Ticino

Mobilità sostenibile, 11 milioni ma non per le auto elettriche

È il credito votato dal Gran Consiglio, con un cambio di paradigma in favore soprattutto dell’infrastruttura di ricarica

(Ti-Press)
19 ottobre 2022
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Undici milioni di franchi per incentivare la mobilità sostenibile. Nello specifico per favorire lo sviluppo dell’infrastruttura di ricarica dei veicoli elettrici a domicilio o presso datori di lavoro, e per l’acquisto di motocicli elettrici, ma non più per quello di automobili elettriche. È quanto deciso a stragrande maggioranza dal Gran Consiglio (68 sì e 1 no) aderendo – con un emendamento – al rapporto commissionale di Eolo Alberti (Lega) che invitava ad accettare il messaggio del governo del luglio 2021 con però una rimodulazione delle quote parte.

Già quattro anni fa il Gran Consiglio aveva approvato il messaggio governativo che prevedeva lo stanziamento di 3 milioni destinato alla transizione verso una mobilità meno inquinante, incentivando lo sviluppo dell’infrastruttura di ricarica e l’acquisto di veicoli elettrici. 1’937 le richieste accettate per un importo erogato di 2’740’000 franchi. "L’interesse è quindi stato più che positivo e ciò ha spinto il governo a riproporre il tema, ampliandone i contenuti", si legge nel rapporto.

Nel nuovo messaggio, una parte del credito da stanziare (6 degli 11 milioni) era previsto anche stavolta come incentivo per l’acquisto di automobili elettriche. Ma su questo aspetto la Commissione ambiente, territorio ed energia ha voluto fare degli approfondimenti. Da una parte ha preso atto della contrarietà espressa dall’Upsa (Unione professionale svizzera dell’automobile) in quanto secondo il messaggio anche l’importatore o il concessionario sarebbero stati chiamati alla cassa al pari del Cantone. D’altra parte, alla luce dell’evoluzione del mercato dell’automobile, ha constatato come l’acquisto di un nuovo veicolo a quattro ruote virerà sempre più verso mezzi elettrici nei prossimi anni, per cui ha ritenuto non si giustifichino più degli incentivi in tal senso.

Per questo la Commissione ha deciso per lo spostamento della quota parte originariamente destinata all’acquisto di auto elettriche (i 6 milioni, appunto) a favore, invece, degli incentivi per le strutture di ricarica, a eccezione della cifra necessaria all’evasione delle richieste pendenti sulla base del decreto del 2019, presentate entro il 31 dicembre 2021. Accogliendo un emendamento proposto da Giovanni Berardi (Il Centro/Ppd), il plenum ha però deciso di posticipare questo termine, in modo che si potranno erogare ancora contributi per auto elettriche a tutti coloro che ne hanno fatto richiesta entro il 30 settembre 2022.

No a una base legale che precisi la responsabilità del Cantone in caso di licenziamenti nelle aziende partecipate

Luce rossa invece dal parlamento alla creazione di una base legale per precisare la responsabilità sociale dello Stato nel caso di ristrutturazioni, liquidazioni o fallimenti di aziende che prevedono una partecipazione azionaria del Cantone Ticino. Con 40 contrari e 35 favorevoli, il Gran Consiglio ha respinto l’iniziativa parlamentare di Lorenzo Jelmini (Il Centro/Ppd) che prendeva spunto dalla vicenda dell’aeroporto di Lugano. Ovvero dal fatto che nel febbraio del 2021, proprio per la mancanza di una base legale che imponga o consenta al Cantone di finanziare o cofinanziare i piani sociali di Sa in cui ha una partecipazione, il parlamento aveva attribuito al Consiglio di Stato il compito di versare un contributo volontario e a fondo perso al Comune di Lugano a favore del Piano sociale per gli ex dipendenti della Lasa (Lugano Airport Sa) di 100mila franchi, tenendo conto delle particolari condizioni economiche e occupazionali del settore dell’aviazione durante la pandemia.

«Con l’intento di garantire la legalità nel malaugurato caso di situazioni analoghe abbiamo deciso di presentare questa iniziativa parlamentare per inserire la base legale che manca oggi», ha detto in aula Jelmini. L’atto parlamentare proponeva di assegnare all’esecutivo il compito di valutare se presentare una nuova legge o se invece proporre modifiche puntuali di legge per ogni singolo ente o azienda al cui capitale sociale già partecipa come Stato del Canton Ticino.

A prevalere sono state le tesi contrarie espresse da Alessandra Gianella (Plr) e condivise dal suo gruppo, Lega e Udc. In primo luogo la proposta «stravolgerebbe le regole della responsabilità sociale delle Sa. Se lo Stato intervenisse in quei casi, deresponsabilizzerebbe gli organi preposti nelle aziende e si creerebbe una disparità di trattamento con altre Sa», ha sostenuto la capogruppo liberale radicale. Inoltre «non sarebbe possibile elaborare una norma che possa tener conto di tutte le varie situazioni (25 le aziende partecipate dal Cantone, ndr). Risulterebbe troppo vaga». Se si riproponessero altre circostanze del genere, «si valuterà come intervenire caso per caso, come è stato fatto per la Lasa. Non è essere cattivi – ha giudicato Gianella –, il fatto è che non va creata una base legale su un caso specifico e particolare. D’altronde anche il governo rispondendo alla consultazione ha detto di non ritenere appropriato inserire ulteriori disposizioni nella legislazione cantonale». Andati dunque a vuoto gli appelli della relatrice del rapporto commissionale Anna Biscossa (Ps) che ha parlato di «un dovere etico da parte del Cantone per trovare una formulazione che certifichi la propria volontà di essere socialmente responsabile, come d’altronde richiede alle imprese private».