Oggi a Mendrisio il congresso, in equilibrio tra la soddisfazione per i risultati ottenuti e i timori per la ‘decadenza’ della Svizzera, specie in Ticino
Tutti in piedi a cantare il Salmo svizzero. Si è aperto così, "in favor del patrio suol", il congresso ordinario dell’Udc ticinese, ieri mattina al Cinema Teatro di Mendrisio. Davanti a una settantina di persone il presidente cantonale Piero Marchesi, rieletto per acclamazione, ha ribadito la volontà del partito di puntare a un seggio in Consiglio di Stato – «non lo nascondiamo, e lo abbiamo già detto in modo piuttosto chiaro» – confermando però allo stesso tempo la disponibilità a correre per l’esecutivo insieme alla Lega, come nel 2019. Dopotutto, ha ricordato Marchesi, «abbiamo da sempre un rapporto privilegiato e interessi comuni da valorizzare. A parte qualche personalismo che ogni tanto complica le cose, l’intesa sui temi rimane positiva». Per le Federali, il tandem mira a riconquistare il terzo seggio andato perso al Consiglio Nazionale.
La soddisfazione di Marchesi per i risultati registrati dal 2016, anno della sua elezione, è palpabile: al di là della crescita al legislativo c’è un partito «in buona salute», che «anche nell’opinione pubblica e nei media non è più quella formazione marginale, quasi folcloristica, da invitare ai dibattiti quando c’è una sedia libera». Inoltre, in Gran Consiglio «l’Udc non è più il partito che dice solo no, ma è ora capace di creare alleanze e soprattutto di vincere», come dimostrano i verdetti popolari su temi quali il pareggio di conto economico entro il 2025 – il cosiddetto ‘Decreto Morisoli’ – e la sussidiarietà. Un consolidamento arrivato a Berna in forma di doppia rappresentanza, con lo stesso Marchesi alla camera bassa e Marco Chiesa agli Stati.
Ma cos’è l’Udc? «Noi siamo il partito che difende i contribuenti, in particolare quelli del ceto medio, i piccoli e medi imprenditori, i proprietari immobiliari, quelle persone che si alzano ogni mattina per lavorare, creare ricchezza e prosperità», ha risposto Marchesi; il partito del ‘Prima i nostri’ e contrario all’aumento delle imposte, che si oppone alla «scuola social-comunista disegnata da Bertoli e dal suo Politbüro» e difende «la famiglia tradizionale, composta da un papà, da una mamma e possibilmente dei figli», mentre «non accettiamo che la famiglia tradizionale venga sacrificata per santificare diritti insostenibili, asterischi o acronimi impronunciabili».
Non sono mancate le bordate agli altri partiti, Lega a parte: «C’è da rallegrarsi per l’impronta più liberale che radicale del presidente Speziali», ha notato Marchesi del suo omologo Plr, anche se «la componente radicale è sempre pronta a seguire la sinistra in molte sue battaglie». Parole più dure per il Ppd – «oramai solidamente guidato dalla sinistra sindacale e malgrado il suo presidente Dadò cerchi di fare l’occhiolino ai conservatori» – e naturalmente per i ‘rossoverdi’.
In generale, la visione di società delineata a Mendrisio è ben riassunta dall’incipit di Marco Chiesa, che ha chiesto alla platea: «Ma dove siamo finiti?». Il consigliere agli Stati ha dipinto uno scenario da tramonto dell’Occidente: «Pezzo dopo pezzo le nostre certezze di fieri cittadini svizzeri sono state picconate, cancellate, tradite da una sinistra europeista, da verdi moralisti e da un centro divenuto troppo timido per tutelare i valori liberalconservatori del Paese». Un Paese in cui energia elettrica, lavoro e difesa non sarebbero più garantiti, in cui si cede all’«ossimoro» della «neutralità cooperativa» e si assiste a «una perdita di valori e di spina dorsale che ci porterà alla rovina».
Al congresso ha partecipato Norman Gobbi, che d’altronde ha anche la tessera Udc oltre a quella leghista. Il direttore del Dipartimento delle istituzioni si è soffermato sul «sottile equilibrio tra sicurezza e libertà», passando in rassegna le minacce globali – guerra tradizionale e cyber, cambiamento climatico, difficoltà di approvvigionamento energetico e non, crisi alimentari – che potrebbero arrivare presto alle nostre porte: l’immagine che ci arriva dal suo PowerPoint è quella di un barcone di migranti, a simboleggiare le pressioni sui confini ipotizzate per la crisi del grano, ma c’è anche la criminalità organizzata, contro la quale Gobbi ha confermato il suo impegno.
L’analisi economica è stata affidata al capogruppo in Gran Consiglio Sergio Morisoli (vedi anche ‘laRegione’ di sabato scorso), e anche in questo caso il Leitmotiv è stato il declino della «Rust Belt Texin», paziente i cui valori appaiono tutti sballati, dall’impiego di svizzeri e residenti al salario mediano. La soluzione sarebbe triplice: sanare un mercato del lavoro «saccheggiato», ricorrendo a nuove regole; frenare «uno Stato che invade sempre nuovi spazi»; riformare lo Stato sociale, circa il quale «si ragiona ancora come trenta o quarant’anni fa». Nell’immediato: cancellare la tassa di collegamento, ridurre quella di circolazione e neutralizzare fiscalmente l’aumento delle stime immobiliari, salvaguardando così il potere d’acquisto del ceto medio.
Ma il piano Udc non sarà troppo liberista per i cugini leghisti? Lo abbiamo chiesto a Marchesi, che non vede grandi problemi. Dopotutto «l’Udc è un partito liberalconservatore: liberale in economia e conservatore nei valori. È anche vero che ciò non ci impedisce di vedere certi problemi: la libera circolazione, ad esempio, è il sunto perfetto del liberalismo spinto, e noi siamo assolutamente contrari, ritenendo opportuno intervenire laddove è necessario farlo».