra.
Scendendo di un piano, si arriva alla sezione dell’esposizione permanente, dove ritroviamo i grandi nomi della storia dell’arte che sono parte della collezione dei coniugi Ghisla. Spaziando dalla pop art, all’informale, al concettuale, passando per l’astrattismo e il New Dada; incontriamo Pablo Picasso, René Magritte, Joan Mirò, Roy Lichtenstein, Jean-Michel Basquiat, Cy Twombly, Agostino Bonalumi, Lucio Fontana, Fernando Botero, Michelangelo Pistoletto, Enrico Castellani.
Il concetto d’allestimento, ricorda il direttore del museo, non è dettato da criteri puntuali, come potrebbero essere cronologia e movimenti, ma segue "l’eclettica passione per l’espressività artistica" che ha spinto (e tutt’ora spinge) i creatori di questa collezione. Apriamo una parentesi: il prossimo anno, la Fondazione senza scopo di lucro festeggerà i dieci anni di esistenza.
Riprendendo le scale, si arriva infine al piano terra, dove (annualmente) la Ghisla propone opere nuove, quest’anno da America, Francia, Belgio, Italia e Spagna; circoscrive Croce. Nella prima sala ci sono cinque opere, di cui quattro di formato gigante. Sulla parete di fondo cattura l’attenzione ‘The Principal Impulse’, opera del giovane artista belga Rinus Van de Velde, nato scultore che man mano si è spostato verso la tecnica del disegno. Si tratta di una tela di tre metri per 5,25 disegnata solo con carboncino: rappresenta un autoritratto dell’artista sul fondale marino. Proseguendo nel giro, sono esposti fra gli altri Mario Schifano, Bernar Venet, Joris Van de Moortel, Paul Ribeyrolles, Turi Simeti, Peter Halley e Pierre Alechinsky.
© Rinus Van de Velde
‘The Principal Impulse’
Ad accompagnare la mostra ci sarà un catalogo delle opere in esposizione accompagnate da un saggio in italiano del critico d’arte Claudio Guarda e uno in inglese scritto dal collega Richard Milazzo. Inoltre è in preparazione un secondo volume con riprodotta tutta la collezione dei coniugi Ghisla, che a oggi conta 250 opere, che verrà presentato il prossimo autunno.
Si ricorda che gli orari d’apertura variano secondo stagione e sono consultabili su www.ghisla-art.ch; gli altri canali di informazione sono la pagina Facebook e il profilo Instagram del museo, oppure si può telefonare allo 091 751 01 52.