Interrogazione Centro/Plr. Padlina, primo firmatario: agire subito per evitare un impatto negativo della misura italiana sulle aziende ticinesi
“Tutto tace al momento sul fronte della famigerata ‘tassa sulla salute’”, scriveva un paio di settimane fa il sindacalista dell’Ocst Andrea Puglia sul periodico della Cristiano-sociale ‘il Lavoro’, ricordando che nella manovra finanziaria italiana dello scorso anno il governo Meloni aveva deciso l’introduzione di un contributo di compartecipazione al servizio sanitario nazionale “da far pagare a quei frontalieri dei Comuni di confine che erano già tali tra il 31 dicembre 2018 e il 17 luglio 2023”, ossia i cosiddetti vecchi frontalieri. Tutto taceva, perché sul versante svizzero, e meglio ticinese, qualcosa si muove. Sul tema infatti è stata depositata un’interrogazione al Consiglio di Stato. Titolo: “L’Italia ha già violato il nuovo accordo sulla fiscalità dei frontalieri?”. A sollevare il quesito sono i deputati del Centro Gianluca Padlina - primo firmatario dell’atto parlamentare -, Alessandro Corti e Sabrina Gendotti, nonché i granconsiglieri del Plr Cristina Maderni, Luca Renzetti e Diana Tenconi.
Entrato in vigore il 17 luglio 2023, il trattato fra Berna e Roma è “formalmente applicato dalle parti” dal 1° gennaio di quest’anno. All’articolo 9 del nuovo Accordo, si ricorda nell’interrogazione, “Svizzera e Italia hanno stabilito che ‘Nonostante il paragrafo 1 dell’articolo 3, i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe ricevute dai lavoratori frontalieri residenti in Italia che alla data di entrata in vigore svolgono oppure che tra il 31 dicembre 2018 e la data dell’entrata in vigore hanno svolto un’attività di lavoro dipendente nell’area di frontiera in Svizzera per un datore di lavoro ivi residente, una stabile organizzazione o una base fissa svizzere, restano imponibili soltanto in Svizzera”. Detto altrimenti, aggiungono Padlina e cofirmatari, i ‘vecchi frontalieri’ “sono e saranno imposti fiscalmente esclusivamente in Svizzera”.
Nella Legge di bilancio 2024 approvata dal parlamento italiano è stato tuttavia introdotto, rammenta l’atto parlamentare, “un cosiddetto ‘contributo di compartecipazione alla spesa sanitaria’ a carico dei vecchi frontalieri: tale contributo mensile e progressivo si basa sul reddito delle persone e non presuppone alcuna controprestazione specifica da parte dello Stato al debitore della somma richiesta”. Per la specifica e concreta applicazione del contributo “sono attese le relative norme di attuazione da parte delle Regioni italiane”. Osservano Padlina e colleghi: “Ora, tenuto conto di quanto appena evidenziato, il nuovo contributo assomiglia molto a un’imposta. In effetti, in contrasto con le tasse causali, le imposte sono riscosse senza alcuna prestazione in contropartita. Il contribuente non riceve alcun corrispettivo direttamente attribuibile da un ente pubblico in cambio del suo pagamento. Una definizione che sembra calzare a pennello al contributo di compartecipazione alla spesa sanitaria previsto dalla Legge italiana di bilancio 2024”.
Pertanto, si afferma ancora nell'interrogazione, “sarebbe importante intervenire con decisione a tutela della realtà ticinese e del rispetto della legalità, senza attendere le imminenti norme attuative che saranno adottate dalle Regioni italiane”. Attendere queste norme “significherebbe, di fatto, accettare che il sistema eventualmente illegale entri in vigore e interferisca negativamente nell’attività delle nostre aziende”.
Dopo l’auspicio, arrivano le domande al Consiglio di Stato. Il governo “non ritiene che il contributo di compartecipazione alla spesa sanitaria previsto dalla Legge italiana di bilancio sia in realtà un’imposta, anche se non viene qualificato come tale? In caso affermativo, l’introduzione di una nuova imposta da parte dell’Italia a carico dei vecchi frontalieri non rappresenta una violazione dell’articolo 9 del nuovo Accordo sulla fiscalità dei frontalieri? In caso affermativo, non ritiene di dover intervenire preso le autorità italiane per esigere il rispetto della legalità? Allo stesso modo, non ritiene di dover sollecitare l’Autorità federale a intervenire presso le autorità italiane al fine di far rispettare la legalità?”.