Gli analisti di Ubs tracciano un bilancio degli scorsi mesi guardando al futuro: ‘Un’importante boccata d’ossigeno per l’economia’
«Fondamentalmente possiamo dire che siamo in una situazione di decrescita, che però non fa temere una recessione». È il bilancio stilato dalla senior credit analyst di Ubs Elena Guglielmin che ha rivolto il suo sguardo verso le ricadute politiche ed economiche della pandemia che continuano a farsi sentire. Per l’analista lo sguardo deve però guardare oltre e mettere a fuoco le sfide future. «Questo sarà finalmente l’anno in cui le banche centrali ridurranno i tassi d’interesse. Un’importante boccata d’ossigeno per l’economia che si tradurrà in una ripresa che si concretizzerà nella seconda parte del 2024 prendendo slancio nel 2025». Sulle prove future si esprime anche Matteo Ramenghi, chief investment officer di Ubs: «Abbiamo davanti una serie di sfide che costano moltissimo denaro. Innanzitutto la deglobalizzazione: purtroppo siamo in un mondo sempre più spaccato in due. Le nostre economie sono poi sempre più vecchie, il che comporta più pensioni da pagare, una spesa sanitaria più elevata e anche un minor potenziale di crescita. C’è però un’accelerazione nell’impiego della tecnologia che può avere un impatto sulla produttività. Digitalizzazione che tuttavia costa. Lo stesso discorso vale per la transizione energetica».
Le ragioni di questo contesto difficile le spiega il direttore regionale di Ubs Ticino Luca Pedrotti. «Le ricadute economiche constatate a seguito degli interventi avvenuti durante la pandemia – illustra – hanno fatto schizzare l’inflazione a livelli che negli ultimi anni non avevamo mai visto. Tutto sommato abbiamo registrato una crescita economica, seppur contenuta, comunque in toni positivi. Ovviamente tutte le politiche fiscali espansive alle quali abbiamo assistito in questi anni hanno creato anche un livello di debito sempre più importante. Livello di debito che ci stiamo portando dietro dal 2008 e che ci accompagnerà nei prossimi anni». Ma Pedrotti guarda avanti: «Il 2024 sarà per Ubs un anno particolarmente significativo perché porteremo avanti l’integrazione di Credit Suisse in modo rapido e determinato».
Sul piano nazionale, spiega Guglielmin, «in Svizzera abbiamo una visione positiva della situazione macroeconomica. Il 2022 è andato relativamente bene. Nel terzo trimestre dell’anno abbiamo visto un aumento del Pil dello 0,3%, però con dei trimestri precedenti statici». L’economia svizzera è dunque cresciuta bene lo scorso anno e ha iniziato a rallentare negli scorsi mesi. Come mai? «Per forza di cose – argomenta Guglielmin –, vale a dire a causa della dipendenza dallo sviluppo a livello macroeconomico europeo». E continua: «La domanda interna in Svizzera è rimasta molto solida. A livello di settore dei consumi e servizi è andata piuttosto bene. Il commercio estero ha invece dato dei segnali di debolezza, fatta eccezione per il farmaceutico. Anche per la Svizzera, nonostante goda di un’economia molto sana, è impensabile non essere soggetta a quelle che sono le influenze della decrescita a livello europeo».
L’inflazione è pero recentemente calata bruscamente. Stando a Guglielmin, «per quest’anno prevediamo una crescita piuttosto bassa del Pil, dello 0,7%, a fronte di una situazione inflattiva che è stata migliore rispetto a quanto prevedessimo. Siamo addirittura scesi sotto al target del 2% della Banca nazionale durante l’estate. Nel 2024 l’inflazione sarà intorno al 2,2».
E a livello globale? «Quest’anno – tratteggia Ramenghi – nonostante le vicende geopolitiche complesse, è andato meglio delle attese. A gennaio gli economisti si aspettavano una recessione per gli Stati Uniti, che invece cresceranno ben più del 2%. Questo nonostante i tassi alti e il fatto che sono un’economia fortemente indebitata, soprattutto nel settore privato. Molti si aspettavano poi una recessione nella zona Euro, che non c’è stata. La Cina invece si pensava potesse fare meglio. Una svolta è stata il crollo dell’inflazione che potrà cambiare la politica della Banca centrale europea».
In tal senso sembrerebbe che le banche centrali siano sul punto di abbassare i tassi d’interesse. «Questi tassi – sostiene Guglielmin – hanno raggiunto il picco. A fronte di una situazione macroeconomica che si sta appesantendo, le banche centrali sono pronte a tagliarli. Ci attendiamo che, con un’inflazione vicina al target e con un’economia europea affaticata dal tasso di riferimento del 4%, è arrivato il momento per le banche centrali di ridurli».