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Rocco Cattaneo e la nuova frontiera solare del ‘suo’ Tamaro

Dopo quello al Nara, spunta un altro progetto di ‘fotovoltaico alpino’ in Ticino. A promuoverlo è l’imprenditore e consigliere nazionale montecenerino

In sintesi:
  • L’impianto produrrebbe dai 15,5 ai 17,6 GWh di elettricità all’anno, pari al consumo annuale di circa 4mila economie domestiche
  • Il promotore attende un segnale dal Cantone: ‘Non possiamo lasciar passare altro tempo, sennò perderemo il treno’
L’impianto verrebbe realizzato in alta val Duragno, nelle adiacenze dell’antenna Swisscom esistente. Nel riquadro, Rocco Cattaneo
(Google Earth/Studio Basler & Hofmann-Supsi/Infografica laRegione)
16 maggio 2023
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«Dal Tamaro mio nonno boscaiolo, tra le due guerre mondiali, portava giù a Bironico la legna di faggio: la trasformava in carbone, che poi rivendeva alle Ffs. Dall’Alpe Foppa, latte formaggio e formaggini hanno sempre preso la strada del fondovalle. Poi dal 1973, grazie alla ‘visione’ di mio padre Egidio, lungo i fianchi di questa montagna che svetta al centro del Ticino hanno fatto su e giù (imbacuccati dentro cabine blu, rosse e gialle) decine di migliaia di sciatori, che dal 2003 – dopo la riconversione estiva degli impianti – sono stati rimpiazzati da famiglie ed escursionisti, attratti anche dalla Cappella di Santa Maria degli Angeli progettata da Mario Botta». Adesso Rocco Cattaneo, dal ‘suo’ Tamaro baciato dal sole, vuole portare a valle qualcos’altro: corrente elettrica.

L’idea è maturata in una soleggiata domenica di novembre. E anche stavolta, come spesso è stato il caso in passato, la bicicletta ha avuto un ruolo cruciale.

Quella mattina l’ex ciclista professionista inforca il rampichino e sale fino all’antenna Swisscom sopra l’Alpe Duragno, passando dall’Alpe Foppa. Giunto alla meta, osserva i pannelli solari sul tetto della costruzione alla base dell’imponente manufatto (vedi riquadro in basso nell’infografica). È in quel momento che gli balena l’idea di ‘prolungare’ il tetto obliquo – col suo impianto fotovoltaico – verso il pendio della valle sottostante, alle spalle della capanna del Tamaro, che sta solo qualche decina di metri più in alto, ma dall’altra parte della cresta.

Sei mesi dopo, Cattaneo è seduto al tavolo di un ristorante a Bellinzona. Ci mostra sullo smartphone le fotografie scattate quel giorno dal cielo terso: «Questo è l’orizzonte, a sud. Non ci sono montagne più alte. Solo il Generoso. Ma è lontano». E «questa è la val Duragno, con la corte di sotto e l’erba che lì resta verde, perché siamo rivolti a nord-est: la parte pregiata del pascolo, dove pascolano mucche e capre».

La svolta verde

È qui, in cima a questa valle laterale, in una zona chiamata La Manèra (siamo nel Comune di Mezzovico-Vira), che il consigliere nazionale del Plr vuole realizzare l’‘impianto solare alpino Monte Tamaro’. A una quota di circa 1’800 metri, su un’area di 45’300 m2, verrebbero installati 17’544 moduli fotovoltaici in grado di produrre dai 15,6 ai 17,6 gigawattora (GWh) di elettricità all’anno (di cui oltre 800 kWh/kWp in inverno), pari al consumo annuale di circa 4mila economie domestiche. Il costo stimato dell’investimento – dedotto il previsto contributo federale – è di 20,5 milioni di franchi. Il dossier completo per ottenere l’autorizzazione – esame d’impatto ambientale compreso – dovrebbe essere pronto entro fine anno, forse già in autunno. I lavori potrebbero iniziare nell’estate del 2024. Data prevista per la messa in esercizio: estate 2025, in tempo utile per beneficiare dei contributi federali erogati in base alla legge urgente approvata lo scorso autunno dal Parlamento (vedi box).

Cattaneo si è riconvertito da tempo alle rinnovabili. L’ex petroliere (oltre 30 anni in City Carburoil) ammette di essere stato «fino a pochi anni fa molto scettico» riguardo al fotovoltaico. E anche dopo la sua svolta verde (che ha raccontato un anno fa in un’intervista al nostro giornale), per lui «gli impianti in campo libero restavano un tabù». Nel 2020 commissiona alla Supsi uno studio sul potenziale del fotovoltaico ‘non convenzionale’ (discariche, dighe, serre, autostrade ecc.) in Ticino. E a Berna sul tema presenta un atto parlamentare dietro l’altro (alcuni faranno breccia, come quelli sul solare nelle discariche e sulla formazione nel settore). A Cadenazzo, sul tetto della Stisa (la società di cui è amministratore), realizza un mega-impianto che prima o poi produrrà 3 megawattora (MWh) di elettricità all’anno.

‘Un colpo di fortuna’

Poi la Russia invade l’Ucraina. D’un tratto non si parla che di penuria energetica. E il ‘fotovoltaico alpino’ appare come una possibile via d’uscita. A Berna il Parlamento decreta l’‘offensiva solare’. Cattaneo non cincischia. In gennaio contatta la società d’ingegneria Basler & Hofmann di Zurigo e Nerio Cereghetti, ricercatore alla Supsi. Chiede loro di valutare il potenziale di un impianto fotovoltaico ‘alpino’ nell’area del Monte Tamaro. Duplice l’obiettivo: «Capire se c’erano i presupposti, a livello di produzione annuale e invernale, per promuovere un progetto del genere. E se esistevano dei ‘no-go’ [pregiudiziali, ndr] importanti, a livello di protezione dell’ambiente». In entrambi i casi, la conclusione è chiara.

Il progetto ha parecchi atout. In primo luogo: gli oltre 800 kWh/kWp di elettricità che verrebbe generata nei mesi invernali, da ottobre a fine marzo, nel periodo più critico dal punto di vista dell’approvvigionamento energetico. «In altri progetti simili – spiega il consigliere nazionale – stanno ancora valutando questo potenziale. Noi invece lo conosciamo già, perché la Swisscom ha consentito già mesi fa alla Supsi di accedere ai dati dell’impianto fotovoltaico sul tetto dell’edificio dove c’è l’antenna, adiacente al previsto parco solare». La zona, inoltre, è provvista dell’infrastruttura necessaria: «Arriva già un cavo, di proprietà della Swisscom e della Monte Tamaro Sa: basterà potenziarlo, non bisognerà costruire tralicci per trasportare a valle la corrente». Le premesse sono ottime anche sotto altri profili. Ad esempio: a differenza di quanto capita ad altitudini più elevate e su pendii più esposti, lì «le escursioni termiche sono ridotte e tira poco vento, ciò che evita di dover posare pesanti, profondi e costosi ancoraggi». Inoltre, dal fondovalle «non si vede niente». Cattaneo considera il sito un «Glücksfall», un colpo di fortuna.

Spinte e resistenze

Il montecenerino non si nasconde dietro un dito: il progetto – dice – è attrattivo anche dal punto di vista imprenditoriale. «Non mi alletta la prospettiva di continuare ad avere un prezzo della corrente che oscilla fortemente di anno in anno». La Monte Tamaro Sa (che attende il nullaosta di Berna per una nuova cabinovia al posto dell’attuale, e che pensa a una funivia tra l’Alpe Foppa e il Motto Rotondo), così come la Splash & Spa (il parco acquatico a Rivera, della cui società Cattaneo è presidente) e la stessa Swisscom «consumano molta energia». «Con un grande impianto fotovoltaico che produce elettricità – spiega il promotore – potremmo creare una comunità di consumo il cui fabbisogno verrebbe coperto da energia ‘pulita’, a prezzi stabili sul lungo termine. La corrente in esubero basterebbe per coprire buona parte del fabbisogno degli oltre 2’500 fuochi della val Carvina, dal Dosso di Taverne fino al Ceneri, e poi su fino a Isone».

Cattaneo ne ha già parlato con le principali aziende distributrici (Aziende industriali di Lugano, Azienda elettrica di Massagno, Azienda multiservizi Bellinzona, Sopracenerina). A questo stadio «tutte hanno dimostrato interesse», dice. Resta da vedere se ai primi, positivi segnali, faranno seguito impegni concreti. Anche sul piano finanziario.

Ma adesso la questione è un’altra. Da noi interpellati, sia il Municipio di Mezzovico-Vira che l’Ufficio del locale Patriziato si dicono ben disposti nei confronti dell’iniziativa. Resta da vincere la reticenza di principio di ambientalisti e autorità cantonali. In relazione al progetto pilota che la Ses promuove al Nara (vedi a pagina 8), il direttore del Dipartimento del territorio Claudio Zali ha dichiarato a ‘laRegione’ che – in generale – le riflessioni vanno «in un’altra direzione»: sfruttare il potenziale (che «basta e avanza») di edifici di grandi dimensioni nelle zone edificabili, «senza intaccare aree non edificate». Diffidenti, per ragioni analoghe, sono pure Wwf e Pro Natura. Critica, ma aperta a impianti ‘alpini’ che non facciano a pugni col contesto, la Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio. Cattaneo però non si scoraggia, convinto della bontà di un progetto che «si inserisce bene in un paesaggio dove ci sono già infrastrutture».

‘Rischiamo di perdere il treno’

Una cosa è certa: se il Cantone si mette di traverso, tutto si ferma. Per questo il consigliere nazionale attende un segnale chiaro – e a breve – da parte del Dipartimento del territorio. O del Consiglio di Stato. «Vallese e Grigioni – osserva – non hanno indugiato: hanno subito definito i criteri in base ai quali i progetti di fotovoltaico alpino potranno essere realizzati. Il Ticino, invece, non si è ancora mosso. Faccio fatica a capirlo, vista l’urgenza – da tutti riconosciuta – di produrre più elettricità in inverno». Cattaneo insiste: «Non possiamo lasciar passare altro tempo, sennò perderemo il treno. Che si abbia il coraggio politico di dirlo: ‘Sì, vogliamo il solare alpino in Ticino e lo vogliamo a queste condizioni’; oppure ‘No, non lo vogliamo’. Ma che lo si dica. Così capiremo subito se vale la pena investire altra energia e altri soldi».

Investire altra energia e altri soldi. Oppure tornare in sella solo per puro piacere. Pedalando per un’ora e mezza fino all’antenna. O starsene a casa: e in un’altra domenica di novembre, guardando su verso il Tamaro, scorgere – mentre tutt’attorno è ancora (o è già) notte – un’antenna che in questa stagione s’illumina presto la mattina ed è ancora rosseggiante la sera, quando tramonta l’ultimo sole che da un po’ ha abbandonato il fondovalle. E magari ripetere, ma stavolta con rimpianto, le parole dette in passato alla moglie Anna: «Se lì ci fosse un pannello solare, a quest’ora renderebbe già [o ancora, ndr]».

La scheda/1

Corsa alla manna federale

Requisiti semplificati per l’autorizzazione, concessa dal Cantone previo consenso di Comune e proprietari dei terreni; contributi federali fino al 60% dei costi di investimento; almeno il 10% della produzione prevista, o 10 gigawattora (GWh), immessi in rete entro la fine del 2025; messa in esercizio completa entro il 2030; e una soglia ‘ghigliottina’: raggiunti 2 terawattora (TWh) annui di produzione complessiva, nessun altro progetto beneficerà dei vantaggi previsti. Sono questi i contorni dell’‘offensiva solare’ voluta lo scorso autunno dal Parlamento. Le ordinanze che concretizzano la legge urgente sono entrate in vigore il primo aprile. Erano attese con impazienza dai promotori del ‘solare alpino’, smaniosi di capire se il santo vale la candela. Si direbbe di sì, a giudicare dai numerosi progetti presentati sin qui da grandi gruppi energetici o aziende elettriche regionali. All’inizio si parlava solo di quelli di Grengiols e Gondo, in Vallese. Nel frattempo sono state annunciate decine di altre iniziative, più o meno ambiziose, che prevedono – soprattutto nello stesso Vallese e nei Grigioni – parchi fotovoltaici in campo libero, oppure collegati a impianti di risalita, dighe o altre infrastrutture esistenti. Difficile dire quanti alla fine ne approfitteranno, da qui al 31 dicembre 2025. La Confederazione si aspetta che vengano depositati al massimo 200 progetti. La via ad ogni modo è tracciata, la corsa alla manna federale aperta.

La scheda/2

Obiettivo ‘fattore 6,25’

Il fotovoltaico vive un vero e proprio boom in Svizzera: dal 2019 i tassi di crescita annuali della potenza installata superano il 40%. Stando a Swissolar, gli impianti installati nel 2022 forniscono circa 1 terawattora (TWh) di elettricità aggiuntiva all’anno. Attualmente, il solare provvede a oltre il 7% del fabbisogno elettrico (2020: 4,7%). La tendenza è destinata a rafforzarsi. Lo scorso anno l’associazione che rappresenta i professionisti del settore puntava a raggiungere i 45 TWh entro il 2050, con una produzione annua di 25 TWh a partire dal 2035. Ciò significa moltiplicare per 6,25 i circa 4 TWh forniti nel 2022. Nel frattempo, il Parlamento ha fissato obiettivi ancor più ambiziosi: 29 TWh dal 2035. Il fotovoltaico contribuirà in maniera decisiva nei prossimi decenni alla copertura del fabbisogno invernale di corrente, ovviando in parte al previsto aumento dei consumi (dovuto alla mobilità elettrica e alla diffusione delle termopompe) e alla minor produzione generata da centrali nucleari in fin di vita. L’energia solare consente in particolare di sgravare il settore idroelettrico nei mesi più critici, in marzo e aprile, quando il livello dei bacini è al minimo. In quel periodo, gli impianti solari funzionano già di nuovo a pieno ritmo. Grazie a una produzione fotovoltaica accresciuta a cavallo di inverno e primavera, i bacini idroelettrici potranno dunque essere svuotati meno rapidamente.