I copresidenti socialisti a ‘laRegione’ dopo le dimissioni del vicepresidente Roncelli: ‘Politicamente un atto coerente, ora un vero confronto sui temi’
«Umanamente abbiamo accolto con dispiacere la decisione di Roncelli, ma politicamente è un atto coerente». Sono passate poche ore da quando il vicepresidente del Partito socialista Evaristo Roncelli ha inviato ai media una lettera in cui spiega i motivi delle proprie dimissioni, e i copresidenti Laura Riget e Fabrizio Sirica nella sede de ‘laRegione’ esprimono in un lungo colloquio la loro posizione riguardo a una lettera «spedita ai media e non a noi». Una lettera nella quale Roncelli contesta molte posizioni assunte dalla dirigenza – si va dalla riforma fiscale e sociale del 2017 all’iniziativa contro l’allevamento intensivo, passando dalla "contrarietà" a utilizzare gli utili della Banca nazionale per l’Avs, dall’essere "favorevole" a prolungare l’orario di apertura dei negozi e per i vari pacchetti di misure e rilancio presentati dal Ps "dove ci sarebbero state tante cose da dire ma ho preferito tacere".
Insomma, è un eufemismo dire che non l’abbiate presa bene.
Sirica: Quando Roncelli ha dichiarato che avrebbe raccolto le firme contro la decisione della direzione di proporre due nomi per la lista rossoverde noi gli abbiamo proposto di trovarci e confrontarci. Lui non si è presentato. Dal punto di vista umano e dell’immagine del partito dispiace molto. Dal lato politico, però, è un atto dovuto. Se un vicepresidente non si riconosce nel progetto, in una chiara visione suffragata da un larghissimo consenso, è del tutto legittimo che abbia una posizione diversa, che rimanga nel partito ma non rappresentando la direzione che è un organo collegiale.
Ecco, voi auspicate rimanga nel partito. Ma già da un po’ circolano voci su una scissione da parte della corrente interna, o una sua parte, rappresentata fino a oggi da Roncelli in direzione.
Riget: Che questa opzione venga ventilata adesso, prima del congresso, ci preoccupa molto soprattutto perché nelle ultime settimane, e anche alla conferenza cantonale, i mozionanti stessi hanno detto che la scissione non sarebbe stata un’opzione. Assistiamo quindi a un inasprimento dei toni. Ci preoccupa per il partito ma soprattutto per le proposte che vogliamo portare avanti per le fasce più deboli della popolazione, per l’ambiente, per una trasformazione della nostra economia. A guadagnare da una sinistra spezzettata è unicamente la destra, la sua politica borghese che fa gli interessi di pochi privilegiati. La nostra base alla conferenza cantonale ha ribadito con una chiarissima maggioranza che si vuole costruire un fronte rossoverde unito. Quindi minacciare ora questa scissione significa andare in una direzione completamente opposta, e non fare il bene né del partito né delle battaglie che vogliamo portare avanti.
Sirica: A un lavoratore a 19 franchi orari cui il Consiglio di Stato non darà il misero adeguamento all’inflazione, importa che concretamente il partito si impegni per migliorare questa situazione e non chi è vicepresidente o no del partito. Gli cambia, semmai, se il Ps si divide perché si è molto meno forti. Se concordo sul fatto che il dibattito interno alimenti la forza del partito, una scissione sarebbe irresponsabile. Proprio per le persone che vogliamo rappresentare.
Però anche voi nella lettera che avete inviato alla base socialista giovedì scorso avete usato toni forti e siete passati all’attacco. Non avete pensato che a quell’azione potesse corrispondere una reazione?
Sirica: Una chiara presa di posizione in quella lettera c’è e lo rivendichiamo, anche ora dopo le parole di Evaristo. Secondo noi qui non si sta parlando di grandi differenze di sensibilità, abbiamo portato dei fatti. In due anni e mezzo non sono mai pervenuti documenti alternativi a tutta la politica che abbiamo presentato, con un piano di rilancio senza contestazioni, 14 o 15 comitati cantonali senza mai divisioni sui temi in votazione. Se ci fosse veramente questa grande diversità su un piano di rilancio che vuole una politica sostenibile, e in 19 misure diciamo come ottenerla, avremmo fatto dibattiti e conferenze cantonali. I fatti dicono che non c’è stato nulla di tutto questo. Allora è qualcos’altro, è tifoseria. Evaristo dice di non averlo fatto perché ha taciuto, ha posizioni diverse ma non le ha espresse. Laura e io non possiamo essere responsabili di questo. Accogliamo tuttavia lo stesso la sua tesi di fondo, sebbene non la condividiamo: quindi, prima del congresso, senza contarci o votare, organizzeremo delle serate con discussioni tematiche in cui inviteremo Roncelli e chiunque ha altre idee ad esempio in merito all’inscindibilità tra giustizia sociale e quella ecologica, ad esempio sulle politiche ambientali e socio-economiche necessarie per il Mendrisiotto. Confrontiamoci e vediamo se queste posizioni sono così diverse. Vediamo se ci saranno emendamenti sostanziosi alla nostra piattaforma, o se si sta minando l’immagine del partito a causa di personalismi.
Riget: Nel merito stesso, le proposte che portiamo avanti sono di riforma passo dopo passo della società e dell’economia. Si iscrivono nel solco della socialdemocrazia nella quale noi ci riconosciamo, così come Ps ticinese facciamo parte attiva del Ps svizzero che in tedesco si chiama appunto socialdemocratico perché si iscrive in questa tradizione. Respingiamo critiche ideologiche che si riferiscono a presunte correnti quando in verità si cerca di nascondere il vero nocciolo della questione.
Roncelli si pronuncia per la prima volta su temi che però lo vedono completamente alternativo alla linea del partito. C’è ancora spazio per questa corrente interna nel vostro partito, che è di sinistra e che ha stretto un’alleanza con i Verdi?
Sirica: Nel nostro partito c’è spazio per chiunque si riconosca nel programma del Pss e del Ps Ticino, ognuno con le proprie sfaccettature. Una scissione sarebbe unicamente legittima se non ci si riconosce più in questo programma e nelle proposte per l’ambiente, il ceto medio, i lavoratori e le lavoratrici. Se arriverà un progetto alternativo lo discuteremo.
Riget: Io e Fabrizio in maniera trasparente e in più di un’occasione abbiamo presentato il nostro progetto di alleanza rossoverde, di rinnovamento e con proposte concrete contenute in una piattaforma elaborata assieme ai Verdi. Dall’altra parte finora non abbiamo visto un progetto basato sui contenuti. Vediamo discussioni su nomi, personalistiche ma non un’idea politica. Come facciamo quindi a capire se ci sono, e quante sono, queste differenze politiche se dall’altra parte non arrivano proposte? Li invitiamo a presentare emendamenti, un’altra piattaforma, qualcosa su cui discutere e confrontarci.
Spesso però si ha l’impressione che l’incomunicabilità tra voi e la corrente interna sia anche personale. Un elettore che idea si fa di un partito dove il vicepresidente afferma testuale che "su molti temi ho evitato di esprimere la mia opinione"? Non è la prima volta che vi giungono critiche su un certo verticalismo.
Riget: Questo è uno dei motivi che ci ha spinti a mandare la nostra lettera non ai media, ma agli iscritti al partito. Dialogo e confronto ci sono già, solo nelle scorse ore ho discusso e parlato con compagne e compagni su quanto detto da Roncelli. Purtroppo, prima con i tre mozionanti (Roncelli, Muschietti e Degiorgi, ndr) e poi con Roncelli stesso non riusciamo a trovare un confronto e ci dispiace, rilanciamo nuovamente la nostra apertura.
Sirica: Però a me sta cosa fa un po’ sorridere. Citatemi un partito che discute con tutti i suoi iscritti la strategia interna e le alleanze. Io vado fiero del nostro grado di democrazia interna. La paura di dire delle cose in direzione fa male e stupisce, però dopo Roncelli non ha paura di esprimerle ai media o indire conferenze stampa… vedo una contraddizione che secondo me non è nostra. Nell’ottica del dialogo, però, dobbiamo andare avanti in maniera costruttiva. Noi lo promuoviamo, come sempre, ma non possiamo leggere la mente degli altri.
Questa sortita a un mese dal congresso non temete che rischi di logorare voi, Marina Carobbio e il percorso che avete davanti?
Riget: È logorante soprattutto per le rivendicazioni che portiamo avanti, perché distoglie attenzione ed energia da quelle che dovrebbero essere le vere priorità. Ieri c’è stato lo sciopero dell’edilizia, oggi l’estensione degli orari di apertura dei negozi contro cui probabilmente lanceremo un referendum, c’è il risanamento della cassa pensione dei dipendenti pubblici e l’esplosione dei premi di cassa malati… sono queste le priorità. Detto questo siamo sereni per il congresso, pensiamo che la strategia sia giusta e siamo fiduciosi che la base riconfermerà l’alleanza rossoverde. È chiaro che questo congresso è una tappa di un percorso nato due anni e mezzo fa, il nostro progetto da quando siamo stati eletti verte su tre pilastri: continuare l’alleanza coi Verdi iniziata da Igor Righini con successo; rinnovamento e giovani; avere un partito con una chiara linea che dopo aver discusso si porta avanti. Questo progetto è la concretizzazione di quanto detto. Se il congresso decidesse un altro progetto ne prenderemo atto assumendoci le nostre responsabilità.
Come fate a convivere con questo stigma che a sinistra non riuscite a scrollarvi di dosso, cioè litigare internamente distogliendo attenzione dai temi?
Sirica: Cercando di parlare di politica, e come abbiamo detto prima confrontandoci, discutendo. Poi è una libera scelta decidere se si è ancora nel solco del partito o no, ma ribadisco che sono convinto che approfondendo i temi le distanze non saranno così profonde.
Riget: Uno dei punti che umanamente mi ha dato più fastidio è la critica secondo cui non saremmo democratici. Se ci sono questi litigi è proprio perché siamo così democratici, Lega e Udc sono in una situazione simile: stanno discutendo, ma non si sente uno spiffero perché non hanno comitati, conferenze cantonali, congressi... Hanno una serie di colonnelli che in una sala a porte chiuse decidono. Finché avremo democrazia interna è inevitabile che ci saranno differenze.
Voi contestate i personalismi, ma il fatto che spesso si riduca il tutto a Carobbio e Mirante è dovuto al fatto che è mancato altro a livello di politica?
Sirica: No. È paradigmatico che tutta questa discussione non ci sarebbe stata con il nome di Mirante sulla nostra lista. È a questo che si riduce tutto: anche l’incomunicabilità che dicevamo prima, è figlia di una strategia precisa da parte loro. E non possiamo farci niente.
Riget: Per non parlare delle tempistiche… Da mesi parliamo di alleanza, condizioni, rivendicazioni comuni. Addirittura prima che iniziasse questo percorso c’era chi aveva cercato di mettere al centro la propria persona. I nomi devono arrivare alla fine e devono essere funzionali al progetto rossoverde, a una visione e alle rivendicazioni. Se i nomi non sono funzionali a ciò, sono i nomi sbagliati. Amalia Mirante all’inizio ha detto che non si riconosceva in questo progetto. Ora non si sa. Si riconosce? Non si riconosce? In che progetto si riconosce?
Sirica: La domanda che deve porsi il congresso è quale sia il nome più rappresentativo del partito. Se qualcuno ritiene che per questo progetto di unione coi Verdi, rispetto a Carobbio, è più rappresentativa una persona che dice ‘noi valiamo tre e loro due’ ne prenderemo atto pur non condividendo.