Vacanze o esonero dalle lezioni anche per le ricorrenze fondamentali di fedi non cristiane? L'opinione del Decs e il punto di vista ebraico e islamico
Secondo il calendario religioso islamico cade oggi, il 10 aprile, la data in cui il mondo musulmano celebra Eid el Fitr, ovvero la festa per la fine del Ramadan, il mese di digiuno e preghiera che ogni musulmano è tenuto a osservare. Un periodo che in tutto il mondo coinvolge milioni di persone, confrontate, durante il mese sacro, con un cambiamento importante delle abitudini quotidiane legate all'astensione dai pasti dall'alba al tramonto.
Nei giorni scorsi in Italia a far discutere è stata l'iniziativa di un istituto scolastico di Pioltello, nel Milanese, che ha deciso di concedere un giorno di vacanza agli studenti in questa data. Una decisione che, come chiarito dai dirigenti scolastici, muove da motivazioni non tanto religiose, quanto didattiche legate al contesto socioeconomico locale: il 43% degli allievi dell'istituto scolastico, infatti, fra scuola materna, elementare e media proviene da famiglie di religione islamica. Accadeva dunque, negli anni scorsi, che per la festa di fine Ramadan si verificassero assenze di massa che compromettevano il regolare svolgimento dell'attività didattica. Da qui la scelta della scuola che, per inciso, non ha aggiunto un giorno di vacanza in più rispetto al calendario scolastico (pur avendone la facoltà secondo le norme italiane), ma ha tolto un giorno dal ponte del 1° maggio per spostarlo al 10 aprile. Una decisione che, come prevedibile, ha suscitato reazioni diverse, fra chi paventa un cedimento rispetto a una presunta islamizzazione dell'Europa e chi, inclusa buona parte del mondo cattolico, sottolinea l'inclusività della scelta.
Una situazione del genere, come spiega Emanuele Berger, coordinatore del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport (Decs), difficilmente potrebbe verificarsi, invece, in Ticino: «Prima di tutto, un istituto scolastico non ha competenze per stabilire modifiche nel calendario scolastico: dunque fissare un giorno di vacanza autonomamente non sarebbe possibile». Né, peraltro, ce ne sarebbe la necessità: come spiega Berger, «non si è finora mai verificata la circostanza di assenze importanti legate a festività religiose». Ciò anche in considerazione del fatto che, stando alle statistiche sulla popolazione residente dell'Ustat dell'ottobre 2023, in base ai dati del 2021 in Ticino le persone di fede musulmana rappresentano il 2,2% del totale.
Peraltro, al momento in Ticino "non è istituita la possibilità", per gli allievi di religioni non cattoliche, ad esempio musulmani ed ebrei, di essere esentati dalla frequenza delle lezioni in occasione delle festività proprie delle loro confessioni. La questione non sembra essere all'ordine del giorno: «Il tema di eventuali giorni di vacanza in occasione di festività religiose non previste attualmente dal calendario scolastico non è sinora stato affrontato in modo sistematico», chiarisce il nostro interlocutore. In definitiva, dunque, come viene gestita la varietà di fedi religiose all'interno della scuola ticinese? «In generale si promuove il dialogo e la conoscenza reciproca tra le differenti culture, sia nel lavoro quotidiano sia tramite iniziative specifiche sulla diversità e sulla discriminazione. Esigenze specifiche e contingenti dettate da motivi religiosi vengono affrontate caso per caso. Finora non si sono registrate tensioni generalizzate o fenomeni che richiedessero interventi istituzionali. Il Piano di studio della scuola dell’obbligo, dall’anno 2019-2020, prevede in quarta media il corso di storia delle religioni; esso è volto, tra le altre cose, pure a favorire la comprensione reciproca»
Il tema della conciliazione fra festività religiose e frequenza scolastica, peraltro, è vissuto in modo diverso dai fedeli delle due altre grandi religioni monoteistiche oltre al cristianesimo, ovvero l'ebraismo e l'islam. In particolare, esiste una diversità di opinioni riguardo l'opportunità o meno che lo Stato riconosca le ricorrenze fondamentali delle altre religioni al pari di quelle cristiane, istituendo eventuali giorni festivi.
«Bisogna premettere che gli ebrei hanno un precetto che dice esattamente “quando sarai ospite di un paese, ti atterrai esattamente alle sue leggi del paese mantenendo le tue tradizioni” – spiega a laRegione Elio Bollag, storico rappresentante della comunità ebraica ticinese. – Ai tempi in cui frequentavo la scuola io non c’è mai stato nessun problema, anche se andavamo a scuola al sabato: dato che abbiamo un precetto per cui non possiamo trasportare oggetti, c'era sempre qualche amico comprensivo che ci portava la cartella. Oppure, in classe non scrivevamo niente, e ricopiavamo poi da un compagno alla sera. Se c'era da fare un esame, magari, che cadeva al sabato o in qualche festa religiosa ebraica si chiedeva di farlo in un altro giorno. Poi col tempo, ad esempio a Lugano dove c'era una comunità molto osservante, alcune persone mandavano magari i figli in una comunità più grande, dove era più facile osservare i precetti religiosi. In generale, da parte nostra, non riteniamo necessario e non abbiamo mai preteso un cambiamento da questo punto di vista»
A spiegare il punto di vista della comunità islamica, soprattutto per quanto riguarda le questioni sollevate sull'aderenza ai precetti religiosi, specialmente durante il sacro mese del Ramadan, e gli obblighi scolastici per i bambini musulmani, è l'imam Seyed Ali Hosseini, del Centro Imam Ali di Lugano. «È opportuno fare riferimento alla storia di questo argomento. In passato, la questione del digiuno per i bambini fino all'età della pubertà era di competenza delle autorità religiose e degli studiosi di legge islamica, che valutavano attentamente le condizioni fisiche e di salute dei bambini e la loro capacità di osservare il digiuno. Se un bambino fosse risultato troppo debole, il medico lo avrebbe esaminato e, se necessario, consigliava di non digiunare. In modo simile, le autorità religiose attuali hanno dichiarato che se uno studente musulmano non è in grado di seguire le lezioni e il digiuno rappresenta una difficoltà per lui, può interromperlo e recuperare in seguito. Pertanto, ci auguriamo che sia riconosciuto il fatto che il digiuno non sia solo un dovere religioso, ma anche un esercizio di resistenza e preparazione contro le tentazioni e le difficoltà. Di conseguenza, dal nostro punto di vista, l'assenza dalla scuola per digiunare non è una scusa valida. In altre parole, ci aspettiamo che le pratiche religiose come il digiuno durante il sacro mese di Ramadan abbiano un impatto positivo sul contesto educativo della scuola e che non vi sia alcuna contraddizione tra i due settori».
La questione, dunque, dell'esenzione dalle lezioni per motivi religiosi, sostanzialmente non si pone per i ragazzi di fede islamica. «Insegniamo ai nostri figli che il mese del Ramadan e il digiuno sono un esercizio per dominare meglio i nostri bisogni e aumentare la pazienza e la sopportazione – spiega l'imam Hosseini –. In questo mese impariamo a resistere anche di fronte ai bisogni fisici più urgenti e fondamentali. Possiamo controllare i desideri futili e allontanarci dalle parole e dalle azioni cattive. Questo esercizio dovrebbe continuare durante tutto l'anno. Non si tratta solo di sopportare la fame o la sete, ma piuttosto di essere in grado di controllarle quando necessario e soddisfarle in un altro momento. Questo autocontrollo è formativo ed eleva le capacità fisiche e spirituali dell'essere umano».
Riguardo al ruolo delle scuole nel promuovere la comprensione e il rispetto delle diverse religioni, l'imam osserva che «le scuole possono svolgere un ruolo importante nel promuovere la comprensione e il rispetto delle diverse religioni. Possono farlo attraverso l’inserimento di percorsi didattici interculturali e interreligiosi nei programmi scolastici, l'organizzazione di eventi e attività che favoriscano il dialogo interreligioso tra gli studenti e la sensibilizzazione del corpo docente e del personale scolastico sul tema della diversità religiosa. Queste iniziative possono contribuire a creare un ambiente scolastico inclusivo e rispettoso delle diverse tradizioni religiose presenti nella comunità».
Se, dunque, la frequenza scolastica in sé non è in discussione né per gli ebrei né per i musulmani, diversa è l'opinione sull'istituzione di un giorno festivo anche per le festività di altre fedi diverse da quella cristiana. «È importante estendere questa opportunità anche ad altre religioni – sostiene Hosseini –. Le festività religiose sono un segno di rispetto per le diverse credenze e dovrebbero essere garantite a tutti i membri della società. Se garantiamo le festività cristiane, dobbiamo dimostrare lo stesso rispetto per quelle delle altre religioni. Ciò non solo rafforza l'unità e la coesione della società, ma dimostra anche equità e giustizia nella legislazione. Inoltre, prestare attenzione alle festività di altre fedi può contribuire a promuovere l'interazione tra culture e a preservare la diversità dal punto di vista sociale e culturale».