Ok a vaccinazione o guarigione come condizioni esclusive per entrare nei locali pubblici, no a obbligo di telelavoro e lockdown di bar e ristoranti
Sì al modello 2G, no a nuove chiusure. Questa, in sintesi, la risposta del Consiglio di Stato a quello federale sulle nuove misure anti-Covid. Bellinzona accetta di limitare a vaccinati e guariti l’accesso a strutture culturali e sportive, ristoranti, bar e altri locali pubblici, generalizzando al contempo l’obbligo di mascherina in tutti questi luoghi ed escludendo invece dall’ingresso i non vaccinati con test negativo. Il governo ticinese teme invece l’idea che ristoranti, bar e altri locali debbano abbassare le saracinesche: «Nuove chiusure appaiono difficilmente sopportabili e auspicabili», ha dichiarato il presidente del consiglio di Stato Manuele Bertoli.
All’esecutivo non piace neppure l’obbligo di telelavoro, giudicato di difficile applicazione per molte aziende. Nella presa di posizione si liquida la proposta come “un’enunciazione di principio declamatoria e fuorviante, dato che l’obbligo non può essere assoluto, ma va relativizzato in funzione della natura dell’attività e della praticabilità senza oneri sproporzionati. La raccomandazione al telelavoro, in vigore da tempo ed attuata in maniera conseguente nelle aziende, raggiunge effetti analoghi”.
Bocciato anche il ritorno alla didattica a distanza nelle università, «un passaggio molto pesante per gli studenti» secondo Bertoli (tanto più che finora perfino la richiesta di certificato negli atenei resta facoltativa: meglio semmai ipotizzare anche in questo caso un ‘modello 2G’). Quanto alle scuole dell’obbligo «non ci sono ragioni per toccarle, visto che la situazione resta sotto controllo». Si chiede comunque di lasciare le decisioni su ulteriori obblighi ai singoli cantoni, anche perché già oggi il Ticino prevede l’obbligo di mascherina a partire dalla quarta elementare.
Non convince poi la limitazione a cinque persone degli incontri in famiglia se una non è vaccinata o guarita, misura giudicata inapplicabile e capace di creare tensioni proprio sotto Natale. E neppure l’idea, in alternativa facoltativa all’obbligo di mascherina nei locali, di aggiungere al certificato di vaccino/guarigione un risultato di test negativo (modello 2G+): una proposta che “dovrebbe entrare in linea di conto solo nei contesti in cui non è oggettivamente possibile indossare la mascherina e mantenere le distanze, come nell’esercizio di sport di squadra che prevedono contatti fisici”.
La speranza, naturalmente, è che con le nuove restrizioni tutto vada per il meglio. In caso contrario – se cioè il quadro pandemico dovesse costringere il Paese a capitolare all’ipotesi di nuove chiusure – per il governo queste “andrebbero semmai decretate progressivamente, prima per discoteche, centri wellness o attività sportive di contatto e solo successivamente per i ristoranti”.
In una risposta separata il Consiglio di Stato si è pronunciato anche sulla reintroduzione dei test rapidi gratuiti, considerata auspicabile per “dar seguito all’indirizzo definito dalle Camere federali“, e materialmente sostenibile visto che l’introduzione del 2G dovrebbe far calare la domanda per questo tipo di servizi. Ok a Berna anche sulla proposta di non sovvenzionare i test Pcr e autodiagnostici individuali per asintomatici, nel primo caso per non sovraccaricare i laboratori, nel secondo perché sono comunque poco affidabili.
Non è ancora chiara l’entrata in vigore delle nuove misure, per le quali è invece già prevista una scadenza al 24 gennaio.
Bertoli si è soffermato anche sulle indiscrezioni circa la riorganizzazione delle cure ospedaliere per fare fronte alla nuova emergenza. In particolare, ‘Ticinonline’ ha anticipato la possibilità di sospendere gradualmente gli interventi chirurgici non urgenti. Una situazione simile a quella già vissuta durante la prima emergenza, quando lo stop aveva creato una lista d’attesa che ha poi richiesto mesi per essere smaltita. Il presidente del governo ha detto che una decisione sull’eventuale riorganizzazione dovrebbe essere presa solo domani, e che nel frattempo «le indiscrezioni su presunti documenti governativi ha generato parecchio nervosismo e non aiuta certo la serenità della discussione e dell’eventuale decisione».
In ogni caso l’invito è alla calma, anche perché la situazione delle strutture sanitarie in Ticino resta migliore che altrove. «Nel settore ospedaliero il cantone si è preparato per questa nuova ondata», ha precisato Bertoli, «anche mantenendo la disponibilità di letti in cure intense, cosa che non sembra si sia fatta in alcuni altri cantoni». Allo stesso tempo, nella risposta al Consiglio federale si chiede che per tutti gli ospedali svizzeri vengano “definite condizioni univoche di riduzione dell’attività chirurgica elettiva e di aumento delle capacità straordinarie.