Ticino

‘Sarebbe stato opportuno attendere il processo agli agenti’

Così Speziali (Plr) e Durisch (Ps) sulla decisione del governo di ridare la Polizia a Gobbi. Il legale del ministro: ‘Panna montata, ora anche inacidita’

In sintesi:
  • Il legale di Gobbi: ‘Finita una storia che non avrebbe dovuto nemmeno iniziare’
  • Fiorenzo Dadò: ‘Ancora una volta si punta l’indice contro chi solleva il coperchio del pentolone e non contro chi cucina la brodaglia’
Il capo del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi
(Ti-Press)
11 settembre 2024
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La Polizia cantonale torna sotto la guida politico-amministrativa di Norman Gobbi. Così ha deciso il Consiglio di Stato dopo aver avuto accesso e quindi visionato l’incarto penale concernente l’incidente dello scorso 14 novembre sull’autostrada in zona Stalvedro, poco dopo la mezzanotte, in cui era rimasto coinvolto il consigliere di Stato leghista, capo del Dipartimento istituzioni. Incarto che si trova attualmente in Pretura penale davanti alla quale il procuratore generale Andrea Pagani ha rinviato, con atto d’accusa in cui si ipotizza il reato di favoreggiamento, due agenti della Polizia cantonale: il sottufficiale superiore di Gendarmeria che la sera dei fatti era di picchetto e il capogruppo in servizio quella notte. Decreto di abbandono invece per l’ufficiale della Polizia cantonale anch’egli di picchetto il giorno dell’incidente. Nessun procedimento penale è stato aperto nei confronti di Gobbi, il quale il 27 marzo di quest’anno – cioè il giorno dopo la comunicazione del pg dell’avvio delle indagini sul sinistro provocato da terzi e i successivi accertamenti di polizia – si era autosospeso dalla conduzione politica della Polcantonale, dipendendo quest’ultima dal Dipartimento istituzioni, nell’attesa che la sua posizione venisse chiarita sul piano giudiziario. Cosa avvenuta in via definitiva l’11 giugno, quando Pagani, prospettando nero su bianco le decisioni a carico degli agenti, ha precisato che nei riguardi del ministro “non è pendente alcun procedimento penale”.

A Bellinzona la Pretura penale non ha ancora fissato la data del dibattimento che vedrà in veste di imputati i due poliziotti. In ogni caso un processo ci sarà. Secondo l’accusa, il troppo tempo (due ore e alcuni minuti) trascorso fra l’incidente e l’alcol test probatorio al quale è stato sottoposto il ministro, dopo che l’apparecchio per il test precursore era risultato ‘non calibrato’, avrebbe dovuto comportare il prelievo del sangue. Gli agenti respingono gli addebiti.

In una nota trasmessa oggi alle redazioni il governo afferma “di aver revocato la misura temporanea con la quale aveva affidato la responsabilità politica della Polizia cantonale a Claudio Zali, direttore supplente del Dipartimento delle istituzioni”. Responsabilità politica che “è dunque da subito affidata a Norman Gobbi, direttore del Dipartimento delle istituzioni”. La decisione è stata adottata “dopo aver preso atto della chiusura dell’istruzione penale da parte del procuratore generale e aver consultato gli atti dell’incarto penale inerente agli avvenimenti dell’incidente stradale che aveva coinvolto il Consigliere di Stato lo scorso anno”. Punto. Perché “considerata la procedura ancora in corso, non si rilasciano ulteriori dichiarazioni”.

Galfetti: finisce una storia che non avrebbe dovuto nemmeno iniziare

«Finalmente è finita una storia che non avrebbe dovuto nemmeno iniziare – afferma il legale di Gobbi, l’avvocato Renzo Galfetti –. E che avrebbe dovuto concludersi già con i primi comunicati stampa del procuratore generale che attestavano la totale mancanza di qualsiasi sospetto su Norman Gobbi. Il Consiglio di Stato, con prudenza e scrupolo forse eccessivi, ha voluto visionare l’incarto. I tempi tecnici per avere l’autorizzazione a farlo e l’esame dello stesso hanno ritardato ulteriormente la decisione odierna. Finalmente il governo ha dato seguito alla revoca dell’autosospensione comunicata da Gobbi in giugno. Morale della favola: quello che avevo scritto nella mia prima nota stampa parlando di panna montata, si è rivelata essere tale, adesso oltretutto inacidita».

Dadò: il caso resta grave e non è affatto chiuso

La decisione di reintegrare Gobbi nella conduzione politica della Polizia cantonale, dice il deputato e presidente del Centro Fiorenzo Dadò, autore della prima interpellanza sull’incidente occorso al ministro, «spettava al Consiglio di Stato, che avrà fatto le sue valutazioni. Osservo tuttavia che il caso resta grave e non è affatto chiuso. Né sul piano penale, dato che ci sono due agenti della Polizia cantonale che verranno processati. Né su quello politico, considerato che ci sono degli atti parlamentari pendenti sulla vicenda. Peraltro le risposte del governo all’interpellanza del collega Marco Passalia sugli etilometri non tarati sollevano ulteriori interrogativi».

‘Ci sono atti parlamentari cui l’Esecutivo deve ancora rispondere’

Dichiara il granconsigliere e presidente del Plr Alessandro Speziali: «Immagino che la decisione del governo di ridare la Polizia cantonale a Gobbi sia giuridicamente blindata. Dopodiché, dal profilo dell’opportunità politica, mi sarei aspettato che il Consiglio di Stato attendesse perlomeno l’esito del processo in Pretura penale a carico dei due agenti. Anché perché il governo deve ancora pronunciarsi su delle richieste di chiarimenti avanzate in Gran Consiglio». Sulla stessa lunghezza d’onda il capogruppo socialista in Gran Consiglio Ivo Durisch: «È una questione di opportunità, il governo avrebbe dovuto aspettare la sentenza del processo di primo grado, che comunque mi auguro possa essere celebrato a breve, per avere al più presto gli elementi necessari all’evasione degli atti parlamentari pendenti». O perlomeno, aggiunge il copresidente del Ps Fabrizio Sirica, «l’Esecutivo risponda ai quesiti che non concernono aspetti del procedimento penale».

Frapolli: non abbiamo mai avuto dubbi sulla correttezza di Gobbi

Per Galfetti, «l’opportunità politica consiste prima di tutto nel non fare illazioni sul nulla. E l’autosospensione, che Gobbi aveva deciso per non mettere in imbarazzo il Consiglio di Stato e per proteggere la sua famiglia, era, a mio modo di vedere, assolutamente eccessiva». Rilancia il vicecoordinatore della Lega Gianmaria Frapolli: «Se il Consiglio di Stato, che non è composto di una sola persona, avesse individuato nell’incarto penale elementi tali da rimandare la decisione che ha preso, avrebbe agito di conseguenza. Noi di dubbi sulla correttezza di Gobbi non ne abbiamo mai avuti. E a questo punto dopo la magistratura anche il governo conferma che Gobbi ha agito correttamente». Per quanto concerne i due poliziotti rinviati a giudizio, continua Frapolli, «noi mettiamo in primo piano, allo stato attuale, la presunzione di innocenza».

Tornando al consigliere di Stato leghista reintegrato, gongola il movimento di via Monte Boglia. E in un comunicato scrive che “la reintegrazione di Gobbi nella direzione politica della Polizia cantonale chiude ora in modo definitivo l’ignobile pantomima sull’incidente stradale di novembre, confermando in toto ciò che la Lega ha sempre sostenuto: ossia che l’intera vicenda non fosse altro che un cumulo di strumentalizzazioni interessate”. E ripropone la tesi che “non esiste, né è mai esistito, alcun ‘caso Gobbi’. Esiste, per contro, un ‘caso Dadò’, un ‘caso Mps’ e un ‘caso stampa di regime’”. Parole già lette, già sentite.

Il presidente del Centro: mica sono stati favoriti i cugini di montagna...

Ribatte Dadò: «Esiste eccome un caso ed è lì da vedere: due agenti sono stati rinviati a giudizio con l’accusa di aver favorito il consigliere di Stato Gobbi e non i cugini di montagna. Ancora una volta – rileva il granconsigliere del Centro – si punta l’indice contro chi solleva il coperchio del pentolone e non contro chi cucina la brodaglia».

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