Con un inizio del semestre accademico caratterizzato dal carovita, gli studenti universitari vivono delle situazioni sempre più precarie. Le testimonianze
«Senza questo sostegno dovrei lasciare gli studi almeno per un anno, così da guadagnare abbastanza soldi per finire il master». Non è facile la ripresa del semestre per Loris, studente in Scienze del movimento e dello sport a Losanna. Oltre ai problemi legati al carovita, a rendere complicata la sua situazione è l’attesa della conferma, come spera, alla sua domanda per una borsa di studio. «Al momento – dice alla ‘Regione’ – non ho molti soldi a disposizione e spero vivamente che la mia richiesta venga accolta».
Anche Alessio (nome di fantasia, ndr), studente in Comunicazione all’Università della Svizzera italiana (Usi), deve confrontarsi con un problema simile: «Sto aspettando una risposta alla mia richiesta di un prestito inoltrata lo scorso giugno, ma non mi hanno fatto sapere ancora nulla. Alla fine del mese scade il termine per pagare la retta, ma al momento non ho i soldi. Ho già provato a fare domanda per una borsa di studio, ma niente. Devo quindi passare attraverso un prestito e, nonostante si tratti di soldi che restituirò, sembra difficile anche solo ricevere una risposta». Trovarsi in una situazione precaria ha poi delle ricadute sulla qualità di vita. «Da quando ho iniziato il master – racconta Loris – ho un po’ più l’acqua alla gola. Rispetto al bachelor ricevo infatti 3/4 della borsa di studio a cui ero abituato e sono molti soldi in meno. Questo semestre il livello di ansia e stress è aumentato di parecchio. Ricevendo meno soldi, so che arriverò al limite delle mie possibilità, pur avendo lavorato tutta l’estate e durante la pausa invernale». Vita dura oggi quella dello studente tra rincari e burocrazia. Esserlo poi a più di 25 anni significa non poter più usufruire di molte agevolazioni, in particolare per quanto concerne gli abbonamenti dei trasporti pubblici. Sia Loris che Alessio hanno superato questa soglia, e le limitazioni non sono poche. «Le Ffs – illustra Loris – non mi permettono di beneficiare degli sconti giovanili, nonostante sia ancora studente. Non ho dunque potuto acquistare l’Ag Night e per viaggiare devo comprare i biglietti singoli che sono molto costosi. Nell’ultimo anno i miei spostamenti si sono limitati al tornare in Ticino alla fine del semestre e a Losanna per l’inizio. Qui mi sposto poi solo in bicicletta». Lo stesso discorso vale anche per chi come Alessio è rimasto a studiare in Ticino. «Rispetto al resto della Svizzera – commenta – l’Usi è un ateneo piuttosto costoso. Oltre dunque ai 4’000 franchi di retta annuale, vanno poi ad aggiungersi 1’800 franchi di abbonamento del treno. Abbonamento che da quando ho compiuto 25 anni costa quasi il doppio. Pur lavorando tutta l’estate, da solo non riesco a far fronte a queste spese, anche perché i miei genitori sono in grado di contribuire fino a un certo punto».
Questa situazione ha un peso non indifferente anche sui genitori. «Mia figlia – ci spiega Camilla – si è iscritta a Economia a Zurigo. Abbiamo avuto grossi problemi a trovare un appartamento a un costo ragionevole. Trovo che la situazione sia davvero complicata: gli alloggi non si trovano e c’è un mercato che definirei speculativo. Abbiamo finalmente trovato una sistemazione qualche settimana fa, ma cercavamo da febbraio. Avevamo preso in considerazione le case dello studente, dato che mettono a disposizione delle camere a dei prezzi più moderati, però è impossibile, le liste d’attesa sono interminabili». Dal punto di vista burocratico queste ricerche pongono poi tutta una serie di domande. «Quando si postula per un alloggio – racconta Camilla – vengono richieste delle referenze che solo un adulto può fornire. Il problema è che vengono domandati documenti su documenti e poi capita che non arrivi neanche una risposta. In tal senso, anche a causa della pressione di trovare qualcosa al più presto, abbiamo rilasciato fotocopie di documenti d’identità o di documenti personali. È inevitabile chiedersi dove vadano a finire. Che uno studente debba faticare così per trovare un appartamento è una situazione secondo me assurda».
Il malessere della popolazione studentesca è stato percepito anche dal Sindacato indipendente studenti e apprendisti (Sisa), come spiega il suo co-coordinatore Filippo Beroggi. Le complicazioni vanno dal trovare una camera, alle problematiche legate ai costi della vita aumentati a causa dall’inflazione, vale a dire la spesa, i trasporti pubblici, gli affitti e l’elettricità. «La precarietà studentesca – afferma Beroggi – aumenta anno dopo anno, anche perché gli aiuti allo studio non crescono di pari passo. Oggigiorno, a causa dell’incremento costante delle spese, studiare è diventato sempre più un lusso che sempre meno famiglie possono permettersi. È un tema che va a toccare la giustizia sociale e le pari opportunità: gli studi universitari devono essere accessibili anche a chi ha più difficoltà in termini economici. Questa situazione – prosegue – svantaggia in particolar modo gli studenti che vengono da famiglie che dispongono di meno risorse economiche e che per questa ragione sono spesso costretti a lavorare durante gli studi». Lavorare durante l’Università è una decisione presa da non pochi studenti, tuttavia, come spiega Loris, si tratta di una «lama a doppio taglio, dal momento che da un lato è più complicato gestire gli studi, dall’altro l’aiuto della borsa di studio sarebbe meno importante essendoci un guadagno». Il lavoro studentesco è dunque un fenomeno che crea disuguaglianze sociali: «Chi proviene da una famiglia con maggiori possibilità economiche – illustra Beroggi – non sarà obbligato a lavorare e avrà dunque più tempo per studiare con una conseguente maggiore possibilità di riuscita negli studi». Per il Sisa la formazione universitaria dovrebbe essere accessibile a tutti indipendentemente dalla propria origine socioeconomica. «Da anni – sottolinea Beroggi – rivendichiamo un aiuto concreto da parte dello Stato, così da permettere un accesso democratico agli studi. Il fatto che tanti studenti debbano lavorare parallelamente alla loro formazione dimostra che le borse non sono sufficienti per mantenersi. Con la manovra di rientro alle porte è però un rischio concreto che gli aiuti allo studio vengano penalizzati dai tagli alla spesa pubblica».