Avanti con Ticino&Lavoro presenta 14 mozioni per agire su condizioni quadro, disoccupati, apprendisti e sopperire alla mancanza di personale qualificato
Avanti con mozioni e lavoro. Sono 14 gli atti parlamentari che ha presentato oggi il movimento di Amalia Mirante, tutti finalizzati a creare «un nuovo patto sociale per il Ticino». Un nuovo patto che parta «da un reddito da lavoro dignitoso, perché è innegabile che la situazione presenta difficoltà particolari da risolvere». E quindi via alla rumba, con 14 mozioni – si diceva – «frutto di lunghe riflessioni e analisi» ma soprattutto «aperte a tutti i partiti che vogliano leggerle e sottoscriverle, più saremo a parlare di lavoro più potremo provare a risolvere i problemi».
Divise in quattro ambiti, le mozioni di Avanti con Ticino&lavoro propongono varie modifiche legislative suddivise in aree tematiche: condizioni quadro, chi si forma per lavorare, la mancanza di personale qualificato e chi il lavoro non l'ha più: i disoccupati.
La premessa è, sebbene lunga, d'obbligo. Lo afferma in entrata Amalia Mirante, sottolineando come «il divario tra i salari svizzeri e ticinesi aumenta, e la situazione è in peggioramento a differenza di quanto si cerca di camuffare: anche togliendo i salari dei frontalieri dalla statistica. Assistiamo a una riduzione costante del salario dei residenti e dei lavoratori qualificati, ora il dumping tocca tutta l'economia, non solo i posti meno qualificati». Con conseguenze occupazionali che sono lì da vedere, dal momento che «tra 2002 e 2022 la quota dei lavoratori frontalieri è drasticamente aumentata, mentre quella degli svizzeri occupati si è ridotta – continua Mirante –. Non a caso, il saldo migratorio degli svizzeri tra 20 e 39 anni, dal 1992 al 2022, vede -11mila persone». Il tutto si traduce, va da sé, «anche in un impoverimento delle finanze pubbliche». Nel senso che «meno si guadagna, meno si contribuisce fiscalmente, più il bisogno di socialità aumenta. Il Ticino ha degli strumenti di sicurezza sociale importantissimi, nessuno li discute, ma hanno un costo. E derivano dai problemi del mercato del lavoro. Ma non si scappa, le finanze in ordine sono alla base di ogni politica sociale».
Per Mirante, «il lavoro non ha ancora la giusta rilevanza nei dibattiti e nell'azione politica. Speriamo che questi nostri spunti di riflessione vengano colti: non abbiamo l'ambizione di risolvere noi i problemi del Ticino, ma il desiderio che questo tema torni a essere davvero di attualità». E come? Con un caposaldo: «Stato ed economia lavorino insieme».
Ciò detto, via con le mozioni, snocciolate e descritte una per una. Si parte con la perequazione intercantonale «che va rivista, bisogna dare un mandato a un istituto esterno per analizzarla nel suo insieme: serve avere un quadro completo che vada oltre l'incidenza del reddito dei frontalieri, per poi far lavorare e agire la politica», afferma la deputata di Avanti. Con Evaristo Roncelli che, a ruota, scandisce come «non siamo a chiedere l'elemosina, ma di rinegoziare le condizioni: non esistono cantoni di serie A e B, è in gioco la coesione nazionale». Si continua con la richiesta di incrementare i posti pubblici e parapubblici federali, «perché in Ticino potrebbero essere molti di più, mettendo in relazione il peso dell'italianità» e di incrementare anche quelli «privati di aziende con sede in Svizzera, valorizzando con facilitazioni quelle che rispettano degli indicatori per lo sviluppo cantonale che chiediamo di fissare: suggeriamo siano i buoni salari, la formazione degli apprendisti, la formazione continua e tutte le altre condizioni di lavoro che esulano dal salario».
Roncelli, dal canto suo, rileva che «il lavoro a tempo pieno è disincentivato, se uno passa dal 60 al 100% non può lavorare molto di più per guadagnare poco di più vista la progressività delle aliquote: lo Stato riveda i parametri, chi si impegna deve essere premiato».
Sempre il granconsigliere di Avanti con Ticino&Lavoro insiste su una «strategia cantonale per valorizzare il sistema duale» e sul «farsi promotori di reti di aziende formatrici. Quelle più piccole chiaramente non possono formare, ma esistono soluzioni: il Cantone si attivi, promuovendo l'apprendistato con un formatore interaziendale che si occupa, appunto, della formazione». In più, nelle realtà formativo-professionali «serve spingere il Cantone a riprendere e far proprie le conclusioni dello studio della Sefri sull'orientamento professionale del futuro: ci sono direttive, raccomandazioni... a che punto siamo? Che si sta facendo per metterle in pratica?».
La parola torna a Mirante nell'illustrare la richiesta di «istituire un fondo pubblico-privato per sopperire alla mancanza di manodopera qualificata, c’è un disallineamento tra quanto richiede il mercato del lavoro e quanto mettiamo a disposizione. C’è anche un problema di finanziamento nell'accompagnare o creare queste formazioni, che richiedono determinate qualifiche. Il pubblico può fare tanto, ma – insiste Mirante – anche il privato: nel 2024 la collaborazione deve essere più forte, e dico di più. Deve essere una collaborazione tra pari».
Il deputato Giovanni Albertini spiega, invece, gli atti destinati ad aiutare i disoccupati. Partendo «dalla creazione degli Uffici cantonali di reinserimento professionale, da affiancare agli Urc già presenti con l'obiettivo di reinserire i disoccupati ma smarcandosi dalla Legge federale da cui dipendono gli Urc e facendo più collocamento attivo». I servizi di collocamento, inoltre, «devono essere più ‘smart’, più tecnologici, semplici e con una digitalizzazione innovativa e strategica – prosegue Albertini –. Il contatto tra le parti deve essere più immediato». Altre proposte? Eccole: «Promuovere seriamente la pratica professionale, soprattutto per quanto riguarda i neo diplomati durante i 120 giorni di attesa per accedere al diritto alle indennità», ma tirando dentro anche l'economia. Nel discorso paritario di cui sopra, «le associazioni di categoria siano più chiare nell'indicare il fabbisogno di posti di lavoro che potrebbero venire a crearsi negli anni a venire, in modo da promuovere le riqualifiche e sapersi orientare». Infine, «vanno sostenuti maggiormente i 58/59enni che perdono il lavoro, favorendo il loro reinserimento».
Insomma, l'umore di Avanti con Ticino&Lavoro è alle stelle, con pure gli applausi di alcuni militanti ed eletti nei Comuni presenti. Ma le nuvole scure e cariche di pioggia nel cielo luganese durante la conferenza stampa sono nere quanto quelle del mercato del lavoro. Roncelli non usa mezze parole: «Il nostro modello economico è un Titanic che punta verso un iceberg, se vogliamo che per le future generazioni ci siano delle opportunità c'è bisogno di una bella suonata di campanella che svegli tutti quanti».