Il rettore del Collegio di Ascona fa un bilancio dopo la menzione dell’istituto asconese nel rapporto sugli abusi sessuali nella Chiesa cattolica
«Trovo che nel nostro istituto ci sia attualmente una certa trasparenza e condivisione regolare delle impressioni, per cui mi sembra che ciò che è in atto ora funzioni». È tranquillo il rettore del Collegio Papio di Ascona, don Patrizio Foletti da noi contattato riguardo al progetto pilota dell’Università di Zurigo. Nelle 136 pagine del rapporto viene menzionato anche l’istituto asconese.
Menzionato, ma per ora non analizzato: «Per il momento – ci spiega don Foletti – l’Università di Zurigo ha soltanto preso contatto con noi. Ci è stato chiesto se fossimo disponibili a collaborare e ad aprire gli archivi, noi abbiamo risposto positivamente, ma non sono ancora venuti. Se non sbaglio, dovrebbero passare dopo Natale. In poche parole, so che siamo d’accordo che verranno quando ne avranno bisogno».
Sulle condizioni degli archivi il rettore non nasconde che la situazione sia migliorabile. «A livello di organizzazione dell’archivio – ammette –, diciamo che non siamo al top, su questo non ci sono dubbi. Oltre a ciò che è riconducibile al settore amministrativo, non disponiamo però di una grande quantità di fondi d’archivio, anche perché i documenti risalenti all’epoca benedettina sono conservati a Einsiedeln. Inoltre, una parte delle nostre fonti più recenti rimane pur sempre nell’archivio diocesano, organizzato meglio rispetto al nostro». Tuttavia, per quanto concerne il lato forse più interessante di questi documenti, vale a dire il contenuto, don Foletti non ha dubbi: «Nel 2018 è uscito un libro sulla storia del Collegio Papio, scritto da Lorenzo Planzi che è l’ultima persona che ha rastrellato a tappeto i nostri archivi. Per quanto ne so, su questo argomento non è stato trovato nulla».
Il clima all’interno dell’istituto non sembra in ogni caso aver subito delle ripercussioni dalla pubblicazione del rapporto. «Devo dire – constata il rettore – che nessuno, tra studenti e genitori, ha per il momento chiesto niente. Personalmente lo prendo come un gesto di fiducia nei nostri confronti». Rapporto di fiducia forse rafforzato dalle modalità di gestione dell’allontanamento lo scorso giugno di un docente a causa di atteggiamenti inopportuni: «In quell’occasione – sostiene don Foletti – abbiamo evidentemente fatto una comunicazione scritta a tutte le famiglie. Penso che essendoci mossi con tempismo e chiarezza abbiamo potuto dare un segnale di fiducia che dimostra che queste questioni possono essere risolte con trasparenza».
«Prossimamente – continua – ci sarà un incontro con i docenti, previsto dal mese di giugno, con il gruppo di consulenza che ha costituito il Dipartimento educazione e cultura con il Dipartimento sanità e socialità l’anno scorso. Si tratta di quattro psicologi di riferimento nel caso in cui si dovessero avere dei dubbi di maltrattamenti o abusi. In tal senso, sulla formazione degli insegnanti e dei collaboratori stiamo andando avanti. Stasera (ieri sera, ndr) abbiamo inoltre un incontro con i genitori dei ragazzi che hanno appena iniziato la prima media, vedremo se emergerà la questione. Abbiamo degli scambi regolari con i genitori e gli studenti e per ora non abbiamo constatato nulla di particolare. Per lo stesso motivo, non ho in mano elementi che mi facciano temere che vi possa essere un problema di immagine o a livello di iscrizioni future».
Come mai però non si è mai voluto indagare di propria iniziativa sul passato? «A mia memoria – replica il rettore – non abbiamo mai avuto questo tipo di problemi. I pochi casi che sono emersi sono stati affrontati alla luce del sole o, nel caso, davanti a un magistrato. Che sia necessario andare a scavare nel nostro passato non mi convince totalmente, proprio perché le misure prese sembrano funzionare. Inoltre, ho l’impressione che da parte della Chiesa in generale esistano al giorno d’oggi diversi strumenti per affrontare in maniera più adeguata questa problematica».