Ticino

L’Udc si incontra e rilancia per il Consiglio di Stato

Oggi a Mendrisio il congresso, in equilibrio tra la soddisfazione per i risultati ottenuti e i timori per la ‘decadenza’ della Svizzera, specie in Ticino

Il presidente cantonale e consigliere nazionale Piero Marchesi
(Ti-Press)
12 giugno 2022
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Tutti in piedi a cantare il Salmo svizzero. Si è aperto così, "in favor del patrio suol", il congresso ordinario dell’Udc ticinese, ieri mattina al Cinema Teatro di Mendrisio. Davanti a una settantina di persone il presidente cantonale Piero Marchesi, rieletto per acclamazione, ha ribadito la volontà del partito di puntare a un seggio in Consiglio di Stato – «non lo nascondiamo, e lo abbiamo già detto in modo piuttosto chiaro» – confermando però allo stesso tempo la disponibilità a correre per l’esecutivo insieme alla Lega, come nel 2019. Dopotutto, ha ricordato Marchesi, «abbiamo da sempre un rapporto privilegiato e interessi comuni da valorizzare. A parte qualche personalismo che ogni tanto complica le cose, l’intesa sui temi rimane positiva». Per le Federali, il tandem mira a riconquistare il terzo seggio andato perso al Consiglio Nazionale.

La soddisfazione di Marchesi per i risultati registrati dal 2016, anno della sua elezione, è palpabile: al di là della crescita al legislativo c’è un partito «in buona salute», che «anche nell’opinione pubblica e nei media non è più quella formazione marginale, quasi folcloristica, da invitare ai dibattiti quando c’è una sedia libera». Inoltre, in Gran Consiglio «l’Udc non è più il partito che dice solo no, ma è ora capace di creare alleanze e soprattutto di vincere», come dimostrano i verdetti popolari su temi quali il pareggio di conto economico entro il 2025 – il cosiddetto ‘Decreto Morisoli’ – e la sussidiarietà. Un consolidamento arrivato a Berna in forma di doppia rappresentanza, con lo stesso Marchesi alla camera bassa e Marco Chiesa agli Stati.

‘Ppd guidato dalla sinistra sindacale’

Ma cos’è l’Udc? «Noi siamo il partito che difende i contribuenti, in particolare quelli del ceto medio, i piccoli e medi imprenditori, i proprietari immobiliari, quelle persone che si alzano ogni mattina per lavorare, creare ricchezza e prosperità», ha risposto Marchesi; il partito del ‘Prima i nostri’ e contrario all’aumento delle imposte, che si oppone alla «scuola social-comunista disegnata da Bertoli e dal suo Politbüro» e difende «la famiglia tradizionale, composta da un papà, da una mamma e possibilmente dei figli», mentre «non accettiamo che la famiglia tradizionale venga sacrificata per santificare diritti insostenibili, asterischi o acronimi impronunciabili».

Non sono mancate le bordate agli altri partiti, Lega a parte: «C’è da rallegrarsi per l’impronta più liberale che radicale del presidente Speziali», ha notato Marchesi del suo omologo Plr, anche se «la componente radicale è sempre pronta a seguire la sinistra in molte sue battaglie». Parole più dure per il Ppd – «oramai solidamente guidato dalla sinistra sindacale e malgrado il suo presidente Dadò cerchi di fare l’occhiolino ai conservatori» – e naturalmente per i ‘rossoverdi’.

‘Ma dove siamo finiti?’

In generale, la visione di società delineata a Mendrisio è ben riassunta dall’incipit di Marco Chiesa, che ha chiesto alla platea: «Ma dove siamo finiti?». Il consigliere agli Stati ha dipinto uno scenario da tramonto dell’Occidente: «Pezzo dopo pezzo le nostre certezze di fieri cittadini svizzeri sono state picconate, cancellate, tradite da una sinistra europeista, da verdi moralisti e da un centro divenuto troppo timido per tutelare i valori liberalconservatori del Paese». Un Paese in cui energia elettrica, lavoro e difesa non sarebbero più garantiti, in cui si cede all’«ossimoro» della «neutralità cooperativa» e si assiste a «una perdita di valori e di spina dorsale che ci porterà alla rovina».

Al congresso ha partecipato Norman Gobbi, che d’altronde ha anche la tessera Udc oltre a quella leghista. Il direttore del Dipartimento delle istituzioni si è soffermato sul «sottile equilibrio tra sicurezza e libertà», passando in rassegna le minacce globali – guerra tradizionale e cyber, cambiamento climatico, difficoltà di approvvigionamento energetico e non, crisi alimentari – che potrebbero arrivare presto alle nostre porte: l’immagine che ci arriva dal suo PowerPoint è quella di un barcone di migranti, a simboleggiare le pressioni sui confini ipotizzate per la crisi del grano, ma c’è anche la criminalità organizzata, contro la quale Gobbi ha confermato il suo impegno.

Rust Belt Texin

L’analisi economica è stata affidata al capogruppo in Gran Consiglio Sergio Morisoli (vedi anche ‘laRegione’ di sabato scorso), e anche in questo caso il Leitmotiv è stato il declino della «Rust Belt Texin», paziente i cui valori appaiono tutti sballati, dall’impiego di svizzeri e residenti al salario mediano. La soluzione sarebbe triplice: sanare un mercato del lavoro «saccheggiato», ricorrendo a nuove regole; frenare «uno Stato che invade sempre nuovi spazi»; riformare lo Stato sociale, circa il quale «si ragiona ancora come trenta o quarant’anni fa». Nell’immediato: cancellare la tassa di collegamento, ridurre quella di circolazione e neutralizzare fiscalmente l’aumento delle stime immobiliari, salvaguardando così il potere d’acquisto del ceto medio.

Ma il piano Udc non sarà troppo liberista per i cugini leghisti? Lo abbiamo chiesto a Marchesi, che non vede grandi problemi. Dopotutto «l’Udc è un partito liberalconservatore: liberale in economia e conservatore nei valori. È anche vero che ciò non ci impedisce di vedere certi problemi: la libera circolazione, ad esempio, è il sunto perfetto del liberalismo spinto, e noi siamo assolutamente contrari, ritenendo opportuno intervenire laddove è necessario farlo».

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