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Apprendisti, ‘Stato, dove sei?’ Il Cantone risponde: ‘Presente’

Sindacati critici su trattamento, affiancamento in ditta e controlli. Replica dal Decs: ‘La maggioranza delle aziende formatrici svolge un lavoro serio’

In sintesi:
  • Unia e Sisa segnalano numerose situazioni problematiche: formazione carente, sfruttamento come manovalanza a basso costo, turni illegali, nonnismo
  • La Divisione formazione professionale: ‘Dove la situazione lo richiede interveniamo’
  • Un rafforzamento dell’ispettorato che risponda alle crescenti esigenze è strettamente legato alla situazione finanziaria del Cantone
(Keystone)
12 luglio 2024
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«Tra i grandi problemi che osserviamo in Ticino c’è la scarsità della formazione e lo sfruttamento dell’apprendista come manodopera a basso costo, soprattutto nelle professioni da cantiere che seguiamo più da vicino. Ciò va ad aggiungersi al desolante quadro che emerge dal sondaggio condotto a livello nazionale e che rispecchia anche la situazione nel nostro cantone». Il sondaggio a cui fa riferimento Aris De Bernardi – sindacalista Unia regione Ticino e corresponsabile del gruppo di interesse “giovani” – è quello promosso da Unia Svizzera per avere una visione delle condizioni di lavoro e di salute dei tirocinanti nel Paese e di cui sono stati resi noti i risultati la scorsa settimana. Dalle risposte ricevute da oltre 1’100 apprendisti – su un totale di circa 200mila – emerge che il 92% di loro si dice stressato e il 53% lo è spesso o sempre. A livello salariale, il 46% guadagna meno di 999 franchi al mese, mentre più della metà (55%) lavora dalle 9 ore al giorno in su malgrado sia illegale. Si sommano poi le molestie sessuali, il razzismo e il mobbing. Il sindacato evidenzia inoltre come i controlli siano insufficienti: poco più di una persona interpellata su due rivela che l’azienda in cui lavora non è mai stata ispezionata dagli organi preposti. Insomma, una serie di fattori che rendono gli apprendisti vulnerabili a livello fisico e mentale.

De Bernardi (Unia): ‘Giovani sfruttati come manovali. Non imparano il mestiere’

La lettura di quanto fotografato dal sondaggio da parte del gruppo giovani di Unia Ticino è che gli apprendisti «sono sempre più stanchi e stressati perché invece di essere adeguatamente seguiti in azienda, sono impiegati per compiti che nessuno vuol svolgere e di conseguenza fanno anche più fatica a scuola», dice De Bernardi, che articola: «In alcune formazioni professionali, in particolare in quelle che prevedono nozioni scolastiche più impegnative, c’è un tasso di bocciatura agli esami parecchio alto, tanto è vero che come sindacato organizziamo da alcuni anni dei corsi di studio per preparare i ragazzi ad affrontarli», rende noto il giovane sindacalista, che prendendo ad esempio gli elettricisti dichiara: «Siamo a conoscenza di molte situazioni in cui per la maggior parte del tempo durante i tre anni di formazione i giovani sono costretti a portare su e giù nei cantieri le bobine, i fili, il materiale pesante e così non imparano quello che davvero servirebbe loro per poi praticare la professione. In questo modo viene sottratto tantissimo tempo alla loro formazione». Si sente spesso dire che l’apprendista deve fare gavetta, rubare il mestiere, «però qua siamo ben oltre. Qua si sfruttano i giovani come manovali pagandoli poche centinaia di franchi al mese», denuncia De Bernardi, che racconta anche di casi in cui il datore di lavoro non faceva andare a scuola gli apprendisti perché gli servivano in azienda, «non una volta ma sistematicamente». In situazioni di abuso, rileva, «interveniamo sindacalmente organizzando i lavoratori. Se non è possibile perché sono coinvolti minorenni e in generale apprendisti, contattiamo la Divisione della formazione professionale, la direzione della scuola dei ragazzi e l’Ispettorato di tirocinio e del lavoro – spiega De Bernardi –. Purtroppo però delle volte segnaliamo al Cantone irregolarità anche gravi ma senza ricevere alcun riscontro. C’è molta passività e, con alcune ditte importanti, la mano leggera».

Un altro aspetto che De Bernardi considera preoccupante è il fatto che dopo la formazione «parecchie ditte non assumono l’apprendista che hanno formato, o “non formato”. Significa che questi giovani hanno fatto comodo finché potevano essere sottopagati ma poi sono stati messi alla porta. Certo, non è così dappertutto, ma non si tratta di eccezioni». Quanto alle condizioni salariali, il sindacalista le ritiene importanti ma non la principale delle storture: «Dare una remunerazione minima dignitosa all’apprendista è fondamentale. Ci sono ancora salari in certi rami che a malapena bastano per coprire il costo dei trasporti e poco altro». Alla luce del sondaggio, Unia chiede misure immediate quali maggiori controlli, più tempo libero, salari minimi più alti e una migliore protezione contro abusi e discriminazioni. «Ma l’aspetto a cui teniamo maggiormente è che la formazione non sia messa in secondo piano», rimarca De Bernardi.

Camozzi (Sisa): ‘Costretti a orari illegali per supplire alla carenza di personale’

«Dalle segnalazioni che abbiamo ricevuto riscontriamo anche in Ticino una situazione analoga a quella che risulta dal sondaggio, soprattutto per quanto riguarda il settore sanitario e socioassistenziale in cui siamo più attivi» commenta dal canto suo Ismael Camozzi, coordinatore del Sindacato indipendente studenti e apprendisti (Sisa). Segnalazioni, spiega, provenienti da apprendisti che in particolare «attestano una carenza dei controlli da parte degli ispettori e un’estrema lentezza per quanto riguarda le visite dopo che vengono annunciate situazioni di malessere lavorativo». Quando poi i controlli effettivamente avvengono, «spesso non sono imparziali – afferma il coordinatore del Sisa –. Siccome vengono fatti sul luogo di formazione a una data concordata e con la presenza del datore di lavoro, gli apprendisti non vengono messi nelle condizioni di esternare i disagi riscontrati. Alcuni hanno perfino ricevuto l’intimazione da parte del datore di lavoro di non rivelare certi aspetti critici, altrimenti avrebbero ricevuto una valutazione negativa».

Fra quelli sollevati con maggior frequenza vi è «il problema del mancato rispetto delle regole contrattuali per quanto concerne gli orari di lavoro che prevedono al massimo otto ore al giorno e due weekend al mese, e il giorno libero durante i festivi infrasettimanali – illustra Camozzi –. Tanti apprendisti, anche minorenni, sono inoltre costretti a fare dei turni di notte senza il loro consenso firmato o a lavorare i weekend prima delle settimane di scuola per supplire alla carenza di personale». Il coordinatore del Sisa lamenta anche la mancanza di professionisti per seguire i ragazzi sul lavoro: «Spesso non c’è un rapporto adeguato tra il numero di formatori e quello di apprendisti. Questo può portare a giungere al termine della formazione con delle importanti lacune sia sul piano teorico che pratico». Proprio le condizioni degli apprendisti nel settore sociosanitario sono al centro di una petizione del Sisa consegnata in Cancelleria cantonale lo scorso ottobre, corredata da oltre mille firme, per dire stop al precariato formativo e lavorativo.

‘Mobbing, molestie, discriminazioni, un contesto lavorativo scoraggiante’

Camozzi è anche stato direttamente a contatto sui banchi di scuola con giovani che hanno vissuto sulla propria pelle molti dei problemi sotto la lente del sondaggio, avendo egli stesso svolto due apprendistati. «Diversi compagni e amici apprendisti mi raccontavano di un ambiente ostile sul luogo di lavoro, di nonnismo, di un contesto di socializzazione scoraggiante. In diversi hanno subito del mobbing, mentre altri non erano seguiti e alcuni hanno cambiato anche più volte posto di lavoro o perfino abbandonato la formazione». Il settore sociosanitario e assistenziale è anche uno tra i più colpiti dalle molestie sessuali – assieme a quelli della vendita, della ristorazione e del terziario in generale – presentando un alto tasso di donne. «Tirando le somme – considera Camozzi – per adolescenti di 15 o 16 anni, entrare in un mondo del lavoro con simili caratteristiche può risultare molto traumatico e disincentivante».

La Divisione

Colombo: ‘Fondamentale l’accompagnamento’

Abbiamo interpellato sul tema Paolo Colombo, direttore della Divisione formazione professionale sotto il Dipartimento educazione, cultura e sport (Decs).

A livello di stress, quello emerso dal sondaggio di Unia è un quadro che dal vostro osservatorio rappresenta la situazione anche in Ticino?

La pressione e le aspettative sui giovani che generano stress e ansia sono fenomeni che riscontriamo non solo nella formazione professionale, ma in generale nella scuola e nella società. Le cause sono diverse e spesso vi è una combinazione di fattori. Per quanto concerne gli apprendisti e le apprendiste in azienda, giovani che si confrontano in molti casi per la prima volta con il mondo del lavoro dopo la scuola media, è indispensabile tenere alta la guardia. È particolarmente importante che vi sia un accompagnamento, sia da parte delle aziende che delle famiglie e delle scuole così da poter prevenire o intervenire in caso di difficoltà.

Fate ancora dei sondaggi sul grado di soddisfazione degli apprendisti? Com’è l’evoluzione negli ultimi anni?

Il sondaggio di Unia verte su temi per i quali il Decs è sensibile e attento. Infatti ogni quattro anni, per il tramite della Divisione della formazione professionale, si effettua un sondaggio tra tutti gli apprendisti e le apprendiste nell’ambito del quale vengono poste domande proprio su aspetti importanti quali le condizioni di lavoro, lo stress, le attività dell’ispettorato di tirocinio e altri. L’ultima indagine è stata svolta quest’anno, a maggio 2024 con oltre 2’000 partecipanti, e stiamo ora elaborando i risultati. In passato emergeva che la maggioranza degli apprendisti era soddisfatto della formazione professionale. Ciò detto, anche se con gradazioni diverse, la percezione dello stress da parte degli apprendisti e delle apprendiste è presente pure in Ticino. Per questo anche nel Programma di legislatura 2023-2027 e nel Piano d’azione cantonale per le pari opportunità 2024-2027, è prevista la continuazione di misure di formazione e sensibilizzazione per le aziende, per i formatori e le formatrici e il personale docente.

Qual è il tasso di abbandono?

Il 65% degli apprendisti e delle apprendiste conclude la propria formazione professionale di base ottenendo un diploma via un percorso lineare, cioè senza interruzioni; il 35% con un percorso non lineare, con scioglimenti di contratto (passaggio ad esempio dalla formazione triennale a quella biennale, oppure cambiamento di professione o di settore). I principali motivi che portano allo scioglimento del contratto sono il riorientamento professionale conseguente a scelte inappropriate o i risultati scolastici. Questi cambiamenti non sono necessariamente sinonimo di insuccesso. Nella maggior parte dei casi il riorientamento porta all’ottenimento di un diploma. Si tratta di un fenomeno presente in tutta la formazione postobbligatoria, a livello svizzero. Il passaggio dalle scuole dell’obbligo a quelle successive, sia a tempo pieno sia in modalità duale con apprendistato in azienda, interviene attorno ai 14-15 anni, una fase complessa nello sviluppo della persona. Capire quale sia la scelta giusta non è semplice. Per questo il Cantone già da alcuni anni sta mettendo in atto svariate misure a sostegno dei giovani e delle giovani affinché possano avere una visione ampia delle opportunità esistenti, così da poter poi scegliere nel modo più consapevole possibile. Misure che proseguono, come il progetto Millestrade, la fiera delle professioni diffusa sul territorio, proposta in stretta collaborazione con l’Ufficio dell’orientamento scolastico e professionale e la Città dei mestieri della Svizzera italiana. Favorire e accompagnare le transizioni durante la formazione e garantire l’inserimento, la permanenza e il ricollocamento nel mondo del lavoro è un altro obiettivo del Programma di legislatura 2023-2027.

Unia e Sisa in Ticino segnalano frequenti casi di apprendisti sfruttati come manovalanza flessibile e a basso costo, e non adeguatamente formati sul posto di lavoro, motivo per cui ci sarebbe un’alta percentuale di bocciature agli esami in alcuni settori. Vi risulta?

La formazione professionale si fonda sul partenariato tra Confederazione e Cantoni, associazioni del mondo del lavoro padronali e sindacali. Si lavora insieme per assicurare la migliore preparazione dei giovani e delle giovani, mettendo sempre al centro la persona in formazione. Dal nostro osservatorio possiamo affermare che la grande maggioranza delle aziende formatrici svolge un lavoro serio e lo fa con impegno e passione. Ci sono però anche situazioni meno positive o casi in cui non sono rispettate le disposizioni formative. Interveniamo allora con l’Ispettorato del tirocinio. In Ticino il tasso medio di promozione agli esami finali nella formazione professionale è del 90%, con differenze tra settori e professioni. Per superare gli esami finali sono importanti sia la preparazione tecnica e teorica sia la motivazione e l’impegno della persona in formazione.

I sindacati evidenziano anche casi di datori di lavoro che non fanno andare gli apprendisti a scuola o li impiegano quando non consentito, contravvenendo alle regole contrattuali. Siete a conoscenza di situazioni simili? Come intervenite? Quante aziende non sono in regola?

Gli ispettori e le ispettrici di tirocinio della Divisione della formazione professionale hanno il compito di vigilare e far rispettare il contratto di tirocinio e assicurare la qualità della formazione. La sorveglianza avviene con visite in azienda e colloqui con la persona in formazione, rispettivamente il formatore o la formatrice. L’intervento dell’ispettore o ispettrice di tirocinio può anche essere richiesto direttamente dall’apprendista, dell’azienda o su segnalazione di terzi, ad esempio della scuola o dell’Ispettorato del lavoro. Quando ci sono problemi in azienda, siano essi di ordine personale, relazionale o professionale, se possibile, si interviene cercando di chiarire la controversia e mediare tra le parti. Il più delle volte l’intervento dell’ispettore o ispettrice è sufficiente per risolvere questo tipo di problemi e riportare la formazione professionale sulla strada giusta. I provvedimenti che possono essere presi variano a dipendenza del singolo caso e della gravità, rispettivamente intenzionalità, dell’infrazione riscontrata. L’ispettorato del tirocinio può richiedere degli adeguamenti nella formazione o cambiamenti organizzativi o di comportamento, sia dell’apprendista che nel formatore e/o datore di lavoro. In situazioni gravi l’ispettore o ispettrice di tirocinio può procedere allo scioglimento del contratto di tirocinio e/o decidere di richiamare, ammonire o addirittura revocare all’azienda formatrice l’autorizzazione a formare. Si tratta di casi eccezionali, circa 5 all’anno. A seconda dell’infrazione e della sua gravità si procede anche alla segnalazione all’Ufficio dell’Ispettorato del lavoro per un suo intervento, per esempio se l’infrazione riguarda aspetti legati alla sicurezza e più in generale la Legge sul lavoro.

Tra le critiche mosse all’autorità c’è la scarsità dei controlli e la loro lentezza. Quante persone lavorano per l’Ispettorato del tirocinio e quante aziende sul totale controlla annualmente? Siete sottodotati?

In Ticino abbiamo circa 6’400 apprendiste e apprendisti nei percorsi duali (scuola-azienda) che svolgono il tirocinio in una delle 2’500 aziende formatrici. La vigilanza è assicurata da circa 80 ispettori e ispettrici di tirocinio, la maggior parte impiegata a tempo parziale, che annualmente svolgono oltre 5’700 visite in azienda. Gli ispettori e le ispettrici di tirocinio giocano un ruolo centrale, non solo con le visite di controllo, ma anche nel sostegno all’apprendista e all’azienda formatrice e con interventi individuali nel caso di problematiche legate alla formazione o necessità di riorientamenti. Possono essere contattati in modo diretto dalla persona in formazione o su segnalazione della scuola. Il Ticino è tra i Cantoni con una rete di ispettori e ispettrici più sviluppata, il carico di lavoro è tuttavia importante. Per questo viene valutata regolarmente l’evoluzione della casistica. Un rafforzamento dell’ispettorato che risponda alle crescenti esigenze è comunque strettamente legato alla situazione finanziaria del Cantone.

In un rapporto della commissione parlamentare Formazione e cultura sul tema si auspicava un approfondimento specifico sulle molestie sessuali nei luoghi di formazione. È stato fatto? Quali sono i risultati?

Nel corso della scorsa legislatura, la Divisione della formazione professionale, in collaborazione con il Servizio per le pari opportunità, il Gruppo stop molestie e l’Ufficio dell’Ispettorato del lavoro, ha rafforzato la sensibilizzazione e la formazione delle figure professionali più a contatto con apprendisti e apprendiste: i formatori e le formatrici in azienda e gli ispettori e le ispettrici di tirocinio. Negli anni 2022 e 2023 sono state organizzate formazioni sulla prevenzione delle violazioni dell’integrità personale alla quale hanno partecipato tutti gli ispettori e le ispettrici di tirocinio. Per i formatori e le formatrici in azienda, l’Istituto della formazione continua ha ampliato l’offerta di corsi, con momenti specifici sul supporto alla persona in formazione e con un’attenzione alla prevenzione di comportamenti inadeguati. Infine, un lavoro di sensibilizzazione è stato avviato anche per quanto riguarda le apprendiste e gli apprendisti stessi. Queste azioni proseguono ora nell’ambito del Piano d’azione cantonale per le pari opportunità 2024-2027: è previsto un rafforzamento ulteriore delle misure specifiche destinate ai formatori e alle formatrici attivi nelle aziende, coinvolgendo le organizzazioni del mondo del lavoro, agli ispettori e alle ispettrici di tirocinio, come pure delle misure rivolte ad apprendisti e apprendiste affinché possano essere più consapevoli dei loro diritti e dei sostegni a disposizione per affrontare situazioni di mobbing e/o violazioni della loro integrità personale.

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