Sempre più anziani in grave precarietà chiedono aiuto a Pro Senectute. Come Carlo che non paga la cassa malati da mesi. E i tagli del Governo spaventano
Con la sua pensione, senza nessuna prestazione complementare (Pc) e nessun risparmio, Carlo fa molta fatica a pagare le bollette. Anzi, fatica proprio a sopravvivere. Infatti sta iniziando ad accumulare ritardi col pagamento del premio di cassa malati. “Un quarto della mia Avs va a finire per l’assicurazione malattia. Il premio è già molto alto e salirà ancora di 40 franchi il prossimo anno. E io come faccio a vivere?”, dice il pensionato di Biasca.
Ogni imprevisto è un’angoscia. “Sono sempre in rosso, con l’acqua alla gola”, dice il pensionato, di 66 anni, molto preoccupato per i soldi che non bastano mai (vedi box). Negli ultimi anni, ha dovuto far fronte a un divorzio oneroso e al contempo assistere angosciato all’aumento dei costi dell’assicurazione malattie obbligatoria e della maggior parte dei beni di prima necessità. Ha sempre lavorato, aveva una bella vita, ora la Svizzera è troppo cara per lui. Si è rivolto a Pro Senectute per un aiuto, non è evidente districarsi nella complessità di formulari e documenti richiesti per avere la Pc. Aiuti statali destinati a completare le rendite di vecchiaia insufficienti così da soddisfare le esigenze di base. La riforma del 2021, che tiene maggiormente conto della sostanza (con l’introduzione di una soglia d’ingresso e dell’obbligo di restituzione delle Pc da parte degli eredi) per molti si sta concretizzando solo ora, creando tanti mal di pancia.
Come Carlo, quasi il 9% degli over 65 dichiara di avere grandi difficoltà ad arrivare a fine mese, secondo l’Ufficio federale di statistica (Ust).
Benché in Svizzera vi siano molti pensionati benestanti, Pro Senectute stima che oltre 200'000 persone over 65 (quasi il 14%, rispetto al 6% della popolazione attiva) vivono con un reddito inferiore alla soglia di povertà e circa altre 100’000 sono appena sopra il limite. C’è chi compensa un reddito basso col patrimonio di cui dispone. C’è chi non ha risparmi o li ha consumati tutti e scivola in uno stato di precarietà. In definitiva: un anziano su cinque in Svizzera è povero o rischia di diventarlo. Questo secondo un monitoraggio nazionale, commissionato da Pro Senectute e svolto tra maggio e giugno 2022 dall’Università di Ginevra e dalla Scuola universitaria di scienze applicate di Zurigo (Zhaw).
Da noi, la situazione è decisamente peggiore: “In Ticino il 30% degli over 65 ha un reddito inferiore alla soglia di povertà assoluta, ossia 2’298 franchi mensili. È una percentuale alta, il doppio rispetto alla quota nazionale”, ci spiega Paolo Nodari, direttore di Pro Senectute Ticino e Moesano. Lo incontriamo alla portineria di quartiere di Sementina, un appartamento accogliente, dove trovarsi, essere ascoltati, promuovere attività solidali volte al benessere della comunità.
Per chi è in difficoltà, l’organizzazione offre diversi servizi gratuiti: come la consulenza sociale, aiuti finanziari individuali, aiuti per calcolare la prestazione complementare. Servizi sempre più richiesti, a testimonianza che la precarietà nella Terza e Quarta età sta crescendo: “Lo scorso anno abbiamo sostenuto con consulenze individuali 5’032 utenti ed erogato aiuti finanziari individuali per 670’000 franchi. Le richieste nel 2023 sono aumentate. Questo ci preoccupa: vediamo situazioni di grave precarietà e disagio. Ci impegniamo ad ascoltare la persona e trovare soluzioni”, precisa Nodari. Sovrarappresentate le donne straniere con una bassa scolarità perché più esposte al rischio di non farcela. “Probabilmente hanno avuto lavori a basso reddito o carriere frammentate, le quali si riflettono poi in una rendita di vecchiaia molto bassa”.
Eppure sono proprio i pensionati generalmente ad avere accumulato risparmi e beni durante la loro vita lavorativa. Tuttavia questi averi possono non essere liquidi e subito disponibili. A emergere è una quota significativa di pensionati senza mezzi per compensare il proprio reddito. Secondo lo studio, quasi il 16% delle persone ultra-sessantacinquenni arriva a stento a fine mese e il 13,6% non è in grado di far fronte a una spesa imprevista di 2’000 franchi. Allora capiamo perché le Pc sono uno strumento fondamentale per mantenere a galla i più vulnerabili, la sola rendita Avs raramente è sufficiente per garantire un tenore di vita dignitoso.
Questo in teoria, in pratica non tutte le persone che potenzialmente hanno diritto alla Pc la richiedono. Secondo Nodari, i motivi sono diversi: “C’è chi ne ignora l’esistenza, chi si rifiuta di chiederla perché teme il giudizio, perché è demoralizzato dalla complessità della procedura, per non voler essere di peso per lo Stato e perché si vergogna. Ammettere di essere in difficoltà non è mai facile, significa riconoscere i propri limiti, parlarne fuori casa. Quando un anziano vince questo ostacolo, magari spinto da parenti, amici o vicini, e fa il primo passo, allora insieme si possono trovare soluzioni concrete. Molti ci dicono: avrei dovuto farlo prima!”.
“Ho sempre avuto un carattere combattivo, ma oggi faccio veramente fatica, non è un vivere, ma un sopravvivere”. I conti non tornano a casa di Carlo, 66 anni (nome noto alla redazione). Lo incontriamo a Biasca, dove vive da qualche anno. La sua voce è carica di preoccupazione quando ammette che, seppur a malincuore, lo scorso mese non è riuscito a pagare la cassa malati. Lui che l’avrebbe proprio bisogno, considerato che sta uscendo da una brutta malattia. “Un quarto della mia Avs va a finire per pagare il premio di cassa malati. È già molto alto e salirà ancora di 40 franchi il prossimo anno. Ed io come faccio a vivere?”.
A sballare il suo pensionamento, ci racconta, è stato un divorzio “molto oneroso”, avvenuto 4 anni fa. “Sono andato in pensione a 60 anni dopo una lunga carriera come educatore sociale, lavoravo con persone disabili. Ho sempre pagato tutti i contributi Avs. Ero sposato, ho due figli e nel 2019 ho affrontato il divorzio che mi ha indebolito economicamente”, ci spiega mentre beviamo un the. L’uomo vive solo. Un figlio è fuori casa, l’altra vive con la madre. Facciamo due conti. Tra Avs e pensione entrano poco meno di 3mila franchi al mese. Oltre un terzo va in affitto. “È un appartamento grande per me solo, ma piuttosto datato. Con la mia situazione finanziaria non mi accetta nessuno e non posso cambiare casa”. Oltre all’arretrato con la cassa malati, il pensionato ha accumulato ritardi anche nel pagare le tasse. “Non avrei mai pensato di finire così. Ho avuto una bella vita. Avevamo una casa in Riviera e anche un rustico in montagna che era la mia oasi di pace. Ho dovuto vendere tutto per via del divorzio. La mia vita è cambiata drasticamente”.
Abituato a reagire, il pensionato ha pensato anche di emigrare. “Non molto lontano, appena fuori dalla frontiera, per non allontanarmi dai miei figli. Pensavo di risiedere in Italia. È un’opzione, se non riesco a ricevere le prestazioni sociali. La Svizzera è davvero troppo cara, tutto aumenta, ma non il minimo vitale: questo proprio non lo capisco! Anche fare la spesa alimentare è molto costoso”.
Lo scorso maggio l’uomo ha fatto domanda per ottenere le prestazioni complementari all’Avs, un aiuto quando le rendite e gli altri redditi non arrivano a coprire il fabbisogno vitale.
La complessità della procedura ha demoralizzato non poco Carlo. Un problema comune a tanti anziani nella sua stessa situazione. “È tutto molto, troppo complicato. I funzionari mi chiedono tanti documenti. Tra divorzio e trasloco, ho perso tanta documentazione e non so come fare. Per fortuna c’è Pro Senectute, un’assistente sociale e un avvocato mi stanno aiutando. Da solo sarebbe impossibile rispondere a tutte le richieste in 30 giorni”. Pro Senectute ha dato al pensionato anche una tessera di Tavolino Magico per ricevere ogni settimana degli alimenti. “Sono andato, ma mi vergogno troppo. Non sono abituato a chiedere il cibo”. Per Carlo, c’è ancora speranza. “Se mi concedono la prestazione complementare resto in Svizzera, mi basterebbe mi aiutassero con la cassa malati. Oggi arrivo a fine mese in rosso. E non posso continuare così”, conclude. Questa situazione finanziaria incide anche pesantemente sul morale. “L’unica soddisfazione sono i miei figli. Cerco di farcela per loro”.
I recenti tagli proposti dal Governo per risanare le finanze pubbliche allarmano anche Pro Senectute. “Per noi significa frenare dei progetti, significa aumentare le tariffe a carico degli utenti per accedere ad alcuni servizi, non sappiamo ancora quali. Alcuni servizi, oggi gratuiti, come ad esempio il trasporto verso un centro diurno socio assistenziale, potrebbero diventare a pagamento. Per alcuni nostri utenti significherebbe dover rinunciare a momenti di socializzazione e rimanere a casa”, precisa il direttore. Un anziano solo e isolato si lascia andare più facilmente col rischio di ammalarsi e generare più costi di quelli che si vuole risparmiare.
Purtroppo la precarietà non ha solo un impatto finanziario. “I pensionati in povertà soffrono più spesso di solitudine perché le occasioni di incontro comportano dei costi, sono inoltre meno soddisfatti della loro vita e hanno uno stato di salute peggiore. Non fare nulla, significa generare costi superiori per il sistema sanitario”.
Pro Senectute oggi è presente in modo capillare ed eroga tanti servizi: “In futuro potremo continuare a farlo in modo equo, uniforme in tutti i comuni?”. La domanda resta in sospeso.
A preoccupare Nodari è anche un clima “talvolta teso” tra vari attori del settore sociosanitario, dovuto alla pressione dei ventilati tagli governativi: “Sentendosi minacciato, c’è chi si difende accusando gli altri di generare troppe spese. Questo sta deteriorando la fiducia tra i partner sociali che dovrebbero costruire una rete insieme, non giocare l’uno contro l’altro, come purtroppo in alcuni casi sta avvenendo”, aggiunge il direttore.
L’Ente pubblico è ben consapevole che i bisogni della Terza età sono molteplici. “Risolverli significa avere ricadute positive sull’intera società e meno costi, ma in tempi di risparmi tutto ciò sembra venire messo in discussione”, conclude Nodari.