Jardini Croci Torti, esperta di diritto del lavoro, fa il punto su quanto accade nel settore privato nel caso di comportamenti inappropriati sul lavoro
«È una questione di cultura aziendale. Spesso una persona non si rende neanche conto che fare un commento inappropriato o mandare una fotografia del genere possa costituire una molestia sessuale. Per questo sensibilizzare è importante, perché talvolta non se ne ha coscienza». A fare il punto su come dovrebbe essere gestita una tale vicenda – l’invio di una fotografia inappropriata da parte del giudice Mauro Ermani, presidente del Tribunale penale cantonale, a una collaboratrice – nel settore privato è Nora Jardini Croci Torti, consulente giuridica esperta di diritto del lavoro. «La definizione di molestia sessuale secondo la Legge sulla parità dei sessi – ci spiega – è soggettiva e si basa, come dice l’articolo 4, sul concetto di comportamento indesiderato. In altre parole, si tratta di una molestia sessuale se viene percepita come tale. La Legge sulla parità dei sessi prevede poi una procedura contro il datore di lavoro, quindi non contro il dipendente, collega o superiore che ha avuto un comportamento di questo tipo». C’è poi anche l’aspetto penale. «Una molestia sessuale – illustra – può essere punibile secondo l’articolo 198 del Codice penale, ma in questo caso si aggiunge anche il concetto di intenzione».
Nel caso in cui un’azienda venisse sanzionata, rileva Jardini Croci Torti, «oltre agli altri danni subiti, la legge prevede fino a sei mesi di indennità per la persona soggetta a una discriminazione. L’azienda a sua volta può poi prendere delle misure contro il dipendente che ha commesso una molestia, anche un licenziamento immediato a seconda del caso».
Sensibilizzazione, dicevamo. «Sempre più – rimarca la consulente giuridica – la giurisprudenza pretende che vengano implementate misure di prevenzione delle molestie sessuali e del clima sessista in azienda. La Seco prevede per esempio dei regolamenti che indichino che le molestie sessuali non sono tollerate, come pure una sensibilizzazione su cosa sia una molestia sessuale». E aggiunge: «Il datore di lavoro deve anche fare in modo che questi comportamenti non accadano: sensibilizzando, prevedendo regolamenti interni e una persona di fiducia neutra alla quale possano rivolgersi le persone toccate, nonché svolgendo le opportune inchieste formali per poi sanzionare laddove necessario. Una decina di anni fa nessuno aveva regolamenti di questo tipo. Si stanno facendo passi avanti».