Pedrini: ‘Servono indennizzi uguali in tutte le regioni del Ticino. Al momento non è così e bisogna correggere la differenza’
La convivenza tra contadini e ungulati – soprattutto cinghiali, cervi e caprioli – sta diventando sempre più problematica in Ticino. Anzi, «disastrosa». A sollevare il tema è Omar Pedrini, presidente dell’Unione contadini ticinesi (Uct), che in occasione della Camera cantonale dell’agricoltura ha evidenziato come le soluzioni messe in atto finora non abbiano dato i risultati sperati. «La situazione rispetto agli scorsi anni è sicuramente peggiorata. Il numero di cervi e cinghiali è in aumento e quindi di conseguenza anche i danni che provocano», afferma Pedrini a ‘laRegione’. «Lo scorso anno il Cantone ha permesso una sessione di caccia estiva al cinghiale che sicuramente ha aiutato a contenere il numero di esemplari, ma non è bastata».
Capitolo cervi: «Stanno diventando sempre più stanziali. Si sono creati gruppi sempre più grossi che si spostano poco e generano problemi nel territorio dove si trovano». A cominciare da campi di foraggio, danneggiati in quantità e qualità. «In alcune regioni si arriva ad avere frequentemente fino al cinquanta per cento del terreno danneggiato. È una percentuale davvero significativa». E dopo i danni, arrivano gli indennizzi. Anche qui però, segnala il presidente dell’Uct, c’è qualcosa che al momento non funziona. «Il sistema di indennizzo ad oggi non è lineare, si sta lavorando per correggerlo». I contadini ticinesi, infatti, si vedono riconoscere un compenso per i danni subiti che varia in base alla regione nella quale si trovano i loro terreni e coltivazioni. «Si tratta di differenze anche sostanziali. Un esempio: le aziende di montagna hanno diritto a un indennizzo solo se a essere colpito è un campo che viene falciato per ottenere del fieno. I terreni utilizzati per il pascolo non hanno diritto a un rimborso. Eppure – spiega Pedrini –, se toccati da ungulati questi campi vedono calare la possibilità di essere sfruttati per il bestiame. Si tratta a tutti gli effetti di un danno per il contadino, che può avere difficoltà a seguire un determinato programma di politica agricola». Insomma, «non si può pensare di fare dei risparmi in questo ambito».
La palla è quindi soprattutto nelle mani della politica. «Bisogna rendersi conto che se si vuole mantenere un determinato numero di ungulati e un certo tipo di agricoltura, che si fa anche carico del compito di garantire la cura del paesaggio, bisogna essere conseguenti. Non è un discorso da ‘piangina’ – sottolinea Pedrini –. Chiediamo solo che venga riconosciuto il giusto, in tutte le regioni del Ticino».
Una delle soluzioni sul tavolo, secondo alcuni, è quella di recintare campi e coltivazioni. «È facile a dirsi, meno a farsi», risponde il presidente dell’Uct. «Si tratta di un lavoro enorme, che spesso la popolazione non vede di buon occhio perché deturpa il paesaggio. C’è poi il rischio che un animale resti incastrato creando ancora più problemi. Insomma – conclude Pedrini – non è questa la soluzione per permettere ai contadini di continuare a garantire un prodotto locale di qualità».
La Camera cantonale dell’agricoltura, riunita negli scorsi giorni, ha anche approvato all’unanimità una risoluzione, che sarà inviata a Consiglio di Stato e Comuni ticinesi, per chiedere maggiore flessibilità e comprensione per quanto riguarda i lavori nei giorni festivi o al mattino e alla sera. La proposta è arrivata da parte della Federviti cantonale e dell’Interprofessione della vite e del vino.
“Sembra un’ovvietà – si legge nel comunicato –, ma le forti piogge dell’ultima settimana hanno purtroppo mostrato per l’ennesima volta come le finestre di bel tempo sono al di fuori del controllo umano e serve una maggiore consapevolezza da parte della popolazione sulla necessità di lavori agricoli in momenti sensibili”. Questo perché, è stato spiegato, un trattamento tempestivo previene importanti perdite economiche e riduce il numero dei trattamenti successivi necessari.