Maggi (Wwf): ‘Questa situazione concorre a creare dei grossissimi problemi di sopravvivenza alla natura. Basta disinformazione intorno a questo tema’
«Un dato preoccupante, ma che purtroppo era atteso». Reagisce così Francesco Maggi, coordinatore del Wwf Svizzera italiana, alla stima comunicata oggi dal Dipartimento del territorio (Dt) secondo la quale nei prossimi cinque-dieci anni i ghiacciai ticinesi potrebbero in buona parte scomparire. Questo lo scenario che si concretizzerebbe, fa sapere il Dt in una nota, “qualora si dovessero prefigurare nuovamente degli anni particolarmente sfavorevoli come il 2022 e il 2023, durante i quali il 10% del volume dei ghiacciai svizzeri è stato perso”. Che gli ultimi anni siano stati particolarmente deleteri per lo stato dei ghiacciai lo conferma anche Maggi: «Durante gli scorsi inverni ci sono state, specialmente a Sud delle Alpi, poche precipitazioni nevose e le estati sono state molto calde. In particolare per chi ha potuto vedere lo stato dei ghiacciai sul posto questa notizia non è stata una sorpresa».
L’importante arretramento dei ghiacciai ticinesi registrato quest’anno è stato causato dal periodo canicolare che ha caratterizzato la seconda metà di agosto, nonché dalle temperature di settembre e ottobre, largamente al di sopra dei valori medi. Nel 2023 il Basòdino è arretrato di 14,8 metri, il ghiacciaio di Valleggia di 28,9, il Vadrecc di Bresciana (Adula) di 23,2 e il ghiacciaio del Corno di 7,4. Per i ghiacciai in cui è stata misurata la perdita di spessore i valori registrati sono mediamente raddoppiati rispetto alle medie pluriennali degli scorsi anni. In particolare per il ghiacciaio di Valleggia è stata stimata una perdita di spessore di 5,28 metri, mentre per quello del Corno di 7,04 metri tra il 2021 e il 2023.
Degli arretramenti non indifferenti insomma. «Sfortunatamente – commenta il coordinatore del Wwf Svizzera italiana – sembra che ci sia una sorta di rassegnazione rispetto a questa problematica. Ognuno ha naturalmente delle priorità contingenti, ci sono le guerre, salgono i costi delle casse malati, mancano posti di lavoro. Si tratta naturalmente di temi altrettanto importanti, ma concentrarsi unicamente su di loro contribuisce a perdere la visione d’insieme a medio-lungo termine. In altre parole, si ha l’impressione che ci sia sempre qualcosa di più importante di cui occuparsi, lasciando però da parte le misure di protezione del clima».
Cosa fare dunque per rallentare il fenomeno? «Esistono – spiega Maggi – dei teli di protezione. Teli però contestati anche da alcune associazioni ambientaliste (questi teloni sono nella maggioranza dei casi costituiti da materiale plastico e le condizioni ambientali che contraddistinguono i ghiacciai portano alla loro usura dopo pochi anni, ndr). A mio modo di vedere sono dei palliativi che a lungo termine non servono a nulla. Se non si pone rimedio alla situazione a livello globale, intervenendo in modo deciso per ridurre le emissioni, i teli potranno solo ritardare di qualche anno l’inevitabile». E continua: «Bisogna smettere di fare disinformazione intorno a questo tema ritardando le misure. Più aspettiamo, più diventa difficile invertire o almeno rallentare la tendenza».
Tant’è che gli effetti collaterali non mancano. «I nostri ghiacciai – illustra Maggi – avevano il ruolo di garantire sull’arco dell’anno un apporto d’acqua al territorio. In primavera questo avveniva con lo scioglimento delle nevi e poi, nel periodo più caldo estivo, grazie ai ghiacciai. Venendo a mancare questi apporti, la natura deve fare affidamento sulla pioggia. Pioggia che tuttavia in estate per lunghi periodi e ora anche nelle stagioni invernali tende a mancare o che quando invece arriva lo fa in quantitativi talmente abbondanti che i danni superano i benefici. La mancanza dei ghiacciai, insieme a tutti questi cambiamenti – prosegue –, avrà indubbiamente delle conseguenze sul territorio. La distribuzione delle precipitazioni con piogge torrenziali e bombe d’acqua, i lunghi periodi di siccità, le temperature molto elevate. Tutto ciò concorre a creare dei grossissimi problemi di sopravvivenza alla natura».
Se la natura non è risparmiata, non lo sono nemmeno gli esseri umani. «Anche per noi – sottolinea Maggi – ci sono ovviamente delle ripercussioni a livello per esempio di approvvigionamento idrico e di qualità dell’acqua, ma anche di tempo libero. Pensiamo anche al settore del turismo: il Ticino è famoso per l’escursionismo, ma se fa troppo caldo diventa difficile anche solo muoversi. Tra pericoli di incendio a causa di una natura troppo secca e i cianobatteri nei laghi surriscaldati, ecco, non è neanche più bello. Tutto il paesaggio cambia». Lo scioglimento dei ghiacciai può inoltre avere delle ricadute anche sulla sicurezza in montagna, causando crolli di rocce o rendendo inagibili dei sentieri.