L'ex presidente del Tribunale d'appello: ‘Costretti a rivendicare la nostra autonomia nelle nomine dei funzionari’. Il Dipartimento: niente ingerenze
“Una razionale gestione del personale, attenta ai diritti dei dipendenti, rispettosa delle norme e nel contempo in grado di razionalizzare e valorizzare le risorse umane disponibili, anche in un’ottica di contenimento della spesa, esige un riconoscimento pieno del ruolo di autorità di nomina del Tribunale”. Primo affondo. Sì, perché non è l’unica bordata nell’attesa relazione del giudice Damiano Bozzini, pubblicata oggi sul sito online del Cantone. Firmando il rapporto sull’attività 2023 della massima istanza giudiziaria ticinese, l’ultimo rendiconto stilato come presidente del Tribunale d’appello, il magistrato esplicita, nero su bianco, quanto aveva detto lunedì 3 a Lugano intervenendo alla cerimonia di apertura dell’anno giudiziario 2024-2025. In quell’occasione Bozzini aveva accennato a un tema da lui definito “scottante”. E cioè “l’esigenza di difendere l’indipendenza della magistratura e di concretizzare il dettame costituzionale che impone la separazione dei poteri dello Stato”. E aggiungeva: “Con particolare riferimento ai rapporti tra Magistratura e Amministrazione cantonale, credo profondamente nella collaborazione, possibile solo se vi è il rispetto reciproco dei ruoli istituzionali e delle norme applicabili”. Aveva preferito non andare oltre, assicurando però “di esporre i fatti e le mie considerazioni e relative proposte nelle sedi istituzionali preposte e nei modi opportuni".
Nel rendiconto 2023 del Tribunale d’appello appena uscito il magistrato chiarisce dunque il tema “scottante”. Sullo sfondo c’è anzitutto la Lord, la Legge sull’ordinamento degli impiegati dello Stato e dei docenti, che riconosce il Tribunale di appello quale autorità di nomina dei propri funzionari amministrativi e giuristi (i magistrati vengono invece designati dal Gran Consiglio). Scrive il (l’ex) presidente del Tribunale d’appello: “Va premesso che la collaborazione, nel pieno rispetto dei rispettivi ruoli, con i preposti servizi della Sezione delle risorse umane (Dipartimento delle finanze e dell’economia) non presenta particolari problemi”. Il Tribunale, continua Bozzini, “è per contro regolarmente costretto a rivendicare il rispetto del proprio spazio di autonomia nei confronti della Divisione della giustizia (Dipartimento delle istituzioni)”. E ancora: “Senza peraltro disporre di una specifica base legale, la Divisione si ritiene in diritto di subordinare le decisioni sul personale a propri obiettivi o desideri, spesso in contrasto con quelli del Tribunale o, in alcuni casi, addirittura in violazione delle norme applicabili”. Cosa che “comporta crescenti difficoltà, ritardi e un uso irrazionale delle risorse”, avverte Bozzini.
Ed evidenzia: “Questa rivendicazione di un ruolo preminente quale Divisione giustizia si è viepiù manifestata negli anni e, a fronte di legittime rivendicazioni di autonomia decisionale delle magistrature, si è concretizzata nel recente progetto di modifica della Lord, messo in circolazione dal Dipartimento delle istituzioni”. Ebbene: “Come rilevato nelle relative risposte alla consultazione, questa riforma vorrebbe codificare un sistema che priverebbe di fatto le magistrature delle loro competenze quali autorità di nomina, trasformandole in mere esecutrici di decisioni dell’Amministrazione, in chiara violazione del principio di separazione dei poteri”. E allora, annota il giudice, “in virtù di tale principio costituzionale e nel rispetto della chiara scelta operata dal Legislatore con la revisione della Lord, che ha voluto attribuire dal 1° agosto 2013 la funzione di autorità di nomina alle magistrature, si rende pertanto urgente un chiarimento a livello di governo cantonale, subordinatamente una chiara codificazione delle competenze residue dell’Amministrazione (e dei ruoli della Sezione delle risorse umane, rispettivamente della Divisione della giustizia) da parte del parlamento. I rapporti improntati alla collaborazione non possono infatti prescindere dal rispetto dei ruoli, delle competenze e del quadro giuridico”.
La replica dal Dipartimento istituzioni della direttrice della Divisione giustizia è sul piccato andante. «Prima di tutto – afferma Frida Andreotti – sono sorpresa dalle modalità e dai toni scelti dall’ex presidente del Tribunale d’appello per comunicare, solo ora, il suo disappunto verso il lavoro della Divisione. Solo ora, poiché nel rapporto 2023 del Consiglio della magistratura, questa relazione del giudice Bozzini non figura. Alla fine della recente cerimonia di apertura dell’anno giudiziario gli avevo chiesto un incontro alla luce del suo discorso, ma me lo ha negato. Nell’ultimo anno in particolare il dialogo tra lui e la Divisione è mancato, ad ogni modo sono contenta che il dialogo sia partito subito e in maniera costruttiva con il nuovo presidente del Tribunale d’appello, il giudice Giovan Maria Tattarletti».
Eppure le considerazioni di Bozzini su indipendenza e autonomia della magistratura fanno pensare a rapporti piuttosto tesi tra autorità giudiziarie e Dipartimento istituzioni… «È il parere di un magistrato che non rappresenta gli altri centocinquantotto magistrati – taglia corto la responsabile della Divisione –. La sua è una valutazione dei rapporti che deriva da un caso puntuale, ossia dalla promozione di un funzionario del suo segretariato in una funzione non giustificata: alla fine, dietro nostro intervento, la decisione è stata rivista correttamente». La Lord, rileva Andreotti, «stabilisce che le magistrature sono indipendenti nelle nomine e dunque nelle assunzioni dei funzionari, tuttavia la legge dice anche che le magistrature devono attenersi alla direttive e ai regolamenti emanati dal Consiglio di Stato per quanto riguarda la gestione del personale. Come Divisione non imponiamo nulla alle autorità giudiziarie nella scelta dei loro funzionari, non scriviamo noi le sentenze, ma avendo noi il coordinamento amministrativo della magistratura controlliamo che venga rispettata la parità di trattamento dei dipendenti dello Stato. Anche questo significa rispetto dei ruoli». E la revisione della Lord menzionata da Bozzini? «In base ai pareri emersi dalla consultazione, vedremo come muoverci», sostiene Andreotti, secondo la quale «si vuole scatenare una tempesta in un bicchier d’acqua».
Sarà. Intanto, fa sapere il presidente della commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’ Fiorenzo Dadò (Centro), «il rendiconto 2023 del Tribunale d’appello allestito da Bozzini è già inserito fra gli argomenti che tratteremo nell’incontro di lunedì con il governo». Dopo l’audizione del Consiglio della magistratura, la commissione si appresta dunque a sentire il Consiglio di Stato. «Il tema che il giudice Bozzini solleva non credo proprio che sia riconducibile a un fatto puntuale, purtroppo è un tema sollevato da più parti, da più persone. Come dire che certi nodi nei rapporti problematici fra magistratura e Dipartimento istituzioni stanno venendo al pettine». La volontà della commissione, prosegue Dadò, «è di contribuire a risolvere, in tempi celeri, determinate urgenze legate alla giustizia. Tant’è che nella sua relazione Bozzini riferisce anche di altre questioni».
Per il giudice, infatti, “si rende necessario riesaminare l’adeguatezza dell’attuale organico” del Tribunale, occorrono pertanto “potenziamenti mirati”. Sul piano logistico, la Corte d’appello e revisione penale, per esempio, “è costretta a organizzare udienze con soluzioni improvvisate e inadeguate”.