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Remunerazione fotovoltaico, toccato il minimo storico in Ticino

Nel secondo trimestre 2024 Aet pagherà il chilowattora soltanto 3,2 centesimi. Un settimo rispetto a due anni fa. Nel settore posti di lavoro a rischio

Il settore potrebbe risentirne
(Ti-Press)
28 agosto 2024
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Dalle stelle del 2022 alle stalle del 2024. Complici più fattori, la remunerazione che l’Azienda elettrica ticinese (Aet) versa ai proprietari di impianti fotovoltaici è passata dal record positivo di due anni fa, pari a 22,47 centesimi per ogni chilowattora prodotto grazie all’energia solare, agli odierni 3,2 cts/kWh. Pubblicata lunedì dall’Aet sul proprio sito, la cifra riguarda il secondo trimestre di quest’anno e oltre a situarsi sotto la metà di quella del primo trimestre (6,53) rappresenta il minimo storico dell’ultimo decennio. Dal 2014 a oggi infatti la remunerazione è passata da una media compresa fra 6 e 11, per poi raggiungere repentinamente il picco di due anni fa, ridiscendere nel 2023 ai livelli precedenti alla pandemia e all’inizio della guerra in Ucraina, e finire in picchiata la sua discesa. Fra l’altro il 2024 è il primo anno in cui la cifra viene aggiornata e comunicata trimestralmente (non è però dato sapere se anche la remunerazione seguirà questo ritmo) e non più a scadenza annuale.

Mandioni

‘Cifra scandalosa’

«Questo cambia poco la sostanza, si tratta di una cifra scandalosa», commenta a caldo Fabio Mandioni, promotore insieme alla Società elettrica sopracenerina (Ses) dell’impianto fotovoltaico alpino nella zona del Nara, il primo progetto messo sul tavolo del governo cantonale in Ticino con l’intenzione di beneficiare dei corposi contributi federali previsti nell’ambito del progetto Solar Express pensato e voluto da Berna con l’obiettivo d’incrementare sensibilmente la produzione fotovoltaica invernale (quando in pianura langue a causa delle giornate più corte) beneficiando dell’aria limpida d’alta quota e della rifrazione della neve captabile dai pannelli bifacciali. Nel frattempo il progetto Nara non è avanzato perché il Consiglio di Stato non accetta che si proceda con una fase test tramite un impianto dalle dimensioni ridotte: o tutto subito o niente, come peraltro impone la Confederazione. «Indipendentemente da questo – rincara la dose Mandioni – una remunerazione così bassa non facilita il coinvolgimento di finanziatori e mina la redditività, senza la quale tutto cade».

Bernasconi

‘Più autoconsumo’

Sulla stessa lunghezza d’onda Daniele Bernasconi, titolare della ditta IngEne di Cadenazzo promotrice di un secondo impianto solare alpino sempre in Val di Blenio, all’Alpe di Laveggia. Anche lui a giugno aveva avanzato timori di fronte all’involuzione della redditività. A distanza di due mesi e mezzo il quadro generale si è arricchito di altre criticità. «Vorrei però premettere che anche con 3,2 cts/kWh dotarsi di un impianto fotovoltaico è un’operazione vantaggiosa. Rispetto alle cifre eccezionali del 2022 ci vorrà qualche anno in più per ammortizzarlo, ma è pur sempre un’operazione sostenibile grazie agli importanti incentivi pubblici tutti confermati». Da professionista del settore, «bisogna essere pronti a reagire di fronte a scenari che mutano repentinamente. E infatti contrariamente a ciò che pensavo solo due anni fa, oggi ritengo che valga la pena incrementare il più possibile l’autoconsumo, ossia dotarsi di batterie d’accumulazione che rilasciano la corrente per coprire almeno in parte il fabbisogno energetico serale e notturno della propria abitazione». Batterie, precisa Bernasconi, «sempre più performanti e il cui prezzo, rispetto a poco tempo fa, è sceso del 20-30%. Vale insomma la pena informarsi e fare due calcoli». C’è chi il passo lo ha già fatto da tempo per una questione di principio, non accettando di cedere corrente ad Aet per una manciata di centesimi (che siano 3 o 10 poco importa), quando comprarla costa dalle tre (se va bene) alle otto volte di più (se va male, come adesso).

‘Ditte costrette a licenziare’

Bernasconi affronta poi un tema oltremodo spinoso: le conseguenze sul mercato del lavoro. Dopo l’abbuffata dell’ultimo triennio – quando la posa di pannelli posta al beneficio di contributi pubblici ha registrato in tutta Europa, Svizzera e Ticino compresi, una crescita esponenziale con un mercato arricchitosi di moltissime ditte, fino a triplicarne il numero – ora si sta assistendo al fenomeno inverso: «Mi arrivano voci relative a diverse imprese attive nel nostro cantone e Oltralpe che non battono chiodo, costrette a licenziare perché ricevono meno lavoro, o niente del tutto. È il periodo peggiore degli ultimi tempi nel nostro settore. Con la remunerazione costantemente al ribasso, e che ha raggiunto il record negativo, il messaggio sbagliato che sta passando è che non valga più la pena dotare la propria abitazione di un impianto solare. Lo ribadisco, non è affatto vero». Quanto alla remunerazione, «mi sarei aspettato da Aet un atteggiamento diverso. Ritengo sia sbagliato invogliare la gente a investire grazie a massicci incentivi e a remunerazioni record come fatto nel 2022, e poi penalizzarla nel giro di pochi mesi». Un agire più lineare sul piano strategico non guasterebbe.

Aspettando l’ordinanza federale

Uno spiraglio – sottolinea Bernasconi – è rappresentato dalla modifica della Legge federale sull’energia votata in giugno e che introduce, tramite ordinanza posta in consultazione, la possibilità per la Confederazione di fissare una soglia minima di remunerazione sotto la quale le aziende cantonali non potranno scendere: «Mi auguro che non si tergiversi, sebbene la cifra non sia stellare», assestandosi attorno ai 4,5 cts/kWh. «Ciò che permetterebbe quanto meno di scongiurare lo scenario peggiore che è quello delle tariffe negative, ossia pagare per mettere in rete l’energia prodotta dai pannelli di casa». Risalendo in quota, all’Alpe di Laveggia di proprietà del Patriziato di Ponto Valentino che ha votato il principio della sua messa a disposizione a fini energetici incamerando una parte dei ricavi, Bernasconi spiega che avanzano le trattative con possibili acquirenti della corrente: «L’obiettivo è riuscire a firmare contratti sul medio e lungo termine che soddisfino le parti e permettano la sostenibilità del progetto. Idem per quanto riguarda gli investitori. Parliamo di corrente pregiata che sul mercato ha un valore maggiore.

Cattaneo

‘Meglio non vincolarsi’

«Continuerò a investire nel solare, perché è il sistema energetico realizzabile più facilmente e velocemente». Non ha dubbi l’imprenditore di Bironico Rocco Cattaneo, promotore dell’impianto fotovoltaico alpino sul Tamaro (in fase di sviluppo) e sul tetto del centro logistico Stisa di Cadenazzo, impianto che l’anno prossimo sarà raddoppiato. «Non bisogna farsi scoraggiare», premette: «Certo, la remunerazione è un fattore importante. E infatti per Cadenazzo ho preferito non vincolarmi ad Aet. Con quali conseguenze? Da un lato ho dovuto rinunciare agli incentivi, ma dall’altro oggi sono libero di cedere la mia corrente a chi voglio o al migliore offerente. Ora la sto vendendo ad Amb a un buon prezzo». Strategia e calcoli che sono tuttavia più facilmente affrontabili se si dispone di un apparato amministrativo o dirigenziale, al contrario di un privato che mirando a realizzare l’impianto di casa sua, per semplicità si affida ad Aet, cui rimane vincolato a lungo termine. «Ad ogni modo – aggiunge Cattaneo – qualunque sia la strategia personale, il fotovoltaico è una fonte decisiva per il fabbisogno presente e futuro destinato a crescere costantemente. Il privato in questo momento, proprio considerando la cifra ora comunicata da Aet, deve seriamente ragionare su accumulo e autoconsumo favoriti da batterie. Inoltre un’interessante opportunità, in chiave futura, è data dalle comunità di autoconsumo che prenderanno sempre più piede in Svizzera. Vero è, tornando al tema iniziale, che la remunerazione di Aet meriterebbe forse un approccio diverso». Cattaneo preferisce non addentrarsi nella questione politica, ma ritiene che l’obiettivo fissato nel Piano energetico e climatico cantonale, di competenza specialmente del Dipartimento del territorio, meriterebbe un migliore allineamento con la disponibilità del Dipartimento finanze ed economia, sotto il cui cappello opera appunto l’azienda cantonale.

Legge sull’energia

Chi coprirebbe la differenza?

La proposta di fissare una remunerazione minima garantita è stata avanzata, come detto, dal Consiglio federale nell’ambito delle ordinanze di applicazione della Legge sull’elettricità approvata dal popolo lo scorso 9 giugno. «Si tratta di un’armonizzazione a livello nazionale che vuole garantire ai produttori il rientro d’investimento sugli impianti entro il loro ciclo di vita», spiega alla ‘Regione’ il direttore dell’Azienda elettrica ticinese (Aet) Roberto Pronini. La fase di consultazione avviata dall’Esecutivo si è conclusa a inizio estate. «Ora attendiamo le prossime decisioni del Consiglio federale per comprendere come verranno applicate le norme e come saranno ripartiti i costi». E proprio questo è un punto centrale: se si fissa una soglia minima al di sopra del valore di mercato qualcuno si dovrà far carico del maggior costo. «Paradossalmente questo peserà su chi non ha un impianto fotovoltaico a casa. Quindi andranno a pagare di più gli inquilini di appartamenti. È un problema di redistribuzione, se si paga di più l’energia fotovoltaica qualcuno dovrà coprire la differenza».

‘L’eccesso di offerta fa scendere il prezzo’

I parchi solari alpini continueranno quindi a essere redditizi? «Sì, possono contare sul fatto che il 50 per cento della loro produzione avviene durante i mesi invernali, quando la richiesta di energia è maggiore e il suo prezzo è più alto. Nei mesi rimanenti potranno contare invece sull’introduzione della tariffa minima garantita». Per il direttore di Aet investire nei pannelli continuerà a essere conveniente anche per i piccoli privati e le famiglie, «a condizione che il loro modello di impiego venga adattato alle nuove condizioni di mercato. L’autoconsumo e lo stoccaggio temporaneo, che permettono di ridurre la quota di energia acquistata dal proprio fornitore, dovranno essere privilegiati rispetto alla vendita dell’esubero in rete». Il prezzo di remunerazione attuale, come anticipato, ha infatti raggiunto il suo minimo storico nel secondo trimestre di quest’anno: «È un periodo durante il quale viene prodotta e messa in rete molta energia fotovoltaica. Un eccesso di offerta che fa scendere il prezzo. Sulle borse elettriche si registrano addirittura valori negativi». Ovvero: immettere energia in rete è un costo e non un guadagno. Uno scenario che nei primi sei mesi del 2024 si è già verificato su 165 ore, a fronte delle 76 registrate in tutto il 2023.

Nel 2025 bollette meno salate

A giocare un ruolo sono stati anche l’aumento della produzione idroelettrica e la piena disponibilità del nucleare svizzero e francese. «Una combinazione di fattori simili non si può escludere nemmeno in futuro, e le conseguenze sarebbero simili». Per il 2025, d’altro canto, è da prevedere una diminuzione delle bollette. Lo afferma un sondaggio realizzato dell’Associazione delle aziende elettriche svizzere pubblicato a inizio luglio. «È però difficile indicare in che misura, poiché ogni azienda di distribuzione fissa il prezzo sulla base delle proprie strategie di acquisto a lungo termine e possono esserci differenze tra una e l’altra», annota Pronini. Infatti nella Svizzera italiana si va dai 12,48 cts/kWh di Brusio ai 41,08 di San Vittore (più del triplo), mentre quasi tutto il Ticino supera quota 30 con una alcune eccezioni fra i 25 e i 28 centesimi (il comprensorio Amb di Bellinzona, Faido, Airolo, Bedretto e Stabio).

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