Durisch: è l'impatto della riduzione delle entrate. Gianella e Pamini: l'Esecutivo dia una linea. Agustoni: ci vuole calma. Bignasca: si spende troppo
Oltre 220 milioni franchi di disavanzo al primo preconsuntivo 2023 del Cantone. «Non per niente – osserva il capogruppo del Ps Ivo Durisch – noi socialisti, con i Verdi, avevamo stilato il rapporto contrario al Preventivo, consapevoli che la politica di riduzione delle entrate – anche per rincorrere in qualche modo la concorrenza fiscale degli altri cantoni – praticata dalla maggioranza di destra porta a situazioni come quelle che questo primo preconsuntivo fotografa: stimavamo un risultato negativo intorno ai 230 milioni franchi, beh ci siamo andati molto vicino». Una situazione «che ci troverà a dover far fronte a tagli importanti da parte del Cantone che incideranno purtroppo sulla qualità dei servizi e delle prestazioni: un esempio lo abbiamo avuto di recente con l’aumento del dieci per cento dell’abbonamento Arcobaleno, conseguenza dei primi risparmi decisi dal governo».
Il disavanzo appena reso noto oggi dal Consiglio di Stato è comunque provvisorio… «D’accordo, ma l’obiettivo di arrivare a un disavanzo di 80 milioni a Consuntivo 2023 non è, ritengo, raggiungibile senza interventi drastici sul fronte della spesa pubblica per dar seguito al cosiddetto decreto Morisoli. A meno di una importante rivalutazione del gettito, ma lo ritengo molto improbabile». A settembre, prosegue Durisch, «vedremo quali saranno i contenuti della manovra di rientro proposta dal governo. Noi ci opporremo ai tagli che colpiranno un cento medio sempre più in difficoltà oltre alle fasce più fragili della società. E ribadiremo la nostra richiesta di riportare il coefficiente cantonale d’imposta al 100 per cento e di posticipare la riduzione dell’aliquota dall’8 al 5,5 per cento per le persone giuridiche a quando i conti del Cantone saranno in pareggio. Intanto nel frattempo domenica si voterà un ulteriore sgravio a favore di chi bisogno non ne ha!».
Quelle pubblicate dal Consiglio di Stato «sono cifre preoccupanti ma non inattese», ricorda la capogruppo del Plr Alessandra Gianella da noi raggiunta. E sono anche la prova «che la situazione è critica, ed è arrivato il momento di imboccare la strada di un risanamento che però deve andare oltre alla situazione finanziaria». Nel senso che, specifica Gianella, «adesso ci aspettiamo dal governo obiettivi e indicazioni per riforme prioritarie che ancora non abbiamo visto». In più, rimarca la capogruppo liberale radicale, «da gennaio sto chiedendo, senza ricevere risposta, se mentre si attendono questi indirizzi di manovra nel frattempo il Consiglio di Stato può dirci se tutti i messaggi che sono nelle varie commissioni siano davvero tutti prioritari o ce ne sia qualcuno che può essere non dico congelato, ma scalato nel tempo». Sia come sia, non si scappa: «Il governo deve darci una linea e una traccia da seguire, perché davanti a questa situazione dobbiamo intraprendere un cammino a lungo termine con basi solide. I prossimi saranno mesi caldi, e serve individuare delle priorità».
Il capogruppo del Centro Maurizio Agustoni dal canto suo invita «a non cadere in un panico a oggi ingiustificato», perché «tutti gli scostamenti nel documento presentato oggi erano già stati evidenziati dalla Commissione della gestione prima di approvare il Preventivo, quando è stata attirata l’attenzione del governo sul fatto che i loro numeri erano completamente irrealistici». Agustoni insomma invita alla calma, anche perché «se è chiaro che non chiuderemo a meno 80 milioni come previsto, realisticamente non lo faremo nemmeno a meno 224 come indica il Preconsuntivo. A spanne, la cifra finale sarà attorno ai 130-150 milioni di deficit. Impostando oggi un esercizio di rientro su 224 milioni, rischieremmo di essere andati a tagliare decine e decine di milioni di troppo». Ciò detto, il capogruppo del Centro rimarca che «fare un taglio o aumentare i prezzi di certe prestazioni non deve essere un dispetto o una lezione per aver votato un decreto, il rientro dei conti è nella Costituzione. Ma la spesa pubblica è di 4 miliardi, e si sta parlando di un taglio del 4 o 5%».
Per il capogruppo della Lega Boris Bignasca, «in generale il Ticino, dal governo al parlamento, è abituato, con riferimento alla spesa pubblica, a vivere al di sopra delle proprie possibilità. Allo Stato si chiede quindi di spendere più di quanto permetta la reale situazione delle sue finanze. È la nostra mentalità latina, mentre quella svizzero tedesca non tollera alcun deficit nei conti pubblici. E allora credo che tutti – Consiglio di Stato, Gran Consiglio e cittadini – non debbano, se vogliono un Cantone con finanze sane, necessarie per garantire investimenti e progettualità, reclamare ogni volta che si decide di tagliare o ridurre una spesa non essenziale. Per esempio tagliano o riducendo quella per la gestione degli asilanti, quella per i sussidi sociali ai dimoranti e quella legata al carovita per i dipendenti pubblici con più di 100mila franchi di stipendio annuo».
«Si è cincischiato per quasi un anno, adesso parlano i fatti: l’inazione del governo nell’affrontare il rientro dal deficit è molto grave», attacca il deputato Udc Paolo Pamini. E il ruolo dei democentristi «è quello di rendere attenti e fare proposte, ricordando che ai tempi d’oro masoniani sono stati fatti pacchetti nell’ordine dei 200 milioni sottoscritti pure dal socialista Pietro Martinelli, con la spesa pubblica complessiva che era la metà dell’attuale». Adesso, «non bisogna più fischiettare e limare qua e là, ma entrare in una carne viva che a nostro avviso ha un po’ di grasso che cola in certi ambiti: a partire dai contributi a enti terzi, del Dss, che non vanno a toccare i sussidi diretti alle persone».
La deputata di Avanti con Ticino&Lavoro Amalia Mirante non ha dubbi: «Guardando in prospettiva è giunto il momento di istituire in Ticino una Corte dei conti: un’autorità indipendente ed esterna all’Amministrazione cantonale e al Palazzo della politica che consentirebbe, secondo noi, di verificare se ci siano delle inefficienze nella spesa pubblica». Personalmente, aggiunge l’economista, «sono del parere che su 4,3 miliardi di spesa pubblica vi sia la possibilità di fare risparmi spendendo in maniera più efficace ed efficiente. Detto questo, non potremo evitare la manovra di risanamento per arrivare all'equilibrio delle finanze cantonali. Non siamo in una situazione di crisi economica tale da giustificare il rinvio del risanamento. Non sono di principio contraria a un aumento delle imposte, credo però che ci siano dei margini di miglioramento nella spesa, dei margini per ridurla evitando scelte dolorose, che non vogliamo, per i cittadini. Il Cantone deve poi avere il coraggio di fare finalmente una revisione dei compiti e decidere come finanziarli una volta eseguita questa revisione».