Mozione dell’Mps: ‘Assurdo affidare la cassa al mercato azionario, si torni almeno alla proposta iniziale del governo’. La Lega: ‘Sarà referendum’
Il Movimento per il socialismo chiede con una mozione di abbandonare l’operazione avallata in primavera dalla maggioranza del parlamento cantonale (contrari lo stesso Mps e il Partito comunista) e di tornare "almeno" alla proposta iniziale del Consiglio di Stato, contenuta nel messaggio del gennaio 2020, "di un versamento, da effettuare con accrediti annuali, di 500 milioni" all’Ipct. Su posizioni diametralmente opposte la Lega, che nella recente interpellanza del socialista Raoul Ghisletta (vedi l’edizione di sabato 6) intravede "l’intento di sabotare il modello di risanamento tramite prestito obbligazionario da 700 milioni formulato nel rapporto Guerra-Pamini (firmato da Durisch, Gianella, Dadò e Bourgoin) e approvato dal Gran Consiglio a larghissima maggioranza (Ps compreso) lo scorso 12 aprile". E per mettere subito le cose in chiaro il Movimento di via Monte Boglia ribadisce in una nota che "qualsiasi tentativo di ‘risanare’ l’istituto pensionistico cantonale mettendo le mani nelle tasche dei contribuenti sarà immancabilmente avversato da un referendum".
Sono finora le reazioni nero su bianco alla recente notizia dell’emissione andata a vuoto della prima tranche obbligazionaria prevista dal piano approntato – considerato anche il referendum minacciato dalla Lega qualora fosse stato accolto il messaggio governativo del 2020 – dal Gran Consiglio (sottocommissione Finanze) e dal governo, con l’ok dell’Istituto di previdenza del Canton Ticino, per migliorare la situazione finanziaria di quest’ultimo, l’Ipct, la cassa pensioni degli statali, circa 16mila assicurati attivi. Piano secondo il quale il Cantone raccoglie sul mercato monetario 700 milioni di franchi tramite l’emissione di tre tranche obbligazionarie, i capitali entrano poi nelle disponibilità dell’Ipct che li investe sui mercati finanziari. L’esito negativo dell’emissione della prima tranche era tra le righe dell’interpellanza inoltrata venerdì da Ghisletta (titolo: "È fallita l’operazione finanziaria speculativa dei 700 milioni di franchi all’Ipct per finanziare le rendite garantite per legge nel 2012 nella fase di cambiamento del sistema? Si tornerà alla soluzione iniziale proposta dal Consiglio di Stato?". È stato il direttore del Dipartimento finanze ed economia, interpellato dalla ‘Regione’ sull’atto parlamentare di Ghisletta, a spiegare come sono andate le cose. "A fine giugno – ha dichiarato fra l’altro Christian Vitta – Il Consiglio di Stato in accordo con la cassa pensioni ha fatto una prima asta chiedendo una tranche tra i 200 e i 250 milioni con una durata di trent’anni. Le offerte rientrate non rispettavano però questi parametri, ovvero la durata e/o l’importo, e quindi non si è proceduto alla sottoscrizione. Verosimilmente ciò è da attribuire alla particolare incertezza che regna sui mercati finanziari e borsistici. Si riproverà più in là con una nuova asta".
E se la Lega dei Ticinesi sostiene che "non esiste alcuna alternativa all’opzione approvata dal Legislativo per il risanamento della cassa pensioni cantonale", nella loro mozione i deputati dell’Mps Matteo Pronzini, Simona Arigoni, Angelica Lepori scrivono, a proposito di quanto varato dal Gran Consiglio in aprile, di "decisione assurda da più punti di vista". Assurda perché? "Prima di tutto – annotano – perché affida il futuro della cassa (e quindi delle pensioni di migliaia di dipendenti pubblici – dipendenti del Cantone, dei Comuni, di diversi servizi sociali, della Supsi, dell’Usi ecc) a eventuali performance del mercato azionario; in secondo luogo poiché con questa soluzione il datore di lavoro (il Cantone in primis) non ci mette di proprio nemmeno un centesimo; infine poiché è evidente che investire e – soprattutto – far rendere 500 o 700 milioni nell’attuale contesto dei mercati finanziari appare (e appariva già al momento del dibattito in Gran Consiglio nel corso della scorsa primavera) come operazione altamente difficile e, va da sé, rischiosa".
A votare a favore dell’operazione oggi contestata non solo dall’Mps, ma pure dal socialista Ghisletta, è stato anche il Ps. «Era l’unica soluzione in quel momento sul tavolo, che noi abbiamo appoggiato per non creare ulteriori difficoltà all’Ipct e alle sue migliaia di assicurati, visto che Lega e Udc avevano assicurato il lancio del referendum in caso di accettazione da parte del parlamento della proposta iniziale del Consiglio di Stato, quella del contributo da 500 milioni – tiene a puntualizzare il capogruppo in Gran Consiglio Ivo Durisch –. Tuttavia abbiamo sempre detto che il gioco delle tranche obbligazionarie funziona solo se il mercato è rialzista e che quindi l’operazione è rischiosa e il rischio se lo assume purtroppo l’Ipct. Insomma, l’operazione varata in aprile è azzardata, e oggi i fatti lo dimostrano. Il datore di lavoro si deve però assumere le proprie responsabilità e non può scaricare il rischio sulla cassa pensioni. A questo punto quella di ripescare il messaggio governativo del gennaio 2020 è una proposta che condividiamo». A lasciare la porta aperta sul ritorno al versamento di 500 milioni all’Ipct da parte del Cantone è anche Samantha Bourgoin dei Verdi. «Come Commissione della gestione abbiamo optato per la soluzione attuale, che ora non sembra funzionare, semplicemente perché la Lega aveva annunciato il referendum contro quella originale del Consiglio di Stato. Su questo tema non si voleva andare allo scontro». La deputata sottolinea il ruolo di responsabilità dell’ente pubblico: «Il problema va risolto e non ci devono essere tabù. Come Cantone non possiamo far finta di non essere un datore di lavoro, anzi dobbiamo esserne orgogliosi». Quali quindi le soluzioni possibili? «Non mettiamo un veto al versamento da 500 milioni. Non sono molte le vie praticabili. Abbiamo condiviso la decisione uscita in aprile dal Gran Consiglio non tanto perché abbiamo fiducia cieca negli investimenti in borsa, ma per evitare, come detto, di portare alle urne il tema, esasperandolo con facili populismi. Ovviamente il problema rimarrebbe se la Lega dovesse prospettare il lancio del referendum, come pare, in caso di luce verde del parlamento al messaggio licenziato nel 2020 dal governo».
Più fiduciosa sul modello di risanamento votato dal Gran Consiglio in primavera è Alessandra Gianella (Plr), che sottolinea come l’instabilità del mercato fosse un elemento preventivato: «Non vedo un grande problema sul fatto che non si sia riusciti a partire con questa prima tranche. In parlamento abbiamo spiegato come la situazione a livello di mercati potesse essere incerta». Una fase d’instabilità che continua a perdurare, con i tassi d’interesse in crescita e la borsa in discesa. «Per questo la convenzione tra Ipct e Consiglio di Stato è stata aggiornata, prevedendo maggiore flessibilità. Bisognerà entrare sul mercato al momento giusto. Tornare a parlare del versamento da 500 milioni? Mi sembra prematuro viste le premesse». L’orizzonte, rassicura la capogruppo del Plr in parlamento, è comunque piuttosto lontano: «Si parla di trent’anni. È un periodo molto lungo. Si può fare una valutazione più avanti e aspettare un momento più opportuno per partire con la prima tranche». Osserva a sua volta il deputato del Centro/Ppd Lorenzo Jelmini: «Non ci illudevamo davvero che tutto sarebbe stato facile, per cui non mi sorprende questa difficoltà iniziale, che oltretutto non significa ancora che l’operazione votata in aprile dal Gran Consiglio sia fallimentare e che quindi si debba tornare indietro. Peraltro farei molta attenzione a proporre un ritorno al messaggio governativo del 2020. Non sarei per niente tranquillo, perché se la Lega dovesse promuovere il referendum, cosa che ha appena ribadito, andare davanti al popolo – in questo momento storico, difficile per tutti – con una richiesta come quella contenuta nel messaggio iniziale del Consiglio di Stato, la probabilità che venga bocciata è piuttosto alta: ci ritroveremmo così con una situazione della cassa pensioni disastrata».
«Fin dall’inizio tutti – afferma il leghista Michele Guerra – erano consapevoli del fatto che si stesse andando verso un periodo ‘invernale’ per i mercati finanziari. Anche per questo motivo fra maggio e giugno Consiglio di Stato e Ipct hanno reso più flessibile la convenzione fra Cantone e cassa pensioni. Non c’è dunque alcuna sorpresa nel riscontrare qualche problema in questo frangente. Posso dire che la soluzione – sostenuta da tutti i gruppi parlamentari – continua a essere valida. Bisogna solo attendere di superare questa fase difficile dei mercati e realizzare il risanamento con maggiore flessibilità. L’economia ce lo insegna: funziona sempre tutto in modo ciclico. Inoltre, il buon timoniere si vede nella tempesta. Scappare di fronte al primo problema non mi pare molto saggio. Ripeto: la soluzione sostenuta da tutti i gruppi parlamentari rimane valida. Aveva e ha un orizzonte di medio termine: non doveva e non deve partire domattina. Serve quindi saggia pazienza. E per la Lega questa rimane l’unica via in quanto, sostanzialmente, non si versano soldi del cittadino a fondo perso, ma li si ‘presta’ in modo remunerato. Se a qualcuno dovesse venire l’idea di ritirare il proprio sostegno al compromesso raggiunto in aprile e tornare al messaggio governativo iniziale, ovvero ai 500 milioni dati a fondo perso e non prestati, magari usando come scusa le difficoltà iniziali, ecco che la Lega ha già annunciato un referendum. Sarebbe però peccato: per una volta tutti i gruppi parlamentari erano d’accordo e convinti». Sulla stessa lunghezza d’onda Paolo Pamini (Udc), che ricorda: «La soluzione attuale è stata concordata in dettaglio dalla commissione parlamentare della Gestione, il Consiglio di Stato e l’Ipct».
Altro tema politicamente caldo legato al trattamento pensionistico, e meglio alle rendite degli affiliati all’Ipct, è il tasso di conversione. Di cui si prospetta la riduzione a partire dal gennaio 2024, una diminuzione graduale su più anni, dal 6,17 al 5 per cento. E quello delle possibili misure di compensazione è un argomento «che resta prioritario», riprende Gianella: «Come parlamento dovremo affrontarlo presto. È importante che si mantenga l’attenzione anche su questo aspetto». Avverte Durisch: «Senza misure di compensazione, di competenza del Gran Consiglio, le pensioni degli assicurati all’Ipct diminuirebbero di un’ulteriore venti per cento. Il Ps si batterà perché ciò non accada». Contraria a misure di compensazione la Lega, che anche in questo caso minaccia il lancio del referendum. «Quelle misure sono necessarie per garantire alla fine dell’attività lavorativa pensioni dignitose – sottolinea Jelmini –. Da anni una parte della politica prende di mira ingiustamente i funzionari pubblici e questo ha spinto diverse persone a cercare lavoro nel privato. Bisogna invece rendere attrattiva anche la funzione pubblica, per garantire la qualità di prestazioni e servizi alla collettività. Questo passa pure da un adeguato trattamento pensionistico, che non è più quello che alcuni consideravano da nababbi di dieci o vent’anni fa».