A Mendrisio, sessantacinque lavori dell'artista fiammingo 'vivono' fino al 2 febbraio 2020 nella struttura concepita da Mario Botta
«Tanto nell’arte e nella poesia quanto nella scienza cerchiamo la vita eterna, e pur usando strumenti differenti, alla fine ci uniamo nello stesso contenuto». Limburghese, originario di una regione legata ai nomi di Bruegel, Bosch e Rubens, Koen Vanmechelen così riassume alla ‘Regione’ il suo contaminare arte e scienza, culture e natura. Lo scultore, pittore, performer, studioso e attivista dei diritti umani ‘vive’ nel Teatro dell’Architettura di Mendrisio – fino a domenica 2 febbraio 2020 – con sessantacinque dei suoi lavori (galline comprese, in cui l’artista vede il simbolo dell’evoluzione bioculturale) realizzati tra l’82 e il 2019, un ventaglio di sculture, dipinti, neon, fotografie e installazioni, fuori e dentro i tre piani del teatro concepito da Mario Botta, legato a Vanmechelen da lunga amicizia.
«L’incontro nasce una decina d’anni fa – spiega l’architetto – attraverso un mio lavoro nella città di Genk, in un edificio all’interno del quale era situata la galleria d'arte nella quale Koen stava esponendo. Mi è subito sembrato interessante, inteso come forma di espressione artistica, il suo rincorrere le condizioni originarie del vivere, il lavorare sulla fertilità. Da lì è nato un rapporto anche di lavoro, perché sempre a Genk ho costruito il suo atelier, una grande fabbrica in un parco in cui la città gli ha concesso la possibilità di avere molti animali». ‘Fertility’, non a caso, era il titolo inizialmente pensato per una mostra che è ora identificata con ‘The Worth of life’, il valore della vita. L’incubatrice a inizio esposizione, molto dice in questo senso, e così Vanmechelen, affascinato all’età di cinque anni dallo schiudersi delle uova all’interno di quel dispositivo: «Oggi rivivo quella stessa sensazione, perché mi trovo in un ambiente che è un’incubatrice, in cui tutto deve essere qui perché possa nascere».
Didi Bozzini, curatore della mostra, parla di «opere d’arte dentro l’opera d’arte, uno sposalizio difficile ma eccitante», nel senso che «l’architettura di Botta è opera d’arte a pieno titolo e questo vale anche per Vanmechelen. Ho cercato di evitare conflitti, o di rendere fruibile l’eventuale conflitto, cosa permessa dall’amicizia umana e artistica tra i due». Spiegato alla sala, durante la conferenza di presentazione: «Mario ha realizzato voliere a Edimburgo che sono capolavori architettonici; ho immaginato che il teatro fosse una di quelle voliere, con dentro gli uccelli esotici di Koen». Chiudendo con Botta: «Portare Koen in questa sede è dare forza al nostro teatro, che vuol essere strumento di riflessione e conoscenza anche delle attività collaterali all’architettura, che sempre più diventano parte centrale del vivere quotidiano e dell’impegno dello studente».