Il Kunstmuseum di Basilea dedica un'ampia mostra all'artista svizzera. E la Fondazione Marguerite Arp di Solduno pubblica una collana
«E poi c’è quella artigianalità…» mi diceva un amico, per connotare l’atteggiamento artistico di un maestro e il modo in cui il suo magistero si è espresso.
La componente artigianale del lavoro artistico è stata, nel corso della storia, un fattore di accesso e di accreditamento fondante lo statuto professionale, prima che la modernità non fagocitasse le competenze riducendo la legittimazione eminentemente a pittura e scultura.
A un certo punto, con la democratizzazione del processo artistico, gli operatori, i produttori hanno sempre più esteso le proprie pratiche a linguaggi, a strumenti, a tecniche diverse. Le avanguardie storiche dell’inizio del Ventesimo secolo hanno mostrato come l’esigenza di uscire dai binari imposti dalle tradizioni potesse essere soddisfatta aprendo la porta di settori di azione diversi; andando avanti nel secolo, con un andamento discontinuo e frammentario e con una serie di “ritorni all’ordine”, abbiamo attraversato fasi durante le quali si metteva a frutto il potere scardinante delle operazioni tautologiche e si legittimava l’atteggiamento, la postura, l’attitudine, l’asserto come forma di pratica artistica. Oggi, nella contemporaneità, ci troviamo spesso in situazioni di grande promiscuità. Ci capita di entrare in una mostra di arte contemporanea e vedere qualche brandello di superficie dipinta, delle fotografie, dei film, delle opere volumetriche e altro ancora, per esempio simulacri feticisti: l’esibizione della ubiquità espressiva non dà luogo al controllo formale e a un risultato plausibile. Quando, qualche anno fa, lo Schaulager di Basilea aprì una importante presentazione del lavoro di Bruce Naumann negli stessi giorni della fiera Artbasel, molti operatori dell’arte asserivano sconfortati che per capire come sarebbero potuti essere confezionati i manufatti in vendita a caro prezzo in fiera, bisognava fuggire dai padiglioni e andare a rifarsi gli occhi nella mostra dedicata al vecchio artista.
La natura artigianale del lavoro di Sophie Taeuber è quindi sicuramente un monito a proposito della natura del lavoro artistico stesso e una occasione per ritornare alla fase delle avanguardie storiche all’interno delle quali ella operò a partire dai primi anni del XX secolo.
C’è però anche una componente becera nel recupero in atto e nell’impegno di propulsione dei prezzi delle opere di Sophie Taeuber, attiva per alcuni decenni della prima metà del secolo come insegnante delle cosiddette arti applicate, danzatrice, progettista di interni, architetta, editrice di riviste, illustratrice di libri e artista visiva.
Questa condizione operativa che per decenni è stata uno dei motivi della marginalizzazione del suo lavoro viene, nel sistema attuale, percepita come una risorsa utile. «Oggi, le sue eclettiche attività sono una delle cose che rendono il suo sentire estremamente contemporaneo», si legge nel catalogo.
Quindi: storicamente, il contributo artistico di Sophie Taeuber-Arp è stato sminuito a causa della sua distribuzione in vari settori, mentre noi possiamo vedere la coerenza di tutto l’impegno e la meravigliosa efficacia dei risultati; oggi quel contributo viene ripreso anche perché il mercato ha bisogno di merce di qualità, in modo da sostenere la distribuzione commerciale anche di quella scarsa; inoltre, il lavoro su più fronti è oggi un modo per fare circolare merce scarsa ma ben distribuita tra pseudo-tecniche e codici espressivi e così, oggi, la artigianalità di alcuni esempi storici è utilizzata come alibi per praticare modalità di qualunquismo pseudo-espressivo.
La mostra al Kunstmuseum di Basilea si colloca quindi in un quadro che va vissuto e analizzato con intelligenza critica e all’interno del quale, un po’ paradossalmente, troviamo valori entusiasmanti: la mostra è bellissima, allestita in modo virtuoso, articolata con densità ma non eccessiva (i curatori hanno escluso una parte della produzione dell’artista); la qualità delle opere proposte è molto alta e la stessa artista ci offre strumenti per divincolarsi dalle aberrazioni nelle quali ci impastiamo quando da un atteggiamento artigianale serio passiamo a un atteggiamento ammiccante e scimmiottante. Ce lo offre con le opere messe a disposizione ma possiamo attingere al catalogo della mostra, prezioso. Estrapolo alcune sue parole citate a pagina 24: «Nel momento in cui la battaglia per l’esistenza è diventata così impegnativa, come possiamo concepire ornamenti e combinazioni di colore quando ci sono così tante cose più pratiche e soprattutto cose più necessarie da fare? … con una profonda e primigenia urgenza di rendere le cose che possediamo più belle».
È un approccio etico che si esprime poi nella ricchezza della produzione, per esempio nella dinamica articolazione del suo procedere, che vediamo attraverso la vitalità e allegria delle opere in mostra e che i testi del catalogo spiegano bene, così come, per fare un altro esempio, nella dialettica tra una impostazione regolare e ortogonale e un bisogno sperimentale che induce l’artista a creare e a disporre forme e colori talvolta rispettando matrici ortogonali, o astratte, talaltra inserendo figurazioni che citano oggetti, come una barca.
In concomitanza con la mostra dedicata a Sophie Taeuber-Arp dal Kunstmuseum di Basilea, la Fondazione di Solduno pubblica il primo volume della nuova collana «Scritti della Fondazione Marguerite Arp» con le lettere e le cartoline inviate dalla coppia Taeuber e Arp ai collezionisti Annie e Oskar Müller-Widmann. Il volumetto, pubblicato in lingua italiana da Casagrande e in lingua tedesca da Scheidegger & Spiess, documenta la relazione tra le due famiglie, iniziata con l’interesse dei collezionisti nei confronti dell’arte astratta e del lavoro dei due artisti e poi sviluppatasi in una amicizia e in un sodalizio articolato in iniziative e scambi. I Müller - Widmann hanno esercitato una attività di promozione del lavoro artistico e lo hanno fatto conoscere ad altri soggetti che sono diventati collezionisti; tra questi, Marguerite Hagenbach che li avrebbe invitati ad Ascona e che, dopo la morte di Sophie, sarebbe diventata la sposa di Jean / Hans Arp (a lei è dedicata la Fondazione di Solduno). I due collezionisti hanno inoltre supportato la attività degli artisti garantendo un versamento di soldi mensile e facendo arrivare loro cibo nei momenti di penuria. Hanno commissionato a Sophie il progetto per la loro casa, poi interrotto a causa di difficoltà organizzative. Gli artisti, dal loro canto, sono stati promotori di lavori di colleghi, procacciatori di informazioni, cataloghi, diretti acquirenti di opere e di materiale, insomma dei veri consulenti per la attività di collezione. Le lettere contengono poi i segni di una relazione che partita dall’interesse e poi dalla stima, è poi confluita nella amicizia e nell’affetto e il volume è corredato da alcune belle immagini di lavori di Sophie Taeuber-Arp, dalla riproduzione di alcuni manoscritti conservati presso la Fondazione e da alcune immagini fotografiche.