Le dimissioni di Roncelli aprono a una possibile scissione. Ma un conto è contestare sui temi, un altro dire che dei socialisti sono ‘troppo’ di sinistra
I sei mesi che mancano alle elezioni cantonali per il Ps rischiano di trasformarsi da sereno percorso d’accompagnamento all’elezione in governo di Marina Carobbio ad accidentato e logorato cammino, con una pericolosa radicalizzazione delle posizioni interne al partito. Le dimissioni del vicepresidente Evaristo Roncelli saranno "un atto coerente", come rilevano i due copresidenti Riget e Sirica nella nostra intervista. Ma rappresentano una frattura che sembra insanabile.
Però ci vuole senso di realtà. Per la prima volta Roncelli spiega su quali temi, ad avviso della corrente interna che sostiene Amalia Mirante, le opinioni divergono: la riforma fiscale e sociale del 2017, l’iniziativa contro l’allevamento intensivo, la contrarietà a utilizzare gli utili della Bns per finanziare l’Avs, l’essere favorevole a prolungare l’apertura dei negozi. In breve: se buona parte di questo elenco l’avesse stilato un liberale radicale nessuno avrebbe provato grande sorpresa. E se anche sul piano di rilancio e sul pacchetto di misure anti-inflazione presentati dalla direzione del Ps "ci sarebbero state cose da dire, ma ho preferito tacere" allora, davvero, mal si comprende l’ambizione di avere un nome forte – leggasi Mirante – per la corsa al Consiglio di Stato se non si condivide niente o quasi dell’azione politica del proprio partito.
Quello della corrente interna è stato un controcanto che se si fosse fondato – subito, non ora – sui temi e non su posti e nomi sarebbe stato molto più arricchente sia per il partito, sia per l’area. Che la sinistra a livello quantomeno europeo abbia una certa propensione alle divisioni è cosa nota dalla sua nascita, minuto più minuto meno. Ma una divisione che trae origine da una visione diversa del progressismo è una cosa, una divisione con orizzonte scissione che si deve al contestare una sinistra che fa la sinistra in un partito che si chiama "socialista", e sul fatto che non ci sia un secondo nome forte nella lista rossoverde per il governo, è ben altra cosa.
Ciò detto, le responsabilità non sono mai da cercare da una sola parte. Se un vicepresidente sente di non aver diritto di parola nel proprio partito evidentemente c’è qualcosa che non funziona, in quel partito. A un mese dal congresso, la volontà della copresidenza di organizzare incontri tematici invitando tutti i profili che hanno manifestato dubbi su genesi e composizione della lista progressista è un’apertura al dialogo e una mano tesa alla minoranza. Questa minoranza, però, dovrebbe anche cominciare a fare i conti coi numeri. La conferenza cantonale da lei richiesta si è svolta, dopo il balletto estivo sulle firme raccolte o non raccolte per convocarla, su impulso della direzione. La stessa conferenza cantonale del Ps ha sostenuto ad ampissima maggioranza la linea della direzione sul mettere in lista un nome forte e un esponente della Gioventù socialista. Quando Riget e Sirica affermano che i momenti democratici ci sono stati, hanno ragione. Quando i momenti democratici hanno un esito che porta chi ne auspicava un altro a tirare ancora la corda, le conseguenze possono essere nefaste.
Starà alla direzione del Ps sfruttare questo momento di tensione per fare chiarezza una volta per tutte, conscia che la non unanimità che fa il nome di Carobbio e il rischio di perdere voti probabilmente non metteranno in pericolo la conferma del seggio. Ma sono un campanello d’allarme che suona forte per chi ha ambizioni di crescita.