I due copresidenti presentano il programma per i prossimi quattro anni. Dal rapporto coi Verdi a un possibile spazio social-liberale. E le priorità
“Vogliamo consegnare al congresso 2028, al termine di un secondo e ultimo mandato, un partito in salute, uscito dalle elezioni cantonali, federali e comunali con il segno +, invertendo così una traiettoria assunta dal Ps da ormai molti anni”. I copresidenti del Partito socialista Laura Riget e Fabrizio Sirica, a tre settimane dal congresso che li separa da una scontata riconferma, lanciano la volata – che molto probabilmente sarà corsa in solitaria – presentando la propria piattaforma programmatica. Nessuna autoassoluzione, anche perché i risultati non entusiasmanti sono lì da vedere e spesso citati nelle 19 pagine fitte di testo. Ma tanta voglia di rimettersi in gioco, partendo dal fatto che “siamo i primi a dire che quel che portiamo oggi al congresso in termini elettorali non è per nulla soddisfacente, ma pensiamo che il grande lavoro svolto finora potrà portare presto i suoi risultati”.
Guardando al futuro, il primo punto di domanda di cronisti e osservatori è il futuro dell'alleanza rossoverde. Sbandierata come grande novità e futuro Sol dell'avvenire, alle urne non ha dato gli esiti sperati. Ma la porta non è chiusa ai Verdi, anzi. “Non tutto è andato per il meglio, l'abbiamo riconosciuto – scrivono Riget e Sirica –. A livello elettorale i risultati sono stati deludenti, ma riteniamo che sia più dovuto alla congiuntura che all'alleanza”. In altre parole: “Non abbiamo la controprova, non pensiamo che i risultati sarebbero stati migliori se ci fossimo presentati separati, anzi. Alcuni aspetti – mettono nero su bianco i copresidenti – saranno sicuramente da chiarire e da migliorare, ci siamo detti, ma con la convinzione di voler continuare e con la consapevolezza che soprattutto all'inizio di un così delicato processo di alleanza, c’è sempre qualcosa da apprendere”.
E cosa si è appreso, in questa fase iniziale? “Il fissare gli obiettivi e gli strumenti per migliorare quest'alleanza, che non ci porti a essere un partito unico (concordiamo entrambi che non è questo l'obiettivo) ma due pilastri di un'area politica con valori comuni, che con le proprie differenze nell'unità può portare un valore aggiunto”. Va da sé, quindi, che “non è ancora possibile definire nel dettaglio cosa diventerà esattamente questo tanto nominato ‘progetto rossoverde', ma la convinzione che ci ha spinto a intraprendere questo percorso resta forte e, dopo questa prima mitigata esperienza nell'anno elettorale, vogliamo ora rimodellarlo affrontando in maniera trasparente gli aspetti che non hanno funzionato”.
Epperò non di sola intesa coi Verdi vive il progressismo. Per questo, Riget e Sirica immaginano “una casa comune per il progressismo”. Davanti a una destra sempre più destra, “abbiamo cercato di allargare il più possibile il campo sulle specifiche battaglie a sindacati e tutti i partiti di centrosinistra e sinistra. Pensiamo che il nostro ruolo come Ps non sia solo quello di tentare di escludere e fagocitare, mettendoci da soli in prima fila, ma di coordinare e allargare a tutte le forze, con però un chiaro lead organizzativo e politico a nostra disposizione”. Con un occhio rivolto sia al Forum Alternativo, “che potrebbe portare un grande contributo nella concretizzazione di questa visione”, sia a uno “spazio social-liberale”. Perché, vergano Riget e Sirica, “nella casa del Ps ci deve essere assolutamente spazio anche per altre sensibilità. Un'evidenza che emerge dall'analisi del quadro politico ticinese è come vi sia uno spazio non coperto nell'area di centrosinistra. La polarizzazione dei partiti denota uno spostamento a destra del Partito liberale radicale (si sprecano e qui evitiamo battute come quella del Pl(r) senza più la r)”. Una componente “pragmatica e social-liberale può avere oggi una sua importante funzione equilibratrice”.
Malignando si potrebbe chiedere: dopo il ‘trattamento’ riservato ad Amalia Mirante, che questa anima social-liberale l'incarnava con assoluta determinazione? La risposta arriva dallo stesso programma che, senza citarla per nome e cognome, parla di “un'autocandidatura in diretta televisiva al Consiglio di Stato di una nostra iscritta, che ha cercato qualsiasi spiraglio per ottenerla, che ha portato i media a parlare per mesi solo di questo e alla fine ha comprensibilmente causato un contraccolpo elettorale”. Amen.
Il programma, infine, è chiaro nella sua complessa semplicità: far arrivare la gente a fine mese. Agendo, quindi, “su salari e rendite, costi della salute e spese per l'alloggio”. Con la madre di tutte le battaglie: “Il salario minimo sociale, la cui realizzazione avrebbe un indiscusso impatto concreto sulla fine del mese di migliaia di lavoratori (anche residenti) e contrasterebbe il fenomeno del working-poor”. Con una pietra d'angolo: “Sotto le soglie delle prestazioni sociali non è lavoro, è sfruttamento”.
Nessun accenno per contro alle tre mozioni di Adriano Venuti, fino a un mese fa vicepresidente del Ps. Raggiunta dalla ‘Regione’ la copresidente socialista Laura Riget condivide alcuni punti evidenziati da Venuti, tra cui l’idea di concretizzare una “piattaforma rossoverde per un confronto costante”: «Con i Verdi – afferma Riget – non vogliamo avere una collaborazione esclusivamente elettorale, ma anzi unire le forze per affrontare le emergenze della nostra generazione: dalla crisi climatica, all’aumento delle disuguaglianze, fino al mercato del lavoro precario». Non solo. «Sono inoltre aperta – prosegue – alla questione del voto segreto. È vero che l’elezione della presidenza è un momento importante, ragione per cui, anche se non dovessero esserci altre candidature, un voto più formale rispetto a un’acclamazione può essere interessante».
Due i punti sui quali Riget non concorda. «In primis – puntualizza – il fatto che come Ps non saremmo stati presenti nelle mobilitazioni degli scorsi mesi. Mobilitazioni ovviamente molto ampie in relazione alle quali si è formato il comitato ‘Stop ai tagli’ composto da tutti i partiti progressisti, tutte le sigle sindacali e varie associazioni. Non è stato un lavoro solo del Ps, ma come Ps siamo riusciti a essere presenti in questo comitato portando avanti le mobilitazioni e la raccolta firme sul referendum contro la riforma fiscale». Ma anche. «In secondo luogo – riprende la copresidente – l’insoddisfazione nei confronti dell’operato mio e di Fabrizio Sirica che sarebbe molto diffusa all’interno del partito. Personalmente ho un vissuto diverso». E chiarisce: «Qualche settimana fa si è tenuto un comitato cantonale a porte chiuse, proprio per consentire alla base di esprimersi schiettamente, valutando l’opportunità che io e Fabrizio continuassimo a lavorare per altri quattro anni. Ci sono state voci critiche, è vero, ma singole. Insieme a osservazioni critiche su aspetti puntuali non è mancato tanto sostegno. Una domanda che mi pongo è: se fosse vero tutto questo malcontento, allora perché fino a oggi nessun altro si è candidato?».