Duro, durissimo comunicato dell'Associazione dei Comuni ticinesi. Bordate all'indirizzo del Cantone. ‘Rinunciate a ulteriori aggravi a nostro carico’
Un rapporto, quello tra Cantone e Comuni, che “sempre più si allontana da una sana e costruttiva reciprocità e complementarità, che quale obiettivo principe ha il servizio delle nostre comunità secondo il principio della sussidiarietà”. È un comunicato di fuoco quello diramato oggi dall’Associazione dei comuni ticinesi (Act) in seguito alla recente assemblea dei propri delegati. Un’assemblea nella quale sono stati discussi “alcuni temi vitali che toccano il futuro degli enti locali, e di riflesso dei loro cittadini”. Le bordate – e che bordate! – all’indirizzo del Cantone non mancano davvero.
L’Act “deplora una progressiva erosione dei margini di manovra dei Comuni, in termini di riduzione dei mezzi finanziari a libera disposizione e di un effettivo potere decisionale”. Una “situazione spiacevole” non dovuta, tiene a puntualizzare l’associazione, a scelte autonome del Comune. Rincara l’Act: “Inoltre il Cantone, colpito da una sorta di bulimia normativa, tende a introdurre in diversi ambiti nuove regole, avocando a sé le decisioni e delegando ai Comuni compiti di puro e semplice controllo che implicano l'aumento dei loro apparati amministrativi, senza tuttavia dare agli enti di prossimità reali poteri decisionali”. Il Comune “viene così progressivamente ridotto a puro sportello locale del Cantone, snaturandone la sua precipua funzione di primo ente-autorità al servizio del cittadino e mettendo a repentaglio la sopravvivenza stessa della base della piramide sulla quale si regge il nostro sistema democratico”. E se la base cede, “ne soffre l'intero edificio”.
Gli equilibri fra i Comuni, prosegue la nota firmata da Felice Dafond e Andrea Pellegrinelli, rispettivamente presidente e vice dell’Act, “vengono regolarmente stravolti a causa di modifiche decise a livello cantonale, senza una visione globale e strutturale”. E una percentuale “troppo rilevante” delle risorse finanziarie dei Comuni “sono, di fatto, gestite dal Consiglio di Stato e non dai Municipi, che però portano la responsabilità politica di fronte ai propri cittadini”. Non solo: “Le disposizioni che limitano l’autonomia comunale sono contenute in leggi e regolamenti settoriali, quando non addirittura ‘nascoste’ in arzigogolate direttive amministrative”.
Il bilancio stilato dall’Associazione dei comuni è politicamente magro e in prospettiva preoccupante. L’anno che sta per chiudersi “ha ulteriormente peggiorato la situazione della maggioranza dei Comuni ticinesi”. L’importante cantiere ‘Ticino 2020’, la riforma promossa dal governo per una nuova ripartizione dei compiti e dei flussi finanziari tra Cantone e Comuni, “non ha ancora visto la luce, accumulando un ulteriore ritardo”. Mentre le riforme puntuali “hanno affrontato solo alcuni aspetti di dettaglio, peggiorando allo stesso tempo la situazione dei Comuni e il quadro generale”.
La riforma fiscale approvata in votazione popolare il 9 giugno “non ha comportato per il Cantone una perdita di gettito d’imposta, mentre i Comuni si troveranno con un saldo negativo (minor gettito) di oltre 30 milioni di franchi solo nel primo anno fiscale”. Il riferimento è tra l’altro alla riduzione, decisa dapprima dal Gran Consiglio e successivamente avallata dai cittadini, dell’aliquota d’imposta per le persone fisiche. Considerati i prevedibili contraccolpi sugli enti locali (minor gettito appunto), come mai allora, ci chiediamo, i Comuni non hanno fatto capo al referendum (strumento previsto dalla Costituzione cantonale)? Torniamo al comunicato dell’Act, restando alla fiscalità. “La prossima introduzione del moltiplicatore differenziato per le persone fisiche e quelle giuridiche comporterà inoltre conseguenze importanti per molti Comuni e avrà effetti sull’intero sistema di perequazione diretta e indiretta”, sostiene l’associazione. Il tema peraltro sarà al centro della sessione di Gran Consiglio che si aprirà lunedì (questione moratoria). E ancora. “Nei preventivi del Cantone sono state inoltre introdotte riduzioni lineari nei contratti di prestazione delle case per anziani e dei servizi di aiuto domiciliare che saranno a carico dei Comuni. Stesso discorso per i fondi di riserva. Questi tagli - avverte l’Act - indeboliranno molte strutture comunali e consortili finanziate in misura preponderante dai Comuni”.
Annota l’Act: “Non sono però solo gli importi assoluti che mancheranno ai Comuni a preoccupare. Lo sono soprattutto gli effetti che questi cambiamenti avranno nelle relazioni fra i Comuni stessi, in particolare nell’ambito del sistema della perequazione”.
Al termine dei lavori l’assemblea dell’Associazione dei comuni ticinesi ha votato una risoluzione all’attenzione del Consiglio di Stato. L’Act chiede pure di attivare “un serio e concreto tavolo di dialogo tra Cantone e Comuni che permetta di discutere ed eventualmente concordare preventivamente scelte cantonali che possono avere conseguenze sugli enti locali, e di rinunciare da subito a ulteriori aggravi unilaterali a carico dei Comuni negli anni a venire, sia in sede di preventivo che in altre forme o senza preavviso con un ragionevole anticipo”. Non è tutto. l’Act chiede di riattivare “le procedure relative all'iniziativa legislativa dei Comuni ‘Per Comuni forti e vicini al cittadino’“, ciò “al fine di ridurre definitivamente di 25 milioni di franchi annui il contributo che gli Enti locali versano al Cantone dal 2014”.
Last but not least: l’assemblea ha espresso “la propria ferma opposizione all’addossamento puro e semplice di ulteriori oneri finanziari ai Comuni per la riorganizzazione in ottica cantonale delle Autorità di protezione”.