Così operava la cosca ’ndranghetista Molè, colpita dal recente blitz che ha interessato anche la Svizzera, Ticino compreso
Nulla era lasciato al caso dalla cosca della ’ndrangheta Molè della piana di Gioia Tauro, la cui esistenza, con un ruolo apicale, nel traffico internazionale di cocaina, ha trovato una definitiva conferma con l’operazione Nuova Narcos Europea che - condotta dalla Direzione distrettuale antImafia di Reggio Calabria con il coinvolgimento delle procure antimafia di Milano e Firenze - ha portato, martedì della scorsa settimana, all’arresto di oltre cento persone, di cui un terzo in provincia di Como. Personaggi legati alla storica (per gli innumerevoli precedenti) ’ndrina di Fino Mornasco, che puntualmente troviamo in tutte le più importanti indagini a cavallo tra la Lombardia e il Canton Ticino. Come ’’I fiori della notte di San Vito’’ (1994: 370 arresti, 250 dei quali nel Comasco), ‘’Crimine-Infinito’’ (2003: 150 arresti, di cui quasi un terzo nel Comasco) e ’’Insubria" (2014: 40 arresti, una trentina dei quali di aderenti alle cosche di Cermenate e Fino Mornasco che a lungo hanno operato anche in Ticino nel recupero crediti). Operazioni che avevano confermato come la Lombardia era diventata la quarta regione italiana in fatto di criminalità organizzata. E una ulteriore conferma, casomai fosse stato necessario, è giunta con il blitz della scorsa settimana.
Una retata di presunti ’ndranghetisti (per parecchi di loro si può escludere qualsiasi cautela, essendo già stati condannati per associazione mafiosa) che in materia di traffico di droga, così come sta scritto negli atti degli inquirenti, ha certificato la potenza di fuoco della cosca Molè nel traffico di droga. Soprattutto cocaina che dalla Calabria saliva a ridosso del Canton Ticino, per, superata la frontiera, arrivare nei cantoni Zurigo, San Gallo e Grigioni dove sono finite in manette quattro delle sei persone arrestate a fini estradizionali (le altre due in Ticino). Dalle carte dei magistrati della Dda di Reggio Calabria si apprende che la cosca Molè si avvaleva di una ramificazione internazionale (in Sud America e in OIanda) non solo per approvvigionarsi di ingenti quantitativi di cocaina, ma anche per il successivo recupero in mare dello stupefacente e per la lavorazione dello stesso. Per evitare il rischio di sequestri nel porto di Gioia Tauro in più occasione la cocaina è stata scaricata in mare. Per il recupero della droga la cosca Molè ha assoldato e ospitato a Gioia Tauro tre esperti palombari e due chimici, tutti sudamericani. Tutti identificati e arrestati martedì della scorsa settimana. Una attività quella di palombari e chimici che tra il 2019 e lo scorso anno aveva consentito di recuperare una montagna di polvere bianca, poi però trovata dagli investigatori, i quali, grazie a intercettazioni telefoniche, il 25 marzo 2020 in una masseria di Gioia Tauro avevano rinvenuto 500 chili di cocaina.