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‘Cresce il lavoro ridotto, ed è un brutto segnale’

Aumentano le indennità riconosciute dal Cantone alle aziende. A giugno quasi raggiunti i numeri di tutto il 2023. Sindacati e mondo economico preoccupati

Soffre l’industria
(Ti-Press)
12 luglio 2024
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Durante la pandemia hanno permesso a non poche ditte di stare a galla e di evitare licenziamenti. Sono le indennità per lavoro ridotto, strumento che, come si ricorda nel sito del Dipartimento finanze ed economia, consente alle aziende “di mantenere occupazione e competenze in caso di una temporanea riduzione dell’attività, dovuta generalmente a motivi economici”. Ebbene, nel 2018 sono state in totale 86 le decisioni emesse dall’Ufficio giuridico della Sezione del lavoro (Dfe) riguardanti le indennità in questione: 39 (il 45,3%) quelle di accoglimento o parziale accoglimento della richiesta. Nel 2019: 121 decisioni, 43 quelle di accoglimento o parziale accoglimento (35,5%). Nel 2023: 160 e 58 (36,3%). Nel 2024: 110 e 55 (50%), numeri questi aggiornati al 26 giugno. Le cifre sono contenute nella risposta del Consiglio di Stato all’interrogazione depositata in maggio dal deputato del Centro Claudio Isabella. Il parlamentare e sindacalista dell’Ocst chiedeva fra l’altro quante fossero le istanze per indennità per lavoro ridotto presentate negli anni indicati e quante le richieste accolte.

Premettendo che l’Ufficio giuridico della Sezione del lavoro, competente in Ticino per la concessione del diritto alle indennità, “applica le normative federali in materia, le direttive della Segreteria di Stato dell’economia, nonché la giurisprudenza federale e cantonale”, il governo afferma che i dati “mostrano come la quota di decisioni riguardanti indennità per lavoro ridotto accolte o parzialmente accolte in Ticino, sul totale delle decisioni emesse dall’Ufficio giuridico della Sezione del lavoro, sia sostanzialmente stabile se paragoniamo il periodo pre-pandemico (anni 2018 e 2019) e l’ultimo anno e mezzo (2023 e 2024, fino al 26 giugno)”. Per il 2024, sebbene non ancora concluso, “questa quota risulta superiore agli altri anni considerati”.

‘Preoccupante prospettiva’

Da noi interpellato, Claudio Isabella è esplicito. «Questi dati mi preoccupano, soprattutto in prospettiva, se pensiamo che dall’inizio dell’anno sono già centodieci le decisioni emesse dal Cantone», dice il granconsigliere. «Del resto la mia interrogazione – aggiunge – deriva da diverse telefonate di aziende che come Ocst abbiamo ricevuto in tempi recenti. Ci sono alcuni settori economici che stanno soffrendo. Quello delle cave per esempio è in serie difficoltà e ad alcune imprese le indennità per lavoro ridotto non sono state riconosciute. Come sindacato, abbiamo segnali negativi anche in altri ambiti, per esempio in parte dell’industria di esportazione. Senza dimenticare la diminuzione degli appalti pubblici. Credo insomma che le cifre fornite dal governo debbano essere oggetto di approfondimento. Anche per questo mi sarei aspettato dal Consiglio di Stato qualche considerazione in più sui dati statistici, qualche valutazione di natura economica».

‘Il confine col rischio d’impresa è sottile’

«Un aumento delle richieste di lavoro ridotto non è mai un segnale positivo per l’economia, vuol dire che ci sono dei settori in difficoltà», dichiara il presidente della Camera di commercio ticinese Andrea Gehri. «Sarebbe interessante capire da dove provengano queste richieste. Come percezione personale penso che arrivino soprattutto dal settore manifatturiero, ancora confrontato con problemi nel reperire delle materie prime. Alcune catene di approvvigionamento – continua Gehri – sono in parte rallentate dal difficile contesto internazionale». Senza dimenticare un aspetto importante: «L’industria fa fatica in questo momento. Il franco forte non aiuta certo le imprese svizzere e la Germania, il paese di riferimento per la nostra economia, è in difficoltà. Sono elementi che possono incidere». C’è poi un tema da considerare, ovvero il rischio imprenditoriale che ogni azienda si assume non viene coperto dal lavoro ridotto. «A volte è però difficile delimitare il confine tra rischio d’impresa e rischio sistemico, che invece potrebbero essere riconosciuti dal lavoro ridotto», sostiene il presidente della Camera di commercio.

Tra chi non ricorre al lavoro ridotto, salvo rare eccezioni come la pandemia, c’è il settore dell’edilizia. «Per noi è prevista l’indennità intemperie, ovvero una parte della disoccupazione parziale, che entra in gioco in determinate circostanze», spiega il direttore della sezione ticinese della Società svizzera impresari costruttori Nicola Bagnovini. «Per avere diritto al lavoro ridotto bisogna dimostrare chiaramente l’impossibilità a poter esercitare la propria attività. Nel nostro settore, però, spesso l’inattività rientra sotto il rischio d’impresa», rammenta Bagnovini.

‘Ci sono comunque indicatori positivi’

Le cifre date dall’Esecutivo non stupiscono Giangiorgio Gargantini di Unia. «La pandemia ha fatto conoscere a molte aziende lo strumento delle indennità per lavoro ridotto, sembra strano ma è così: diverse ditte ignoravano infatti la possibilità di farvi capo in caso di calo dell’attività per ragioni economiche. Anche questo spiega, secondo me, la crescita del numero di decisioni emesse e quindi di richieste – rileva il sindacalista –. Certo, c’è stata pure l’onda lunga del Covid, con la pandemia che non è terminata nel medesimo periodo nelle varie parti del mondo. Poi la guerra in Ucraina. Circostanze, anche drammatiche, che hanno causato difficoltà nell’approvvigionamento di materie prime o di vendita in alcuni mercati e dunque grossi problemi pure ad alcuni settori dell’industria svizzera. Ora, per sapere se questi dati sulle indennità per lavoro ridotto siano rivelatori di una situazione critica dell’economia in generale, bisognerebbe analizzare settore per settore, ramo per ramo. Noi abbiamo comunque indicatori positivi e in vari settori».

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