I problemi del terzo potere sotto la lente della neo sottocommissione ‘Magistratura’. Dadò: entro fine anno le soluzioni proposte
Dopo aver letto i rapporti sull’attività 2023 del Consiglio della magistratura e delle varie autorità giudiziarie, dopo aver sentito lo stesso Cdm, il Dipartimento istituzioni, la sua Divisione giustizia e infine i vertici passati e attuali del Tribunale d’appello, è arrivato – per la commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’ – il momento della sintesi. Sintesi, nero su bianco, di quanto scaturito dai primi approfondimenti. E soprattutto messa a fuoco delle priorità su cui agire, per cercare di risolvere i problemi, parte dei problemi (d’organico, di spazi…) della magistratura ticinese. La ‘Giustizia e diritti’ ha così designato una sottocommissione. Si chiama ‘Sottocommissione Magistratura’. Avrà il compito, “in vista della ripresa dei lavori commissionali a settembre”, di presentare al plenum della commissione “un rapporto che riassuma i temi principali e le eventuali criticità emersi durante le audizioni”. A coordinarla, indica ancora la nota della ‘Giustizia e diritti’ sulla riunione odierna a Palazzo delle Orsoline, sarà la deputata del Centro Sabrina Gendotti. Gli altri membri, stando a nostre informazioni, sono Cristina Maderni del Plr, Daria Lepori del Ps, Pierluigi Pasi dell’Udc, Marco Noi dei Verdi, mentre per la Lega saranno Alessandro Mazzoleni o Sabrina Aldi. Tra i membri anche il presidente della ‘Giustizia e diritti’, il centrista Fiorenzo Dadò.
«Nella riunione del prossimo 16 settembre la sottocommissione fornirà al plenum della ‘Giustizia e diritti’ un quadro della situazione con le priorità da lei individuate, non sono da escludere ulteriori audizioni – spiega Fiorenzo Dadò –. Obiettivo della commissione è di formulare delle proposte entro la fine dell’anno». Proposte di intervento, all’indirizzo anche del Gran Consiglio, visto che tocca alla politica, governo e parlamento, garantire adeguate condizioni operative al terzo potere. I «macrotemi», per citare sempre Dadò, sono noti. Come la riconosciuta necessità di aumentare le risorse umane (magistrati, giuristi, amministrativi) e di risolvere gli aspetti logistici. Senza dimenticare «l’indipendenza finanziaria e quella organizzativa della magistratura per quel che attiene alle nomine di competenza delle autorità giudiziarie». Sono peraltro pendenti atti parlamentari che chiedono di cambiare la procedura di elezione dei procuratori o che propongono, come quello targato Plr, la reintroduzione della figura del sostituto procuratore pubblico. Adesso però è giunto il momento di fare una sintesi e di stilare un elenco delle priorità. Anche se, avverte il responsabile della ‘Giustizia e diritti’, «non basteranno delle misure puntuali: la giustizia merita una riforma a trecentosessanta gradi, che coinvolga nella sua elaborazione tutti e tre i poteri dello Stato». Il pensiero corre a ‘Giustizia 2018’, il progetto di riforma avviato anni fa dal Dipartimento istituzioni e poi arenatosi...
L’incontro fra i giornalisti e Dadò avviene al termine delle ultime due audizioni commissionali prima della pausa estiva dei lavori parlamentari. La prima è del giudice Damiano Bozzini in merito al rendiconto (2023) da lui redatto quand’era ancora presidente del Tribunale d’appello. Quest’ultimo “è regolarmente costretto a rivendicare il rispetto del proprio spazio di autonomia nei confronti della Divisione della giustizia”, ha scritto fra l’altro con riferimento alle nomine di competenza del Tribunale, competenza attribuitagli dalla Legge sull’ordinamento degli impiegati dello Stato e dei docenti (Lord). Davanti alla ‘Giustizia e diritti’ Bozzini ha ribadito ciò che ha sostenuto nella recente relazione e auspicato al riguardo un chiarimento a livello legislativo delle competenze delle autorità giudiziarie, dei servizi generali del Cantone e del Dipartimento istituzioni.
Dopo aver ascoltato Bozzini, la commissione parlamentare ha sentito il nuovo presidente del Tribunale d’appello Giovan Maria Tattarletti e i colleghi giudici Antonio Fiscalini e Matteo Cassina, alla testa rispettivamente della Sezione di diritto civile e di quella di diritto pubblico dello stesso Tribunale. Tutti e tre i magistrati fanno parte della commissione amministrativa della massima autorità giudiziaria cantonale. «Alla commissione abbiamo detto che non vi è alcuna ingerenza della Divisione giustizia nella scelta del personale da parte del Tribunale d’appello, quale autorità di nomina – ai sensi della Lord – dei propri funzionari amministrativi e giuristi, come ad esempio i cancellieri – afferma, da noi interpellato, il giudice Tattarletti –. Ci possono essere sì delle divergenze di vedute, parliamo comunque di pochi casi, sulle condizioni di impiego, come classi e scatti. Divergenze che solitamente rientrano dopo esserci parlati». Aggiunge il presidente del Tribunale d’appello: «L’autonomia delle magistrature nella nomina dei propri funzionari è stata introdotta nella legge, la Lord, oltre dieci anni fa e va senz’altro preservata. Ciò che andrebbe precisato sul piano legislativo è semmai la possibilità per lo Stato di adire un’autorità di ricorso contro le decisioni delle magistrature, quali autorità di nomina, nel caso in cui il disaccordo circa le condizioni di impiego non dovesse venire altrimenti risolto. Non è invece una soluzione praticabile la proposta governativa, relativa alla modifica della Lord posta in consultazione, di attribuire al Consiglio di Stato la facoltà di emanare un preavviso vincolante sulle decisioni delle magistrature, come autorità di nomina, in ambito di gestione del personale». Nell’incontro con la ‘Giustizia e diritti’ la delegazione della commissione amministrativa del Tribunale d’appello ha inoltre accennato a due noti problemi con i quali è confrontata la magistratura ticinese: la logistica e la carenza d’organico.
Due audizioni non del tutto concordanti (questione ingerenza), ma entrambe contraddistinte «da un dialogo franco», commenta Cristina Maderni, responsabile in seno alla ‘Giustizia e diritti’ della sottocommissione ‘Ministero pubblico’. «Mi aspetto che per noi come commissione sia chiaro come e su cosa poterci muovere – indica la socialista Daria Lepori –. Si tratterà di stabilire una chiara tabella di marcia in modo da capire a quali temi dare la priorità, tenendo conto naturalmente delle nostre competenze». Per Lepori l’obiettivo è di «redigere in commissione qualche atto parlamentare oppure riuscire a portare finalmente in aula degli atti già pendenti. Uno scopo modesto perché è inutile partire dicendo che risolveremo tutti i problemi della giustizia».
Richiamando anche le audizioni delle scorse settimane, la granconsigliera sottolinea come questi incontri siano «in linea, vale a dire che tutti segnalano i problemi che affliggono la magistratura». Oggi in particolare, osserva Lepori, «il giudice Bozzini ha posto l’accento sulla presunta mancanza di autonomia del Tribunale d’appello nella nomina dei propri funzionari, autonomia che per legge c’è ma che poi di fatto svanirebbe. Penso al nullaosta da parte della Divisione giustizia per ogni assunzione, ciò che è in contrasto con la legge». Dal rapporto del Consiglio della magistratura «emerge chiaramente dove sia necessario rafforzare la giustizia. Tutti i temi sono però legati: anche se dovessimo decidere di dare più risorse umane per esempio al Tribunale d’appello, resterebbe comunque il problema logistico essendo gli spazi già ora sovraoccupati».