Ad Asti il giudice dell’udienza preliminare ha inflitto complessivamente trentaquattro anni di reclusione
È un conto molto salato quello che, nelle scorse settimane, in sede di udienza preliminare il giudice di Asti Giorgio Morando ha presentato agli "uomini d’oro" (fra loro anche due donne) accusati a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio aggravati, ricettazione e detenzione illegale di armi per aver nel 2021, nell’arco di sei mesi, trafugato in Canton Ticino oltre cento chilogrammi di oro per un valore (al prezzo attuale) di cinque milioni e mezzo di euro, proveniente da furti e truffe ai danni di persone anziane messe a segno in diverse località di Lombardia e Piemonte. Complessivamente il giudice, dopo aver concesso il rito abbreviato che ha comportato la riduzione di un terzo della pena, ha pronunciato condanne per complessivi 34 anni di reclusione e multe per decine di migliaia di euro, a fronte di richieste di condanne per 45 anni, avanzate dal pm Gabriele Fiz.
Lo stesso giudice Morandi ha disposto il processo in aula per un settimo imputato che professandosi estraneo ai fatti ha scelto il rito ordinario, con dibattimento in aula. Mentre la posizione di altri due imputati, considerati il terminale ticinese (abitano nel Mendrisiotto e nel Locarnese) del riciclaggio dell’oro, è stata stralciata e gli atti sono stati inviati alla magistratura ticinese che nell’ambito di una propria indagine, condotta dalla procuratrice pubblica Margherita Lanzillo, nel marzo dello scorso anno aveva portato in carcere oltre ai due italiani (un 61enne e un 31enne), anche un 62enne, pure lui italiano, residente nel Mendrisiotto, titolare di una piccola fonderia in cui veniva fuso l’oro e un 38enne svizzero, residente nel Luganese. Riciclaggio aggravato, falsità in documento e ricettazione per mestiere i reati ipotizzati dalla pp Lanzillo nel procedimento che ha portato agli arresti del filone svizzero legato al riciclaggio di oro rubato.
Tornando alla sentenza di Asti vi è da dire che la condanna più pesante, 10 anni di reclusione (14 anni la richiesta del pm), è stata inflitta a un 52enne nomade, residente a Correggio (Reggio Emilia), che prima dell’arresto si spostava continuamente in auto o in moto tra l’Emilia, il Piemonte e il Canton Ticino, dove si recava per portare a Mendrisio l’oro fuso in modo artigianale. Considerato il dominus dell’organizzazione, l’uomo si era ritagliato anche il ruolo di corriere del metallo giallo dal Nord Italia al Mendrisiotto. Otto anni e sei anni e otto mesi (rispetto alle richieste per entrambi di 10 anni) le condanne ai due presunti luogotenenti del 52enne il cui ruolo era quello di recuperare nei campi nomadi piemontesi l’oro rubato. Condanne pesanti in quanto nei confronti dei tre imputati il giudice dell’udienza preliminare ha riconosciuto il reato associativo.
Tre condanne fra i tre anni e quattro mesi e i tre anni e sei mesi al fratello e alla cognata del 52enne e a una seconda donna. Nel camper dell’uomo, parcheggiato in un campo nomadi di Pavia, venivano fusi i preziosi d’oro, che per i legittimi proprietari avevano un grande valore affettivo. Nella fase finale dell’indagine i carabinieri avevano trovato in borsoni, nascosti nel baule di un’autovettura non funzionante, parcheggiata in un garage di San Giusto Canavese, lingotti per 37 chilogrammi di oro e 970mila euro in contanti, sulla cui provenienza non ci sono certezze, anche perché nessuno li ha reclamati. In un secondo garage, questa volta ad Alessandria, la scoperta e il sequestro di 15 pistole e 1’500 proiettili di vario carico. In un terzo nascondiglio erano stati rinvenuti parecchi gioielli, ancora integri, in buona parte restituiti ai legittimi proprietari.