Da gennaio una certificazione inedita alla Supsi. Il responsabile Pozzi: ‘Un percorso completo che tiene conto dell’eterogeneità di questa popolazione’
Dare risposte al fenomeno della migrazione, che presenta continui risvolti sanitari e interculturali che richiedono un costante aggiornamento dei profili di qualifica. Questa la missione della prima edizione del Certificato di studi avanzati (Cas) della Supsi, la Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana, in salute e migrazione che inizierà il prossimo gennaio. Ne abbiamo parlato con il suo responsabile, l’ergoterapista, docente e ricercatore della Supsi Christian Pozzi.
A gennaio partirà il primo modulo del Cas ‘Salute e migrazione: una sfida interprofessionale’. In cosa consisterà e quali sono i temi caldi?
L’argomento principale che vuole approfondire il Cas è la promozione della salute della popolazione migrante nell’ambito di una migrazione forzata. Il percorso è composto da sei moduli: il primo previsto in gennaio 2024 andrà a inquadrare il problema ragionando sul diritto alla salute e sulle barriere d’accesso alle cure. Il percorso proseguirà poi con diversi moduli, i cui temi caldi saranno per esempio l’impatto della legislazione sulle cure oltre che valutazioni e interventi in ambito sanitario. I relatori e le relatrici che si occuperanno di queste questioni hanno un background veramente molto ampio, dal medico infettivologo all’avvocato, dall’ergoterapista all’infermiere specializzato in salute mentale. Siccome la popolazione migrante è estremamente eterogenea e ha dunque dei bisogni sociali e sanitari molto vari, le visioni devono essere molteplici.
Come è nata l’idea di organizzare una formazione di questo tipo?
L’idea di questo Cas è nata dalla sempre più grande richiesta di competenze interculturali. Riuscire a prendere in carico persone di diverse culture è una risorsa: questo concetto mi è stato più volte esposto da chi lavora a stretto contatto con le persone migranti, le quali richiedono una maggiore formazione sulla conoscenza della storia delle persone e su come questa storia possa essere inclusa all’interno di un processo terapeutico. Così la Supsi, con i suoi partner, ha voluto proporre un percorso formativo completo e interprofessionale. Questo perché reputiamo che incrementare le competenze in ambito sanitario su questa popolazione porterà un miglioramento qualitativo delle cure rivolte a tutta la popolazione.
Esistono altre certificazioni sul tema in Svizzera?
Si tratta del primo Cas in ambito sanitario su questo tema in Svizzera. Ci sono state ovviamente delle altre brevi formazioni sull’argomento ma l’idea di proporre un percorso più continuativo deriva dal fatto che il Ticino, per ragioni geografiche e storiche, è spesso il primo terreno di confronto per una persona migrante.
I corsi si terranno in italiano. Come mai?
Abbiamo scelto l’italiano come lingua di insegnamento dato che uno degli obiettivi è quello di innalzare la qualità delle cure sanitarie su questa popolazione partendo dal Ticino. Questo faciliterà sicuramente l’acquisizione delle competenze ai professionisti sanitari e non di madrelingua italiana.
La formazione è rivolta ai professionisti della sanità. Quali competenze verranno certificate e come verranno applicate nelle cure?
Gli iscritti al Cas otterranno delle competenze interculturali in ambito sanitario applicabili immediatamente all’interno del loro normale esercizio terapeutico, acquisendo una qualifica avanzata nel progettare prese a carico di qualità per questa popolazione. La letteratura scientifica mostra che i migranti presentano più fragilità somatica e sociale con una conseguente maggiore prevalenza di malattie croniche: aumentare le competenze dei professionisti sanitari sulla popolazione migrante permetterà quindi anche di migliorare la presa in carico di tutta la popolazione prevenendo e trattando le diverse fragilità. Conoscere e comprendere, ascoltare e riflettere, dialogare per conoscere: il tutto per migliorare la cura e renderla realmente personalizzata.
Quali sono nello specifico le difficoltà dal punto di vista sanitario che devono fronteggiare i migranti una volta arrivati in un nuovo paese?
Diverse difficoltà sono all’ordine del giorno per la persona migrante che arriva nel nostro Cantone o nella Confederazione: la barriera linguistica, l’accesso ai servizi, il permesso di soggiorno e via dicendo. Il Cas cercherà di dare risposte formative in modo che i servizi siano sempre più aderenti ai bisogni delle persone.
Molte strutture sanitarie richiedono sempre di più delle competenze interculturali. Di che cosa si tratta?
Per competenze interculturali si intende essere in grado di operare una mediazione culturale con i pazienti, ma anche la capacità di una presa a carico personalizzata laddove dovesse esserci una fragilità sociale o somatica. Inoltre è importante saper svolgere degli screening ad hoc su questa popolazione comprendendo i fattori di rischio. La popolazione migrante è eterogenea e varia nel corso degli anni: attualmente non abbiamo più solo migranti giovani e avere delle competenze di questo tipo permette di vedere e intravedere risorse.