Arte

Le forze di Marta Margnetti in mostra al Masi

Palazzo Reali ospita l’esposizione ‘e improvvisamente scossa da una forza’ dell’artista ticinese vincitrice del Premio Manor 2020

Nello studio di Marta Margnetti (foto Yimei Zhang)
28 novembre 2020
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Visitare una mostra in compagnia dell’artista è sempre un piacere, un’occasione preziosa per comprendere il senso delle opere in dialogo con chi le ha create. Ma Marta Margnetti si tira indietro dal gioco dell’autore che spiega: «Io posso dare delle chiavi di lettura, ma non vorrei restassero le uniche o che risultassero costringenti» ci spiega dopo aver girato tra le sale del terzo piano di Palazzo Reali a Lugano, dove fino al 14 febbraio è in corso l’esposizione ‘e improvvisamente scossa da una forza’ che il Museo d’arte della Svizzera italiana dedica alla  vincitrice del Premio culturale Manor 2020. «Io ti posso dare la mia visione ma non vorrei restassero le uniche o che risultassero costringenti: difendo lo spettatore perché è lui che con il suo punto di vista va a completare l’opera». Riferendosi alla prima sala – che poi potrebbe anche essere l’ultima visto che la mostra. proprio nel nome della libertà del visitatore, può essere percorsa nei due sensi –, con delle cicale di bronzo illuminate da una luce blu e in loop una rielaborazione di una canzone degli anni Novanta, «non vorrei qualcuno dicesse “ah le cicale, di notte, chissà cosa avrà vissuto l’artista di notte…”. Vorrei ci si dimenticasse di me e si guardassero le opere nella loro autonomia».

Eviteremo quindi di riprendere la biografia di Marta Margnetti: tanto si trova tutto – anno di nascita, studi, primi lavori, premi vinti – nel foglio di sala. Evitiamo anche il testo dell’introduzione, nonostante sia riportato bello in grande sulla parete antistante le scale del museo: si parla infatti delle “esperienze abitative” anche “non convenzionali” dell’artista, della riflessione sugli spazi domestici resa più intensa dal Lockdown. C’è certamente tutto questo, ma è una chiave di lettura che non siamo obbligati a seguire. Meglio riprendere in mano il foglio di sala dove troviamo, per ogni sala, non la descrizione, ma una breve storia di fantasia, quasi una scena di un film. Per la prima sala, il testo inizia così: “È notte. Sul tavolino illuminato da una lampada a gas centinaia di cicale cantano in coro. La melodia rievoca una vecchia hit del ’94”. O ancora meglio nel catalogo, dove insieme a schizzi, bozzetti e foto di lavorazione troviamo un dialogo ritmato da carte dei tarocchi.

Torniamo all’esposizione: dalla sala notturna (intitolata ‘Coro ft. Dizzy Davis’) si passa a un suggestivo spazio dominato da nove porte, aperte sulla loro cornice: ‘La testa fuori il corpo dentro’, una sorta di passaggio dallo spazio spazio esterno a quello interno, dall’aperto al chiuso. Da lì si torna allo spazio centrale, il corridoio nel quale ci si è inizialmente affacciati e al quale si passerà più volte: ‘Ritornello’, il nome scelto da Marta Maegnetti. Troviamo – insieme a due stampe che non meritano di passare inosservate – un ready-made, la scritta “OSTINATE” ricavata dall’insegna del ristorante di una dismessa stazione di servizio. «È una sorta di dedica: essere ostinati ha un’accezione negativa, vuol dire non riuscire a lasciare ma, soprattutto al femminile plurale, è per me un augurio che rivolgo in particolare alle mie amiche ma in generale alle donne: non mollate».

‘Interno arredato’, il quarto spazio dell’esposizione, è apparentemente semplice ma è forse il più complesso e suggestivo: alle pareti troviamo mensole e ripiani di diverse fogge, con incisioni all’acquaforte, che reggono diverse sculture. Infine, ‘Nel mattino con la luce del sole (stormi)’: il tema dell’abitare qui lo troviamo in tutta la sua dimensione architettonica, con dei modellini di stanze e case sormontate da una struttura argentea e – almeno nella tarda mattinata, momento in cui abbiamo visitato la mostra – illuminate dalla luce naturale di una finestra che dà sul cortile interno di Palazzo Reali.

Chiudiamo con il titolo: ‘e improvvisamente scossa da una forza’ è una citazione da Kandinski. «Fa riferimento a una città costruita su calcoli matematici e poi improvvisamente scossa da una forza: è una frase che mi serve per aprire tante domande. Che cosa è questa forza che scuote? Possono essere incidenti di percorso che accadono quando si lavora a un’opera e che portano a un risultato imprevisto; qualcosa che avviene e scombussola la vita; una scelta fatta magari in maniera repentina… e anche il Premio Manor, una scossa improvvisa».