Infermieri indipendenti, spitex privati e pubblici: i malcontenti di chi opera in un settore sempre più fondamentale per la nostra società
«Il lavoro che faccio con grande passione e serietà sta andando a morire. Sono molto preoccupata, non solo per me, ma anche per la buona qualità di un servizio per i pazienti che si trova sempre più soffocato da una forte concorrenza e da una situazione di monopolio». La concorrenza a cui si riferisce Marta (nome vero conosciuto alla redazione), che da sei anni esercita nel Mendrisiotto come infermiera indipendente a domicilio, è quella delle Organizzazioni di aiuto e cura a domicilio private (Oacd; dette anche spitex privati) che ultimamente sarebbero «spuntate come funghi», ma anche quella dei nuovi infermieri indipendenti il cui numero è esploso. Mentre il presunto monopolio è riferito ai Servizi di assistenza e cura a domicilio d’interesse pubblico (Sacd; detti pure spitex pubblici) – sei in tutto il cantone suddivisi per comprensorio –, il cui nome figura in cima alla lista consegnata dagli ospedali ai pazienti dimessi che necessitano di una presa a carico a domicilio. «Se una persona non ha mai avuto necessità di essere seguita a casa, ovviamente si rivolge al primo servizio segnalato o a quello che le viene consigliato – lamenta Marta, secondo cui ci sarebbe una forte disparità nella possibilità di accesso al mercato –. Inoltre se come infermiera ho un mio paziente che viene ricoverato in ospedale, devo chiamare personalmente la struttura per segnalare che lo seguo già io, altrimenti mi bypassano e indirizzano la persona verso lo spitex pubblico».
Lo scenario un tempo era diverso, sostiene la nostra interlocutrice: «Quando ho iniziato a esercitare come indipendente era molto più semplice trovare pazienti da seguire. Ultimamente la situazione è diventata deleteria. Per quanto riguarda gli infermieri indipendenti l’unico metodo efficace è rimasto il passaparola». Sia chiaro, evidenzia Marta, «non voglio mettere in dubbio l’importanza degli spitex, anche perché talvolta l’infermiere indipendente ha la necessità di collaborare con loro. Ritengo però che se si facessero le cose in maniera giusta e corretta ci sarebbe lavoro per tutti. Ma già solo il fatto che gli spitex pubblici si rifiutano di collaborare con noi indipendenti è problematico».
Perché allora non lavorare come infermiera per questi Servizi o Organizzazioni? «Per me le motivazioni sono due – risponde Marta –. Da un lato per una questione familiare. Con l’arrivo del secondo figlio io e mio marito, che è anche lui infermiere, ci siamo resi conto che sarebbe stato molto difficile coordinarci per gestire i bambini lavorando entrambi a turni e nei fine settimana. Avevamo bisogno di maggiore flessibilità. Così ho deciso di diventare indipendente e lavorare solo la mattina. D’altro canto la posizione di indipendente costituisce un vantaggio per i pazienti – sostiene Marta –. Perché hanno una sola persona di riferimento, che non cambia come spesso avviene con gli spitex, e con la quale si crea un rapporto di fiducia oltre ad assicurare una routine molto apprezzata, come i pazienti stessi testimoniano. Sia questi che il loro entourage sono seguiti più da vicino, ci si prende il tempo per ascoltarli e accompagnarli. Ad esempio nel caso in cui ci sia bisogno di integrare le cure con uno spitex privato, se c’è qualcosa che non funziona mi incarico io di risolvere il problema».
Quanto alle garanzie che il servizio offerto dagli infermieri indipendenti sia fatto in modo adeguato, Marta premette che esiste una distinzione da prendere in considerazione: «L’infermiere indipendente, così come gli spitex privati, possono decidere se fare o meno un contratto di prestazione col Cantone, che dà diritto a una parte di finanziamento pubblico (detto residuo, ndr) ma prevede molti più controlli. Io ad esempio ho questo contratto e ogni tre mesi mi viene richiesta tutta la documentazione dei pazienti che seguo per valutare la qualità delle cure che presto. Inoltre – e questo vale anche per chi non ha un contratto col Cantone – ci sono i controlli delle casse malati. Se vado regolarmente da un paziente una volta a settimana e d’improvviso aumento a cinque volte, vogliono sapere perché».
La sensazione di Marta, confida infine, è quella di sentirsi lasciata sola nel burrascoso mare della concorrenza e di faticare a stare a galla: «Ci sono Organizzazioni che magari hanno centinaia di pazienti e io devo vivere con una manciata di loro. Mi sono rivolta all’Associazione svizzera infermieri (Asi) ma mi è stato detto che non possono fare niente in quanto la legge è rispettata. Temo molto per il futuro e non so cosa fare».
In effetti, conferma Lilia Nodari-Cereda, responsabile Sportello infermieri indipendenti dell’Asi, «per simili casi noi come associazione professionale non possiamo fornire particolari ricette perché vige la legge del mercato. L’infermiere indipendente diventa un piccolo imprenditore di sé stesso e spetta a lui occuparsi anche della propria promozione». In merito all’attuale contesto di forte concorrenza, Nodari-Cereda attesta che «gli spitex privati sul territorio ticinese sono numerosi, 60 in totale, mentre gli infermieri indipendenti circa 450 ed entrambi sono molto cresciuti negli ultimi anni». Quanto agli spitex pubblici, che sono solitamente i primi a essere interpellati da parte di ospedali di interesse pubblico, fanno dunque un po’ la parte del leone, ammette Nodari-Cereda: «In passato abbiamo ricevuto reclamazioni in tal senso». Ma evidenzia però come ci siano anche alcuni medici che siedono nei Consigli di amministrazione di spitex privati e che con buona probabilità vi indirizzino i propri pazienti.
Tornando alla categoria degli indipendenti, «a titolo personale – racconta Nodari-Cereda, lei stessa da oltre 20 anni infermiera indipendente a domicilio, in una zona però dove non c’è saturazione di operatori – ho dovuto farmi un nome e tuttora devo continuare a mantenerlo. Se c’è un paziente che viene ricoverato in ospedale vado a presentarmi ai medici e all’assistente sociale e insisto con il paziente affinché mi interpelli per tempo quando prevede di uscire dal ricovero. Cerco dunque di tenere il filo teso in modo da coltivare il rapporto». Detto questo, l’aumento degli indipendenti negli ultimi anni, che si presentano soprattutto negli agglomerati dove c’è grande movimento, può costituire un vero problema: «Non riusciamo a capire se c’è uno scontento a restare all’interno di spitex, ospedali e cliniche private, o se sia solo una questione di ricerca di maggior flessibilità». A tal proposito, valuta Nodari-Cereda, «se però gli indipendenti non vogliono lavorare il sabato e la domenica, poi quando un paziente deve essere dimesso da un ricovero il venerdì sera, è naturale che venga contattato uno spitex che copre le 24 ore».
Contro l’emorragia di infermieri da ospedali e cliniche, «una possibile soluzione potrebbe essere quella di portare da due a cinque anni la pratica professionale in una struttura dopo il diploma. Anche perché a noi sembrano troppo pochi due anni. Sarebbe un modo per non svuotare subito gli ospedali dal personale. Abbiamo scritto una lettera al Cantone con questa e altre riflessioni e stiamo aspettando risposta».
La responsabile Sportello indipendenti Asi, guardando in generale al settore delle cure a domicilio, afferma che si tratta di un panorama molto complesso: «È vero che crescono gli spitex, ma crescono anche i bisogni della popolazione che è sempre più anziana. Poi però se l’aumento degli spitex induca maggiori bisogni, è un bel punto di domanda. Inoltre le cure che facevamo una volta erano ben diverse e minori di quelle di adesso, anche perché magari ora molte più persone vivono da sole e non hanno più un entourage familiare che possa essere di aiuto». I tempi e i servizi insomma sono cambiati, ma è difficile fare una valutazione sull’adeguatezza.
«Le strutture ospedaliere e i servizi di cure a domicilio perdono continuamente personale che diventa indipendente – osserva in modo allarmato anche Raoul Ghisletta, segretario cantonale della Vpod, il sindacato del personale dei servizi pubblici e sociosanitari –. E il volume di lavoro non è detto che cresca abbastanza per tutti quelli che operano nelle cure a domicilio». Il problema secondo Ghisletta è che «la sanità è un mercato senza briglie del capitalismo, in particolare per quanto riguarda il settore ambulatoriale». Settore sotto cui rientrano le cure a domicilio e che, a differenza di quello stazionario (ovvero ospedaliero), non può essere pianificato.
Una possibilità in tal senso era stata chiesta a Berna da un’iniziativa parlamentare cantonale presentata dal Ticino intitolata ‘Modifica della legge federale sull’assicurazione malattie in ambito di cure e assistenza a domicilio. Possibilità per i Cantoni di introdurre una pianificazione’. Sostenuta da tutta la deputazione ticinese alle Camere, è però stata bocciata dal Consiglio nazionale lo scorso febbraio con 111 voti contro 73 e un’astensione. La volontà era di dare ai Cantoni la possibilità di gestire l’autorizzazione delle persone dispensanti cure a domicilio previa prescrizione o indicazione medica e delle organizzazioni che le occupano sulla base di determinate condizioni.
«Col beneplacito del parlamento federale, il settore ambulatoriale continua a rimanere fuori controllo» recrimina Ghisletta, che a proposito di controlli commenta: «Il Cantone può farli solo per quegli spitex e quegli infermieri indipendenti che hanno un contratto di prestazione. Altrimenti se ne occupano solo le casse malati, ma è una giungla». Per il segretario cantonale Vpod queste ultime dovrebbero farne molti di più, «anche incrociati, perché il rischio, come avvenuto a Ginevra, è che qualcuno fatturi a casse malati diverse senza che ce ne renda conto. E poi non c’è da sorprendersi che i premi esplodano».
A difendere l’operato delle Organizzazioni di aiuto e cura a domicilio private è Paola Lavagetti, delegata per il Ticino dell’Associazione svizzera spitex privati (Asps): «È vero, esiste una differenziazione tra chi stila un contratto di prestazione e chi no. Chi ce l’ha deve rispettare tutte le condizioni in uso nel settore, a partire da quelle salariali, sottostando al Contratto collettivo cantonale in vigore. Ed è sottoposto a molti più controlli, con l’obbligo di consegnare tutto il materiale all’Ufficio anziani e cure a domicilio. Senza questo vincolo, ci si muove in un mercato più libero, ma si deve comunque richiedere l’autorizzazione a esercitare al Cantone il quale verifica tutti i requisiti per poter fatturare a carico della Lamal. Le casse malati hanno poi le competenze di controllo sul rispetto dei principi di efficacia, adeguatezza ed economicità delle cure».
A disturbare particolarmente Lavagetti – come aveva già espresso sul nostro giornale il 3 maggio scorso – è il fatto che «gli spitex pubblici dicono che abbiamo un numero di ore per caso superiore alla loro media. Ma si tratta di ore assolutamente giustificate perché sono certificate dai medici e controllate sia dal Cantone per chi ha un contratto di prestazione, sia dalle casse malati».
Il tema più spinoso contro cui l’Asps lotta da anni è però quello relativo al finanziamento residuo coperto dalle casse pubbliche per chi ha sottoscritto un contratto col Cantone. A tal proposito lo scorso settembre la Commissione della concorrenza (Comco) aveva scritto una lettera all’Associazione spitex privati e al Dipartimento sanità e socialità (Dss) dicendo di aver rilevato una situazione a due velocità nel mercato delle cure a domicilio: risultava che gli importi orari del finanziamento residuo stabilito per gli spitex pubblici fossero più elevati rispetto a quelli fissati per gli spitex privati, ciò che creava – come scritto nella missiva – “una differenza di trattamento che potrebbe risultare problematica a un mercato concorrenziale”. L’invito al Dss era di prendere posizione “entro la fine del mese di ottobre 2022” sull’opportunità di rivedere il sistema del finanziamento residuo in vigore e intraprendere modifiche affinché gli spitex privati “possano non solo accedere al mercato dell’assistenza e delle cure a domicilio ma svilupparsi e fornire prestazioni innovative e di qualità, senza limitazioni date da un particolare sistema di finanziamento residuo”.
«Quando siamo venuti a conoscenza dell’indagine abbiamo inviato una lettera all’Ufficio anziani e cure a domicilio proponendo un nuovo modello di finanziamento a cui ci è stato risposto picche» rende noto Lavagetti. La richiesta dell’Associazione degli spitex privati è di creare un sistema volto a fare in modo che «la differenza tra il nostro finanziamento e quello dei servizi pubblici non sia superiore al 15-20%. Questo nel rispetto del cosiddetto principio di universalità delle cure a cui loro devono sottostare e che gli riconosciamo. Non però nei termini della differenza attuale che è troppo elevata. Persino gli infermieri indipendenti ricevono un finanziamento superiore al nostro. Così non va bene, abbiamo bisogno di un cambiamento significativo perché ci sono dei servizi in difficoltà che rischiano di non riuscire più sopravvivere». Nello specifico, rimarca Lavagetti, «vogliamo che a eguale prestazione ci sia eguale retribuzione, ovvero che la base di finanziamento sia la stessa per tutti. Poi – concede la delegata Asps – se ai servizi pubblici si vuol riconoscere qualcosa di extra dev’essere retribuito in un’altra maniera». Insomma, «rivendichiamo lo stesso trattamento dei servizi pubblici. Questo vale sia per il contratto di prestazione sia per la possibilità di accesso alle persone che vengono dimesse dagli ospedali, in modo che ogni paziente abbia la libera scelta del fornitore di prestazione che è un diritto sancito nella Lamal».
Intanto lo scorso marzo l’Asps ha presentato un ricorso al Consiglio di Stato per denegata giustizia: «Lo abbiamo fatto perché il Dss non ha mai emesso una decisione formale rispetto alle nostre richieste e quindi non abbiamo avuto la possibilità di ricorrere. Attualmente stiamo analizzando la risposta ricevuta e stiamo valutando come replicare». Se l’attuale situazione dovesse essere confermata, «siamo pronti a proseguire con le vie legali», afferma con decisione Lavagetti, aggiungendo però: «Vogliamo essere positivi in quanto durante l’ultimo recente incontro con il Cantone, dopo diversi altri che si sono rivelati infruttuosi, l’Ufficio anziani e cure a domicilio ha espresso la volontà di proporre un contratto di prestazione base uguale per tutti a partire dal 2024 e se questo dovesse essere confermato, l’Associazione svizzera degli spitex privati potrà iniziare una negoziazione partendo da una situazione più equa».
Keystone/infografica laRegione
Guardando il settore delle cure a domicilio dal proprio osservatorio cantonale, Daniele Stival, a capo dell’Ufficio anziani e cure a domicilio del Dss attesta che «effettivamente abbiamo constatato anche noi negli ultimi anni un importante aumento sia di infermieri indipendenti che di spitex privati e risulta che i compressori più toccati siano il Luganese, il Mendrisiotto e il Locarnese. Con gli infermieri indipendenti nel 2016 avevamo 81 contratti di prestazione, mentre nel 2023, a oggi, 280. Per quanto concerne gli spitex privati con contratti di prestazioni, il dato aggiornato ai primi mesi del 2023 ne vede 44 su un totale di 60 (13 su 24 totali nel 2016), con una crescita delle ore erogate da 277mila nel 2016 a una previsione per il 2023 di 725mila».
Al riguardo, secondo le dichiarazioni di alcuni spitex pubblici – espresse di recente anche a mezzo stampa – la media di ore di prestazioni per paziente nel settore privato sarebbe nettamente più alta rispetto alla loro. «Effettivamente risulta una differenza significativa nella media di ore per paziente, ciò che è stato osservato anche a livello svizzero – conferma Stival –. Verosimilmente tale differenza può essere spiegata dal fatto che a livello di Legge cantonale anziani e cure a domicilio (Lacd), i Sacd d’interesse pubblico, essendo presenti nel settore da oltre vent’anni, sono maggiormente abituati all’applicazione del principio di sussidiarietà e di attivazione della rete informale previsto dalla citata legge».
Quanto al presunto monopolio pubblico, «in effetti l’Associazione mantello degli spitex privati in passato aveva segnalato alcune situazioni di questo tipo, ma questa prevalenza deriva da quanto previsto dalla legge in termini di differenza di competenze», spiega Stival, che alla domanda se consideri l’offerta sul territorio adeguata ai bisogni risponde: «Riteniamo che la richiesta di prestazioni da parte dell’utenza venga soddisfatta. È però evidente che l’aumento del numero di operatori abbia creato una concentrazione del mercato, in certe regioni». Dal punto di vista della qualità delle prestazioni, aggiunge il capoufficio Anziani e cure a domicilio, «sono in vigore dei controlli che vogliamo rafforzare in ottica di un miglioramento continuo della qualità». Proprio in questa ottica il 1° maggio è stata aggiornata la regolamentazione che riguarda i requisiti di entrata per le nuove attività, con delle modifiche più stringenti in particolare per quanto riguarda la formazione delle persone che operano nel settore delle cure a domicilio». A tal proposito la lettera dell’Associazione svizzera infermieri sezione Ticino che chiede di aumentare la pratica professionale è ritenuta da Stival «sicuramente una proposta meritevole. Prenderemo a breve contatto con Asi. Tutto quello che può migliorare la qualità della presa in carico dei pazienti vale sicuramente la pena di essere valutato».
Pssando alla questione del finanziamento residuo (vedi articolo a lato) «i Servizi di assistenza e cura a domicilio d’interesse pubblico e gli spitex privati hanno competenze differenti – sottolinea Stival –. Benché il ‘core business’, ovvero l’attività alla base, sia il medesimo, i Sacd d’interesse pubblico per legge hanno il compito di svolgere attività di coordinamento e garantire l’universalità delle prestazioni, come ad esempio l’obbligo di accettare tutti i casi, ciò che pone una distinzione rispetto agli spitex privati». Stival assicura però di aver raccolto le indicazioni della Commmissione della concorrenza e proseguito il dialogo con l’Associazione degli spitex privati, con cui si è incontrato recentemente per avviare un lavoro di aggiornamento delle modalità di finanziamento finalizzato a fare maggior chiarezza. «L’intento di questo dialogo e del lavoro che stiamo svolgendo è di comprendere con precisione e nel dettaglio, dal punto di vista tecnico, la fondatezza delle modalità di calcolo». Ciò premesso, proprio a causa della differenziazione citata, «da parte nostra – dice Stival – non riteniamo che sussista una disparità di trattamento, ma indubbiamente la necessità di fare chiarezza su come vengono finanziate le prestazioni».
Interpellato per un aggiornamento al riguardo, Stefano Dozio, responsabile in seno alla Comco del settore Mercati della salute, informa che l’indagine di mercato non è ancora conclusa «ma che la Segreteria rimane in attesa dell’esito delle procedure legali intraprese dalle parti in causa nei confronti del Cantone prima di considerare eventuali ulteriori misure». Anche tenuto conto della posizione del Dss, dice Dozio, «la Segreteria resta dell’avviso che il sistema applicato dal Canton Ticino per il finanziamento residuo nell’ambito delle cure a domicilio – giusta l’articolo 3, capoverso 2, lettera a della Lacd – comporti delle differenze di trattamento tra le imprese d’interesse pubblico (Sacd) e quelle private (Oacd). Pertanto, la Segreteria ha consigliato al Cantone di modificare tale pratica al fine di eliminare eventuali problemi di diritto della concorrenza».
In merito alla posizione del Dss, Dozio afferma: «Siamo al corrente che i Sacd hanno dei compiti di interesse pubblico e che questo potrebbe giustificare una parte della differenza di partecipazione al finanziamento residuo del Cantone rispetto alle imprese private, cosa che non mettiamo in discussione. Rimane a sapere se anche il resto della differenza sia giustificato». Tuttavia in relazione all’ammontare del finanziamento residuo, «è forse bene precisare – valuta Dozio – che la Segreteria della Commissione della concorrenza ritiene che il nodo della questione non sia dato dalla disparità di trattamento tra i Sacd rispetto alle Oacd. È piuttosto il sistema attualmente applicato che, da una prima analisi, potrebbe essere iniquo e discriminante per le Organizzazioni private. Come già sollevato nella nostra corrispondenza con il Cantone e con l’Associazione svizzera degli spitex privati, la semplice copertura dei costi di funzionamento sarebbe un sistema adatto a un’amministrazione pubblica o a degli enti o delle imprese pubbliche (come i Sacd) ma non sembra essere il più adeguato per delle imprese private».