Nella sala dell’Arsenale di Castelgrande, da domani, sono esposte le migliori foto giornalistiche del 2021. Fotografo dell’anno è Denis Balibouse.
«La mano porta nell’immagine una dimensione, perché la foto – con i quattro seduti sulle sedie – sarebbe stata altrimenti piatta. Il primo piano è occupato invece da questa mano che non è una minaccia, anche se si sente che è là. E questa è la sua forza». Denis Balibouse descrive così il peso dell’arto della guardia di sicurezza nella semantica dello scatto raccolto in pochi minuti durante la sessione fotografica del summit fra Biden e Putin tenutosi nel 2021 a Ginevra. Un incontro che ricordava quello fra Reagan e Gorbaciov nel 1985, quando i due annunciarono la fine della Guerra Fredda.
Uno scatto, fra più di duecento, apparentemente sbagliato proprio per quel dettaglio che ingombra quasi un terzo della composizione e che il fotografo natio di Losanna ha deciso di presentare al concorso Swiss Press Photo e che gli è valso la nomina di Swiss Press Photographer of the Year. Balibouse (1972) lavora per la Reuters e con il servizio ‘Meeting Biden Putin’ si è aggiudicato il primo premio nella categoria ‘Attualità’ dello Swiss Press Photo 22, che ha premiato le migliori fotografie giornalistiche svizzere del 2021 (la cerimonia si è svolta lo scorso aprile a Berna).
Eccoci all’occasione dell’incontro con Balibouse. Dopo Zurigo, Berna e Prangins, la mostra ‘Swiss Press Photo 22’ approda in Ticino con un allestimento nella Sala Arsenale di Castelgrande a Bellinzona (spazio che ospiterà la rassegna fino al 2025), visitabile tutti i giorni, da sabato 4 marzo a domenica 23 aprile 2023; come annunciato oggi in conferenza stampa.
Il 2021 rimava ancora con pandemia e alcuni servizi fotografici selezionati dalla giuria riferiscono di quel periodo, ma non solo: si racconta anche la migrazione, la lotta per il clima, la biodiversità, le tradizioni svizzere, lo sport. Le sei categorie del premio, che è una costola dello Swiss Press Award, sono: ‘Attualità’, ‘Vita quotidiana’, ‘Storie svizzere’, ‘Ritratti’, ‘Sport’ ed ‘Estero’. La giuria del premio dato dalla Fondazione Reinhardt von Graffenried era composta dalla presidente Albertine Bourget con Pablo Gianinazzi, Melody Gygax, Luc Debraine, Catherine Rüttimann, Nicole Spiess e Bernhard Giger.
© Gaëtan Bally
‘Alp Flix’, vincitore di ‘Storie svizzere’
L’allestimento (accompagnato dal catalogo) degli oltre 200 scatti è minimale e per questo ogni servizio è valorizzato: ciascuna serie o singola foto entra in dialogo con ciò che la circonda, andando a comporre quel mosaico di sguardi (e storie) che raccontano la Svizzera (e i suoi abitanti), andando pure di là dei suoi confini. Un ulteriore elemento che mette in risalto gli scatti è la scelta del supporto espositivo: i servizi sono stampati su una sorta di tela montata (immaginiamo) su un telaio all’interno del quale sono poste le fonti luminose. Così le fotografie sono illuminate dall’interno senza che vi siano interferenze con la luce naturale oppure i riflessi (fastidiosi) sulle superfici vitree delle cornici.
© Mark Henley
‘Culture Phantom’, 1° in ‘Vita quotidiana’
Alla spicciolata, citiamo alcuni lavori premiati nelle altre categorie (e di cui pubblichiamo le foto in queste colonne). Per ‘Vita quotidiana’ è stato premiato il reportage ‘Culture Phantom’ del fotografo britannico e residente a Ginevra Mark Henley che ha raccontato la quotidianità degli artisti nel regime pandemico. Il primo posto per ‘Storie svizzere’ se l’è aggiudicato il fotografo Keystone Gaëtan Bally con ‘Alp Flix - Hotspot der Biodiversität’. Il fotografo freelance Joël Hunn racconta la vicenda di una giovane senzatetto ed eroinomane in ‘Das Mädchen auf der Strasse’ che ha vinto il primo posto della categoria ‘Ritratti’.
La presentazione alla stampa ha dato anche la possibilità di scambiare due chiacchiere con il fotografo Michael von Graffenried, che è fondatore dello Swiss Press Photo e Ceo dello Swiss Press Award. Il premio (figlio minore del World Press Photo) risale al 1991 ed è nato con lo scopo di promuovere il fotogiornalismo, obiettivo comune alla Fondazione Reinhardt von Graffenried che opera anche per la promozione e il sostegno del giornalismo.
In un contesto saturo di immagini, in cui gli apparecchi fotografici sono alla portata di tutti (se si considerano anche i cellulari), valorizzare e promuovere il lavoro dei fotografi significa dare peso a coloro che «hanno qualcosa da raccontare. Il fotografo è considerato uno storyteller e noi cerchiamo autori e contenuti». Perché «tutti abbiamo una matita per scrivere, ma mica tutti siamo scrittori e sappiamo raccontare storie. Lo stesso ragionamento vale per la fotografia».
Link utili: www.fortezzabellinzona.ch; www.swisspressaward.ch, www.denisbalibouse.ch.
© Joël Hunn
‘Das Mädchen auf der Strasse’