Il presidente dell’Agenzia per il fiume Po: ‘Lo studio per capire se il lago Maggiore può essere innalzato va fatto subito’. Questa sera una conferenza.
Agricoltori in fila per rifornirsi d’acqua alle vasche provvisorie messe a disposizione dalla Protezione civile. Coltivazioni secche e boschi dai colori autunnali già a fine agosto. L’estate che abbiamo appena vissuto verrà senza dubbio ricordata per la grande siccità che ha colpito il Ticino (e non solo). Una situazione straordinaria che, avvertono gli scienziati, potrebbe diventare la consuetudine in futuro.
La problematica sarà al centro dell’incontro in programma questa sera (alle 18.15) alla biblioteca cantonale di Locarno dal titolo "Clima e ciclo dell’acqua". La serata è organizzata dal club Plinio Verda. A prendere la parola saranno due esperti della materia: Mauro Veronesi, responsabile dell’Ufficio cantonale della protezione delle acque e dell’approvvigionamento idrico, e Meuccio Berselli, geologo e direttore dell’Agenzia interregionale per il fiume Po. Con quest’ultimo abbiamo voluto capire quali sono le sfide future che attendono la regione insubrica e cosa ci si deve aspettare su questo tema dai rapporti fra Ticino e Italia.
Come possiamo definire l’estate che la regione insubrica e il Po hanno appena vissuto?
Dai dati che abbiamo pensiamo che il 2022 verrà ricordato come un anno ‘fresco’. Questo perché le prossime estati saranno ancora peggiori di quella che abbiamo appena trascorso. Non siamo nella situazione di stabilire se il cambiamento climatico c’è o non c’è, ma ci troviamo già in uno stato di emergenza. Vanno quindi introdotte strategie e fatti investimenti per andare a mitigare la scarsità idrica. Ovvero che una parte del territorio possa rimanere senz’acqua. Non conosco infatti nessuna società evoluta che non ha disponibilità idrica. Anzi, in genere si creano conflitti e tensioni sociali.
Quali sono stati, nel concreto, i fattori che ci hanno messo così tanto in difficoltà negli ultimi mesi?
Quello che è successo quest’anno può essere d’insegnamento per evitare che non succeda ancora in futuro. I tre fattori chiave sono stati: una diminuzione del 70 per cento delle nevicate durante il periodo invernale, oltre 120 giorni senza pioggia nella tarda primavera e una temperatura di 3-4 gradi sopra la media. Una combinazione che ha creato la ‘crisi perfetta’. A soffrire maggiormente sono stati l’agricoltura e il comparto idroelettrico.
Ma non solo...
A questi si aggiunge, e non è meno importante, l’ecosistema. Diversi corridoi di biodiversità sono rimasti bloccati, impedendo agli animali di spostarsi e mettendone in difficoltà la riproduzione. Inoltre l’acqua salata ha risalito il fiume Po per oltre 40 chilometri modificando la falda. Da acqua dolce si è passati ad acqua salmastra.
Quali sono gli interventi che si possono fare per migliorare la situazione?
Per evitare questo bisogna realizzare degli invasi, anche grandi come le dighe. Oppure cercare di sfruttare meglio l’acqua dei depuratori e migliorando la rete idrica che ha ancora perdite.
Una tema particolarmente sentito in Italia, dove dopo il disastro del Vajont (1963) non si sono più realizzate dighe.
Io non sono per forza a favore delle dighe. Ma nei posti dove c’è un bilancio idrologico negativo, e c’è un deficit dovuto alla scarsità di pioggia, bisogna intervenire. Altrimenti la popolazione sarà costretta a spostarsi. Sono interventi che non vanno fatti scollegati uno dall’altro, ma ragionati nell’ottica di una strategia condivisa.
A proposito di strategia condivisa, durante l’estate lei si era appellato anche alle autorità svizzere chiedendo di aumentare il livello del lago Maggiore.
È il principio della sussidiarietà. Chi ha di più dà a chi ha di meno. Quest’anno l’acqua del lago Maggiore era assolutamente necessaria, come lo era già stato nel 2017. È sbagliato avere interessi locali contrari al pensiero del lago come un grande magazzino e una risorsa a disposizione della collettività. Avere una maggiore quantità d’acqua andrebbe anche negli interessi della biodiversità del lago Maggiore. Sono comunque ragionamenti che vanno fatti annualmente, non si può riempire il bacino durante l’estate. Va fatto in primavera per avere una riserva a disposizione in caso di siccità.
La Confederazione ha fatto sapere di avere avviato una sperimentazione, che si concluderà nel 2026, per capire gli effetti di un innalzamento del livello del lago Maggiore.
Ora che la sperimentazione si sarà conclusa potremmo aver avuto altri 3 o 4 anni di siccità. Il problema è urgentissimo e probabilmente siamo già in ritardo. Il bacino del Po ha avuto sette crisi idrologiche negli ultimi vent’anni, è ormai una tendenza in aumento. Il fatto che a dover risolvere la situazione siano due Stati sicuramente non semplifica la soluzione. Bisogna essere più veloci. Quando i problemi sono emergenziali la risposta deve essere tempestiva. Purtroppo ci troviamo a dover aprire un tavolo bilaterale e parlare con le ambasciate. Questo anche perché la Svizzera non è nella comunità europea e il processo internazionale è più lungo. Lo studio però va fatto subito, per dare una risposta già nel 2023.