Il diplomatico europeo in Svizzera ha stigmatizzato l’intervento russo in Ucraina. ‘Ci riporta a una situazione di quasi cento anni fa’
L’invasione militare dell’Ucraina da parte della Russia ha riportato l’orologio della storia a più di ottant’anni fa. Ne è convinto l’ambasciatore dell’Unione europea in Svizzera Petros Mavromichalis, proprio questa mattina in Ticino per una visita di cortesia. A margine dell’incontro con il Consiglio di Stato a Palazzo delle Orsoline, Mavromichalis ha incontrato i giornalisti. È stata l’occasione per chiedere se la politica estera europea evolverà dopo l’aggressione russa. L’Ue, è noto, non ha una sua forza militare e non sempre gli interessi esteri dei singoli Stati membri sono univoci. È ipotizzabile una difesa europea più integrata? «Credo di sì», risponde l’ambasciatore Ue. «Tutti, purtroppo, vedono che non siamo in questo mondo post moderno dove non ci sono conflitti armati. Le notizie di questi giorni ci riportano indietro di quasi cento anni. E dobbiamo essere preparati per il futuro», afferma Petros Mavromichalis. In questa vicenda «mi auguro di aver visto un alto livello di unità e unanimità tra i nostri Stati membri per decidere quello che possiamo decidere: ovvero forti sanzioni economiche votate all’unanimità».
E dal punto di vista della difesa comune? «Bisognerà certamente fare di più sia a livello dell’Unione europea, sia della Nato per gli Stati membri che ne fanno parte». «La guerra è una questione del passato in Europa?», si chiede Mavromichalis. «Purtroppo no. Quello di oggi è un risveglio brutto e brutale».
Ma i motivi della visita in Ticino dell’ambasciatore Mavromichalis erano altri. Tra i compiti del suo ufficio di diplomatico c’è anche quello di avere rapporti oltre che con le autorità federali, anche con i rappresentanti dei Cantoni. E in questo ruolo è giunto in Ticino in una visita programmata da tempo. E il tema delle relazioni economiche tra l’Unione europea e la Confederazione elvetica è uno di quelli affrontati anche con il Consiglio di Stato ticinese. Il presidente del governo Manuele Bertoli ha spiegato, in una breve conferenza stampa, che uno dei motivi dell’euroscetticismo della maggioranza dei ticinesi è da ricercare nelle pressioni sul mercato del lavoro locale da parte dei cittadini europei, italiani in primis. Insomma, le questioni legate al dumping salariale sono state spiegate all’ambasciatore dell’Ue e anche comprese da quest’ultimo. «Non si tratta di diffidenza nei confronti dei cittadini europei, ma di preoccupazioni per il mondo del lavoro», ha affermato da parte sua Manuele Bertoli.
«La discussione su questo tema è stata franca e aperta», ha risposto da parte sua l’ambasciatore Ue. «La libera circolazione e la pressione sui salari sono un tema noto. Sappiamo che ha portato dei benefici economici, ma anche dei problemi ‘interni’», ha affermato Mavromichalis facendo capire di conoscere bene il fenomeno della cosiddetta ‘fuga dei cervelli’. «Mi è stato detto che un lavoratore qualificato ticinese a Zurigo può guadagnare il 15-20% in più e questo ha portato molti a spostarsi in altre parti della Svizzera e favorito l’arrivo di altrettanti lavoratori qualificati da Milano o da altrove. È un fenomeno noto anche in seno all’Unione europea», ha commentato l’ambasciatore Ue. Questo non deve però inficiare i rapporti commerciali tra Svizzera e Ue che sono, rispettivamente, quarto e primo partner commerciale l’uno per l’altro. «I Cantoni di frontiera possono contribuire a raggiungere degli accordi tra Confederazione e Ue che risultino convenienti per entrambi, win-win come si dice in inglese».
C’è però il nodo della mancata adesione all’accordo istituzionale e il fatto che le relazioni Svizzera e Ue sono rette da più di 120 accordi bilaterali. «È un unicum. Con nessun altro Paese l’Ue ha una rete così fitta di accordi frutto anche della speranza che la Confederazione aderisse un giorno all’Ue. Sappiamo che ciò non avverrà e rispettiamo la decisione sovrana della Svizzera di non aderire». «La situazione bilaterale – ha aggiunto – non può durare a lungo. Il Consiglio federale sta riflettendo sul tema e auspico che si trovi una soluzione». «La Svizzera condivide oltre alla geografia, lingue, cultura e soprattutto i valori. E mai come oggi ci rendiamo conto che in Europa non tutti hanno gli stessi valori. Una guerra di conquista nel 21.mo secolo è qualcosa che non si può tollerare», ha aggiunto Mavromichalis. Il riferimento è ovviamente all’invasione russa dell’Ucraina. E quindi cosa succederà all’impianto degli accordi bilaterali? «Perderanno con il tempo il loro valore. Quest’anno, per esempio, è scaduto l’accordo sul riconoscimento mutuo dei medicinali tra Svizzera e Ue. È come una casa che abbiamo comprato insieme 25 anni fa e sulla abbiamo deciso di non investire più. Con il tempo va a decadere. C’è quindi bisogno di rinnovare questa casa comune, avendo fondamenta più solide iniziando dalla sicurezza giuridica degli accordi», ha concluso l’ambasciatore in Svizzera dell’Ue che in serata sarà ospite dell’assemblea del Movimento europeo Svizzera dove ha ribadito, in una conferenza pubblica presso l’Hotel Dante di Lugano, i profondi legami culturali ed economici tra la Svizzera e l’Unione europea.