Il Tribunale federale ha accolto parzialmente due ricorsi. Bocciata la creazione della commissione consultiva
La legge ticinese sull’apertura dei negozi rimarrà in vigore, ma non ci sarà una commissione consultiva, composta da rappresentanti dei datori di lavoro e dei sindacati e incaricata di monitorare l’applicazione. Il Tribunale federale (TF) ha infatti accolto parzialmente due ricorsi sul testo entrato in vigore all’inizio del 2020.
La nuova legge cantonale, promulgata dal Gran Consiglio nel 2015 e accolta in votazione popolare l’anno dopo, prevedeva di subordinare l’entrata in vigore alla sottoscrizione di un contratto collettivo di lavoro (CCL) di obbligatorietà generale nel settore della vendita (articolo 23 capoverso 1). Quest’ultimo è stato concluso nel 2019 e la legge è entrata in vigore l’anno dopo
Il sindacato Unia, diversi privati e un’azienda hanno inoltrato ricorsi chiedendo l’annullamento della legge o lo stralcio di alcune singole disposizioni.
Nella sentenza pubblicata oggi, il Tribunale federale accoglie parzialmente le argomentazioni dei ricorrenti. Secondo l’Alta Corte l’articolo che condiziona l’entrata in vigore della legge alla sottoscrizione di un CCL di obbligatorietà generale è incostituzionale. Il suo scopo infatti è la tutela dei lavoratori che è però regolamentata dalla Legge federale sul lavoro. La norma ticinese quindi costituisce una violazione della supremazia del diritto federale, secondo i giudici di Mon Repos. Il TF ha comunque ritenuto inopportuno l’annullamento dell’intera legge poiché solo l’entrata in vigore era vincolata al CCL.
Per le stesse ragioni è stata annullata anche la disposizione che prevede la creazione di una commissione consultiva (articolo 4 capoversi 2 e 3). La legge quindi rimane in vigore, ma senza la commissione.
Gli altri ricorsi (articoli 8, 9, 10, 14 e 16) sono stati giudicati infondati dal TF. Unia chiedeva l’annullamento integrale della legge. In particolare il sindacato criticava il fatto che le “zone turistiche” dove è consentita l’apertura dei negozi 7 giorni su 7 dalle 6.00 alle 22.30 sono state estese al punto da inglobare anche aree che nulla hanno di turistico e coprire gran parte del territorio cantonale.
Per il segretario regionale Giangiorgio Gargantini l’incostituzionalità della norma che lega l’entrata in vigore della legge al CCL non è una sorpresa poiché Unia aveva già sottolineato a più riprese questa criticità. Per il TF l’annullamento di questa disposizione non giustifica l’annullamento dell’intera legge da un punto di vista giuridico, ma in realtà senza l’“obbligo” di CCL la legge non avrebbe raccolto la maggioranza in Gran Consiglio e probabilmente neppure in votazione popolare, fa notare Gargantini, raggiunto da Keystone-ATS.
Rimane inoltre da chiarire se l’annullamento della disposizione avrà conseguenze sull’obbligatorietà generale conferita del CCL. Il rischio è di ritrovarsi ora con una legge che peggiora le condizioni dei lavoratori e non serve all’economia perché alla maggioranza dei negozi non conviene tenere aperto la domenica, conclude il segretario di Unia.