Fotografia

Come la Casa Rotonda è diventata museo del Ruberton

Si è svolto sabato a Corzoneso il primo di tre incontri dedicati al fotografo bleniese Donetta, a novant’anni dalla sua morte

Roberto Donetta, autoritratto
(©Keytsone)
5 settembre 2022
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"Malinconia, vieni un po’ qui che facciamo due chiacchiere. Così, senza tristezza!". C’era questo aforisma di Boris Vian quale sottofondo all’incontro di sabato scorso alla Casa Rotonda di Corzoneso-Casserio, ormai divenuta una tappa importante per chi si interessa di fotografia. Antonio Mariotti (deus ex machina chez Donetta, coadiuvato altresì dall’impegno costante di alcuni encomiabili collaboratori) ha intrattenuto Mariarosa Buzzini e Marco Franciolli, a loro volta impegnati a riassumere la storia del Ruberton e di quella curiosa costruzione sulla piazzetta di Casserio.

Non ci sono documenti ufficiali, ma si suppone che la Casa Rotonda fu edificata verso fine ’700, quando alcuni emigranti tornarono nella loro valle natale con negli occhi le scuole francesi, costruite quale un panopticon, dove un solo sorvegliante poteva tenere a bada decine, se non centinaia di pargoletti. La Casa fu poi appannaggio di un ecclesiastico milanese, tale don Donetti (con la ‘i’), che venne per anni a ritemprarsi lo spirito all’ombra del Monte Sosto e poi lasciò la Casa in eredità al Comune, con la clausola che divenisse una scuola.

Senza più allievi, l’ex scuola divenne la dimora del Donetta e lì vi fu rinvenuto cadavere il sei settembre del 1932. Mariosa, che è presidente onoraria della Fondazione Archivio Donetta, ha scovato e salvato circa cinquemila lastre firmate Donetta e dimenticate per decenni: "Passavo l’estate a Casserio e per ingannare il tempo, dopo le scorribande sui prati, vagavo nei solai dei vicini. Fu per caso che mi son trovata di fronte le lastre del Donetta, dimenticate da decenni – ma ottimamente conservate – e una serie di foto già sviluppate dal Donetta stesso". Quando Mariarosa pensa di avere materiali (leggi: foto) sufficienti, organizza una mostra nel villaggio ed è un successone. Molti bleniesi si riconoscono nelle immagini del Ruberton e dalle loro case rispuntano altre sue immagini, accompagnate da improperi verso "chel nuius lì!". Buzzini intuisce il valore storico-estetico delle foto e chiede lumi a Marco Franciolli – già direttore del Museo d’Arte di Lugano –, che è subito affascinato da "quell’approccio e da quello sguardo, dietro i quali si celavano sia un richiamo a Hodler, sia la voglia di tentare e di ricercare".

Le lastre vengono affidate alle sapienti quanto pazienti mani di Alberto Flammer che, dopo un’operazione così complessa che lui stesso defìnì un "lavurà basctard", inizia a sviluppare le lastre. "Ho dovuto usare il solfuro di sodio per fissare l’immagine. Era il procedimento d’inizio ’900!".

Un balzo avanti e siamo nel 1987: la fotografia comincia timidamente a far capolino nei musei e qualche anno dopo Roberto Donetta è protagonista di una mostra personale a Lugano. Il successo stavolta è addirittura internazionale, con una prestigiosa testata inglese che tempesta di telefonate il Franciolli pur d’avere altre notizie su questo Donetta, che ha un inedito sguardo sul Ticino lontano dal folklore e dall’icona di Sonnestube, paletti cui fu costretto per decenni il nostro Cantone.

Mariarosa ha un’altra intuizione e pretende che l’opera di Donetta resti a Corzoneso, sognando altresì che la Casa Rotonda diventasse un vero e proprio museo. Adesso che i suoi sogni si sono avverati ("Un grazie – sottolinea – lo devo al compianto Dino Jauch", all’epoca capo della Divisione cultura del Dpe, ndr), Mariarosa ha ancora un appello da lanciare: "Credo che in molte case della nostra regione ci siano delle cartoline realizzate dal Donetta, così come ci sono altri scritti del Ruberton dimenticati in solaio oppure in qualche archivio. Speriamo che possano tornare alla luce".

Rircordiamo che l’esposizione ‘Foto&Grafie’, attualmente in corso a Casserio, si chiuderà il prossimo 9 ottobre.

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