Procedimenti civili e tecnologia. Consiglio di Stato e Ordine degli avvocati perplessi sul progetto di ordinanza allestito dall’Esecutivo federale
Udienze giudiziarie possibili anche in videoconferenza. È una delle novità contemplate dalla revisione del Codice di procedura civile varata dal parlamento federale nel 2023 e in vigore dal prossimo anno. Tuttavia il progetto di ordinanza messo a punto da Berna per concretizzare “l’impiego di videoconferenze e teleconferenze nei procedimenti civili” – ovvero il testo normativo che fissa “le condizioni tecniche e i requisiti in materia di protezione e sicurezza dei dati”, come spiegava il Consiglio federale nel comunicare in febbraio l’avvio della consultazione sul documento – andrebbe rivisto, secondo il governo ticinese. E questo, chiarisce il Consiglio di Stato, pur condividendo “il principio della codificazione di norme prevedenti l’utilizzo di strumenti elettronici di trasmissione audiovisiva nei procedimenti civili”. Per Bellinzona, insomma, vi sarebbero nell’ordinanza “aspetti importanti” da riconsiderare, da approfondire. Sulla stessa lunghezza d’onda l’Ordine ticinese degli avvocati, che questo pomeriggio ha tenuto a Bellinzona la propria assemblea.
Sono fondamentalmente due gli articoli del rivisto Codice di procedura civile che permettono il ricorso alle udienze in remoto. Il 141a e il 141b. Il 141a afferma al primo capoverso che il giudice “può, su richiesta o d’ufficio, compiere atti processuali orali mediante strumenti elettronici di trasmissione audiovisiva, segnatamente mediante videoconferenza, o permettere alle persone che partecipano al procedimento di farlo mediante tali strumenti, sempre che la legge non disponga altrimenti e che tutte le parti vi acconsentano”. Secondo capoverso: “In quanto il presente Codice esiga la comparizione personale delle parti, l’impiego degli strumenti elettronici è ammesso soltanto se queste vi acconsentono e preponderanti interessi pubblici o privati non vi si oppongono”. Terzo: “In quanto il presente Codice preveda che un’udienza è pubblica, il giudice deve consentire a chi ne fa richiesta di seguirla in loco. Può anche consentire di seguirla mediante strumenti elettronici senza previa richiesta”.
Passiamo al 141b. Primo capoverso: “L’impiego degli strumenti elettronici di trasmissione audiovisiva è ammesso soltanto se: a. il suono e l’immagine pervengono simultaneamente a tutti i partecipanti all’atto processuale; b. gli esami testimoniali, l’interrogatorio e le deposizioni delle parti e l’audizione di altre persone sono registrati, fermo restando che negli altri casi l’udienza può eccezionalmente essere registrata su richiesta o d’ufficio in quanto non serva esclusivamente a esporre liberamente l’oggetto litigioso o a tentare un’intesa tra le parti; e c. sono garantite la protezione e la sicurezza dei dati”. Secondo capoverso: “Con il consenso dei diretti interessati, si può eccezionalmente rinunciare alla trasmissione dell’immagine se un’urgenza particolare o altre circostanze speciali del caso specifico lo esigono”. Terzo: “Il Consiglio federale disciplina le condizioni tecniche e i requisiti in materia di protezione e sicurezza dei dati”. Da qui il progetto di ordinanza. La consultazione, a livello nazionale, si è chiusa di recente.
Prendendo posizione, all’indirizzo del Dipartimento federale di giustizia e polizia, sull’ordinanza proposta, il Consiglio di Stato afferma tra l’altro che il progetto “si limita a stabilire che i partecipanti devono registrarsi ‘individualmente’ e che il tribunale deve garantire che solo le persone autorizzate partecipino al procedimento” da remoto. Tale requisito “è limitato, a nostro avviso: la procedura di autenticazione dovrebbe essere adattata in base al tipo di procedimento (udienza pubblica, interrogatorio delle parti o dei testimoni in via confidenziale) e al ruolo dei partecipanti (giudice, parte, testimone, osservatore ecc.)”. Per il governo ticinese “è inoltre importante valutare quanto siano sensibili le informazioni elaborate nei procedimenti e quanto sia affidabile l’identificazione dei partecipanti”. Di più: “Non è altresì dato a capire come il tribunale potrà fugare i dubbi sull’identità dei partecipanti alle udienze online, soprattutto a fronte degli sviluppi attuali nell’area dei cosiddetti ‘Deep Fake’ (false identità)”. Il Consiglio di Stato suggerisce pertanto di introdurre “dei requisiti chiari per un’autenticazione sicura e differenziata in base al ruolo dei partecipanti alla procedura”.
«È un’ordinanza estremamente lacunosa», sostiene il presidente dell’Ordine ticinese degli avvocati Andrea Lenzin, incontrando la stampa prima dell’assemblea dell’Oati. «Il nuovo Codice di procedura civile − ricorda − ha introdotto la possibilità delle udienze in forma telematica, ma non ha previsto delle deroghe a livello di garanzie processuali». Questo significa che «le stesse garanzie che ci sono nelle udienze in presenza devono esserci anche in modalità telematica». Per far capire il problema l’avvocato Lenzin porta un esempio: «Se nel corso di un’udienza in presenza il pretore vede che tre testimoni sono seduti insieme nella stessa aula e mentre uno viene interrogato gli altri due ascoltano, il giudice interviene. Per scongiurare lo stesso pericolo con la forma telematica − prosegue Lenzin − il pretore deve avere una percezione chiara di quello che sta succedendo nell’ambiente dove si trova il testimone. Deve poter avere una visione iniziale del locale, di chi si trova al suo interno e deve osservare durante tutto l’incontro, senza che il collegamento video venga interrotto, la porta d’entrata per controllare che nessuno entri o esca». Aspetti pratici che però il progetto di ordinanza non prenderebbe in considerazione. In sintesi, rileva il presidente dell’Oati, «questo testo pone l’obiettivo ma non dà lo strumento per raggiungerlo». E i rischi non mancano, «tutta la procedura potrebbe venire invalidata. È già successo in Inghilterra dove a distanza di mesi si è scoperto che a un testimone venivano suggerite delle cose durante l’udienza ed è stato annullato tutto quanto fatto in seguito. Personalmente − continua Lenzin − ritengo imprescindibile la presenza fisica per sentire un teste. Anche per percepire una serie di elementi, come il linguaggio del corpo o gli sguardi. Aspetti che in forma telematica rischiano di sfuggire».
Un altro aspetto dell’ordinanza che secondo l’Ordine degli avvocati non è regolamentato in modo chiaro è quello della protezione dei dati. «Anche qui − ribadisce Lenzin − viene posto l’obiettivo ma poi come questo possa essere raggiunto non viene spiegato. Un esempio: le udienze civili sono pubbliche, l’ordinanza quindi prevede che debba essere data la possibilità al pubblico di collegarsi. Se però viene data questa possibilità e la persona che assiste all’udienza riprende quello che si vede sul video, cosa vietata, c’è allora un problema».