Bagnovini: ‘Se non si inverte il trend rischio licenziamenti’. Zali: ‘Nessuna volontà di toccare gli investimenti, è un collo di bottiglia incidentale’
«Siamo molto preoccupati, questo è il nostro segnale d'allarme: andando avanti così il rischio è che si debba procedere a dei licenziamenti», rileva raggiunto da ‘laRegione’ Nicola Bagnovini, direttore della sezione ticinese della Società svizzera impresari costruttori, commentando il comunicato inviato poco prima dalla Ssic. Un comunicato che mette nero su bianco come "il numero medio di appalti pubblicati sul Foglio ufficiale del Cantone Ticino è in continua diminuzione. Siamo passati in pochi anni da valori superiori alle 3 gare d'appalto mediamente per settimana a 2,52 nel 2022 e addirittura a 1,58 nei primi tre mesi del 2023. Una tendenza, quella riscontrata per la verità già dallo scorso autunno, che preoccupa molto gli impresari costruttori ticinesi".
Per questo motivo, la Ssic "reagisce con fermezza invitando i committenti pubblici a non farsi abbagliare dai falsi risparmi sugli interventi di manutenzione e di miglioramento del loro patrimonio immobiliare".
La piccola premessa, una delle poche a confortare Bagnovini, è che «il dimezzamento degli appalti pubblici non porta automaticamente uno a uno il dimezzamento di imprese e lavoratori coinvolti, perché per fortuna il settore privato assorbe bene». Ma le note felici finiscono qui. Ed ecco perché «siamo arrivati a questo segnale d'allarme, in un contesto per noi già parecchio difficile». E Bagnovini snocciola quanto già noto ma sempre da rimarcare: «Negli ultimi anni abbiamo avuto la pandemia, i lockdown, l'aumento dei costi delle materie prime, la crisi energetica con i prezzi di carburanti ed elettricità che sono esplosi, sono cresciuti pure di un altro mezzo punto i tassi ipotecari arrivando al 3%... le imprese sono alle strette».
Una preoccupazione che arriva dal basso ai vertici della Ssic, perché «nelle ultime settimane abbiamo fatto le assemblee di tutte le sottosezioni regionali e tutte lamentano che non ci sono più offerte da calcolare». Il rischio è conseguente, afferma laconico Bagnovini: «Se non dovesse cambiare il trend, se si continuerà con questo ritmo saremo per forza di cose costretti a ridurre il personale e, addirittura, alcune imprese saranno costrette a chiudere. Saremo insomma costretti a fare tutto quello che vogliamo scongiurare».
A mancare, riprende il direttore della Ssic, «sono soprattutto opere di genio civile e di edilizia pubblica. Le pavimentazioni vanno ancora bene, ma da sole non bastano». Per fortuna, si diceva, il privato attutisce un po’ il colpo. Ma fino a un certo punto: «Una grossa mano arriva dai lavori come sostituzione di pompe termiche, posa di pannelli solari, cambio di finestre... ma non propriamente opere da impresario».
Il grande timore, in casa Ssic, è che questo calo di gare d'appalto sia diretta conseguenza dei conti pubblici da risanare. «Il pericolo più grande – rimarca infatti Bagnovini – è che di fronte alla necessità di risparmiare si taglino o ridimensionino gli investimenti di manutenzione. Certo, è molto difficile modificare servizi dello Stato, e parlo di Confederazione, Cantone e Comuni, perché si toccano sul vivo il personale e la comunità».
Ma, e qui il direttore della Ssic è lapidario, «un risparmio sulla manutenzione è un'arma a doppio taglio, perché si pagherà con gli interessi in un secondo momento. Innanzitutto perché crea mancanza di lavoro per le aziende che riducono il personale, spesso domiciliato, che deve ricorrere alla cassa disoccupazione o, peggio, in un secondo momento all'assistenza. Poi perché – continua Bagnovini – ci sono studi che dimostrano che chi fa una manutenzione regolare e corretta spende meno. A non far niente per anni spesso ci si trova a dover demolire perché si è deteriorata la struttura o, più banalmente, il tutto viene a costare molto di più perché sono più gli interventi da fare dovuti al tempo trascorso: sarebbe davvero un peccato frenare adesso sugli investimenti viste le difficoltà».
Timore sgombrato a stretto giro di posta dal presidente del Consiglio di Stato e direttore del Dipartimento del territorio Claudio Zali che, da noi raggiunto per una replica, è secco come una noce: «Da parte del Cantone, quindi del governo e del mio dipartimento, non c'è alcuna volontà di risparmiare sugli investimenti. Non esiste alcun programma di risparmio su questo ambito, perché quanto arriva a pubblicazione ora sul Foglio ufficiale è finanziato in base a messaggi precedenti andati in Gran Consiglio per l'approvazione».
Zali è convinto: «Noi spingiamo per investire, a partire dal rinnovamento del parco immobiliare, passando per il Tram-Treno del Luganese, finendo agli altri grandi progetti che abbiamo in campo. Che possa essersi verificato un collo di bottiglia è incidentale, ma non è assolutamente frutto di volontà o strategia da parte del Consiglio di Stato».
Anche perché, sottolinea ancora il direttore del Dt, «faccio il possibile per investire dal momento che mi rendo conto degli effetti positivi sull'economia con un'azione anticiclica. Eventuali programmi di risparmio, se proprio fossimo alla canna del gas, potrebbero toccare di striscio gli investimenti ma, nel caso, sarà assolutamente musica del futuro. Mi dispiace per questa situazione contingente, e spero che questo trend si possa invertire».