Con la nomina nel CdA di BancaStato dopo 14 anni il deputato del fu Ppd lascia il Gran Consiglio: ‘Targhe, Gottardo... tanti ricordi e un po' di orgoglio’
Quella che si inaugurerà lunedì sarà la prima seduta di Gran Consiglio, dopo 14 anni, che non vedrà la presenza nei banchi del Centro fu Ppd di Marco Passalia. Eletto recentemente nel Consiglio d’amministrazione di BancaStato, Passalia si è dimesso lasciando il posto al primo subentrante Giuseppe Cotti. «Sono contento di quanto fatto in questo lungo periodo», afferma Passalia a colloquio con ‘laRegione’ stilando un bilancio della sua esperienza parlamentare che volge al termine. Anche se quella politica, sebbene in una maniera più sfumata, sarà una passione che continuerà a muoverlo.
Dopo quattordici anni di Gran Consiglio, se si guarda alle spalle cosa vede? Con che spirito lascia la politica attiva?
Tutto sommato penso di aver dato il mio contributo a beneficio del nostro Cantone. Ho sempre cercato coerentemente di fare quel che dicevo e di dire ciò che facevo. Penso ai temi della mobilità, dell’energia, dell’economia e della fiscalità. L’unico rammarico è quello di non essere riuscito a fare granché sui tempi della politica e sulla burocrazia crescente. Tutto è molto più lento rispetto al settore privato, e i politici arrivano quasi sempre in ritardo rispetto ai problemi della nostra società. Per non parlare della burocrazia quale alibi per non prendersi delle responsabilità. Invito le future generazioni di politici a fare riflessioni concrete in questo senso, magari con l’aiuto della digitalizzazione.
Negli ultimi anni lei, assieme ai suoi colleghi di partito, è diventato l’alfiere delle battaglie contro l’imposta di circolazione, più volte definita ‘la più alta della Svizzera’. Spesso siete stati accusati di populismo e demagogia. Come ha convissuto con queste critiche?
Sono orgoglioso di aver contribuito attivamente al più importante sgravio fiscale degli ultimi due decenni in Ticino a beneficio della stragrande maggioranza dei ticinesi. Tutto ciò semplicemente per tornare nella media svizzera del costo dell’imposta di circolazione e per far risparmiare soldi ai cittadini in un periodo di forti spinte inflazionistiche. Se ciò significa essere populista, allora non mi vergogno di questa etichetta. D’altra parte, avevamo degli argomenti forti dalla nostra e abbiamo letteralmente ascoltato i ticinesi. Assieme a Dadò e Agustoni abbiamo elaborato e promosso due iniziative popolari del Centro con un esito chiarissimo, e non scontato, alle urne. Anche in questo caso, purtroppo, la politica non ha rispettato i tempi e, ancora più grave, a distanza di un anno dal voto ha interpretato in modo diverso la volontà popolare.
Detto delle targhe, quali altre battaglie è soddisfatto di aver portato a compimento? E in che clima?
Sono stato coordinatore del comitato per il secondo tunnel nel San Gottardo e abbiamo vinto contro ogni pronostico, ma con il buon senso e l’impegno dalla nostra. Sempre parlando di buon senso, ho lanciato il referendum contro i semafori sul piano di Magadino e anche in questo caso i ticinesi mi hanno dato ragione. Ricordo poi numerose proposte studiate, elaborate in dettaglio e andate a buon fine nell’ambito della decarbonizzazione, della mobilità e della fiscalità. Ci sono poi ricordi più personali legati a colleghi, funzionari e giornalisti con cui sono riuscito a creare un rapporto di stima e amicizia che sicuramente continuerà anche fuori da Palazzo delle Orsoline.
Lei è stato anche coordinatore della commissione ‘cerca’ del suo partito, con sconfitte e vittorie. Che bilancio fa di questa esperienza, considerando anche il suo ruolo di vicepresidente del Centro?
Quando si entra nell’arena elettorale emergono sempre emozioni contrastanti. Sicuramente ci sono stati dei momenti difficili e di alta tensione, ma prevalgono i ricordi positivi e di amicizia accompagnati dalla volontà sincera di presentare candidati validi e utili per il nostro Ticino. Sono stato due volte coordinatore della commissione cerca che mi ha creato non pochi grattacapi perché alla fin fine vai a toccare l’ego dei politici, notoriamente molto grande, e non tutti capiscono di non poter essere sempre la persona giusta nel posto giusto. Anche in questo caso, visti i risultati, penso di non aver svolto così male questo ruolo.
Questa nomina nel Cda di BancaStato la farà chiudere completamente con la politica o...?
Lascio il Gran Consiglio nel mio quattordicesimo anno da deputato come abbiamo detto, ma non lascio definitivamente la politica. Non si abbandona mai una passione e non nego che per me la politica continuerà a essere tale. Rimarrò attivo in maniera diversa nel Centro e nel mio Comune. Poi cosa succederà domani, non mi è dato sapere. In ogni caso, mettere le mie competenze professionali e la mia esperienza a disposizione della nostra banca cantonale è un modo per continuare a sostenere il nostro Cantone.