Compromesso in commissione: tolta la contenzione fisica. La firma del rapporto unico – anche da parte del Ps – dovrebbe giungere lunedì prossimo
Sembrerebbe essere giunta a una svolta la tanto discussa questione del Centro educativo chiuso per minori (Cecm) previsto ad Arbedo-Castione che da anni tiene banco in politica. Sono trascorsi 12 anni da quando i Giovani liberali radicali hanno raccolto e inoltrato alla Cancelleria cantonale oltre 12mila firme a sostegno dell’iniziativa popolare ‘Le pacche sulle spalle non bastano!’, con cui chiedevano una struttura pubblica adeguata sul territorio cantonale per la detenzione preventiva, le pene di privazione della libertà e le misure protettive stazionarie per minori. Ancora pochi giorni fa, esprimendosi sulla questione ai microfoni della Rsi, il magistrato dei minorenni Reto Medici aveva ribadito la necessità dell’apertura di un tale Centro, sottolineando come il messaggio governativo sia fermo sui tavoli del Gran Consiglio fin dal lontano 2015. Proprio lunedì scorso però la commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’ ha compiuto passi decisivi per giungere a un rapporto definitivo che dovrebbe essere firmato la prossima settimana. A dividere i deputati/commissari era soprattutto la questione della contenzione fisica inserita nella proposta di legge allegata al messaggio, invisa ai rappresentanti del Partito socialista. Misura che è stata eliminata, portando così all’adesione al progetto da parte della sinistra della ‘Giustizia e diritti’.
«Siamo nella fase finale di un rapporto condiviso con tutta la commissione – dice con soddisfazione la liberale radicale Cristina Maderni, che ha stilato la bozza di documento –. È stato discusso ancora lunedì scorso e ora aspettiamo solo una risposta dal Consiglio di Stato su un dettaglio del decreto che dovrebbe arrivare in questi giorni. Dopodiché tornerà sul tavolo della commissione all’inizio della prossima settimana e a meno di imprevisti dell’ultimo minuto dovrebbe essere firmato anche dai socialisti, con eventuale riserva. C’è la volontà di tutti di portare la proposta a termine». Ci si attende dunque un rapporto unico e questo grazie al fatto che è stata eliminata dalla legge la parte della contenzione. «In questo tempo sono stati fatti diversi approfondimenti e sono stati apportati dei miglioramenti, anche perché il messaggio risaliva al 2015 e nel frattempo sono intercorsi una serie di cambiamenti e ci sono stati i giusti adeguamenti a quelle che sono l’attuale situazione e l’attuale prassi – considera Maderni –. Siamo tutti contenti di aver potuto migliorare quanto previsto e di aver portato avanti un lavoro collegiale. La volontà era di arrivare a concludere perché tutte le parti da noi audizionate hanno espresso l’importanza di realizzare una struttura di supporto ai giovani che affrontano situazioni particolari critiche». Se la firma arriverà effettivamente lunedì, il rapporto dovrebbe già approdare in Gran Consiglio nella sessione che si aprirà il 21 febbraio. «Questo però – sottolinea la deputata del Plr – è solo il punto di partenza, poi lo sviluppo del concetto pedagogico spetterà agli esperti del settore. Noi diamo lo strumento ma saranno loro a dover mettere i contenuti».
Si esprime con toni meno convinti Carlo Lepori, deputato socialista al Gran Consiglio e membro della commissione ‘Giustizia e diritti’, che conferma con un “sì” un po’ reticente il fatto che il rapporto unico sarà firmato anche dai commissari del suo partito, magari con riserva. «Siamo giunti a un compromesso ma da parte nostra rimangono un po’ di sentimenti misti a proposito di questo centro chiuso – commenta Lepori –. È stato un iter piuttosto travagliato. All’inizio io e molti altri eravamo contrari di principio al progetto, però nel frattempo abbiamo sentito molti pareri. Alcuni dicevano che la proposta è sbagliata, ma altri sostenevano che, se fatta bene, una nuova struttura di accoglienza potrebbe essere utile». L’adesione è giunta però solo dopo lo stralcio dalla proposta delle misure restrittive della libertà: «Per noi era imprescindibile che fosse tolto l’aspetto carcerario decisamente problematico. Poi abbiamo anche chiarito le possibilità di ricorso nel caso di misure restrittive simili a quelle in vigore per gli ospedali psichiatrici, con una commissione giuridica già esistente e preparata a discutere e a trattare questi tipi di problemi». Per i socialisti è fondamentale che la struttura non abbia uno scopo punitivo: «Il Centro non deve essere un riformatorio o un deposito dove si mettono questi giovani per qualche mese sperando che succedano miracoli perché sono chiusi dentro, ma dev’essere molto attivo a livello pedagogico e educativo». Per questo, spiega il deputato del Ps, 125mila franchi dei 3 milioni e 345mila del credito serviranno ad approntare un progetto educativo fatto con gli uffici cantonali che si occupano dei problemi della famiglia e dovrà essere accettato dalla Confederazione. «Il governo ha sottolineato che non possiamo suddividere il credito ma dobbiamo approvare tutto, quindi diamo il via libera all’intero ammontare che però sarà gestito in due fasi. Poi se nell’ipotesi poco probabile che la Confederazione (che cofinanzierà il progetto con altri 3 milioni, ndr) non fosse d’accordo o in caso ci fossero altri problemi, il resto del credito verrebbe bloccato». Commenta Lepori: «Adesso andiamo avanti, speriamo che tutto funzioni bene. Accettiamo il rapporto come l’abbiamo formulato e vediamo quale concetto pedagogico e educativo verrà messo in campo. Vorremmo inoltre cambiare il nome, ad esempio in Centro di accoglienza, perché Centro chiuso – ribadisce – proprio non ci piace. È una questione di forma, ma che fa capire anche il senso dell’operazione».