In totale comminati quasi sei secoli di carcere. Tra gli imputati anche una decina di persone con legami con il Ticino
Prime settantatré condanne per quasi sei secoli di carcere in sede di udienza preliminare nei confronti di decine di ’ndranghetisti legati alla ’ndrina Mancuso di Limbadi. Cosca considerata dalla Commissione antimafia, “il clan finanziariamente più potente d’Europa, grazie ai professionisti organici alle cosche” fra cui Gennaro Pulice, il killer togato della ’ndrangheta (sei i delitti di cui si è autodenunciato) che durante i venti mesi (prima dell’arresto nel 2015) come consulente finanziario a Lugano ha riciclato una ottantina di milioni di euro, una ventina dei quali per conto della cosca sradicata nel dicembre 2019 con l’operazione Rinascita-Scott (416 indagati di cui 334 in stato di arresto). Una decina di arresti c’erano stati anche in Svizzera. La sentenza è stata pronunciata sabato scorso.
La sentenza del giudice delle udienze preliminari Claudio Paris, dopo una camera di consiglio durata cinque ore, è arrivata sabato pomeriggio, nell’aula bunker di Lamezia Terme, dove è in corso anche il processo con rito ordinario nei confronti di altri 325 imputati. La scelta del rito abbreviato ha consentito agli imputati di ottenere la riduzione di un terzo della pena. Imputati che a vario titolo erano accusati di associazione mafiosa, omicidio, estorsione, usura, estorsione, fittizia intestazione di beni, traffico di sostanze stupefacenti, riciclaggio di denaro e altri reati aggravati dalle modalità mafiose. Stessi reati contestati agli imputati che hanno scelto il rito ordinario.
“Questa di oggi è una sentenza importante” il commento del procuratore Nicola Gratteri: “Il dispositivo di questa sera dimostra il corpo del capo di imputazione. Su 91 imputati, se ci sono 19 assoluzioni di posizioni marginali, ritengo che il lavoro della Procura è stato confermato alla grande. Andiamo avanti con il nostro lavoro, con serenità, con tranquillità e con la fermezza che serve per un processo così importante”. C’è da ricordare come mai prima di Rinascita-Scott c’era stata un’inchiesta capace di tenere insieme oltre dieci anni di storia criminale di una provincia che si è fatta conoscere per i killer che ha sfornato, per le faide che hanno coinvolto ragazzini, ma anche come feudo e casa dei Mancuso di Limbadi, uno dei clan più potenti della ’ndrangheta tutta. Uno dei pochi clan che hanno facoltà di decidere le macro-strategie per l’intera organizzazione, anche grazie ai legami con la politica e la massoneria e ai consulenti finanziari come Gennaro Pulice che dopo l’arresto si è messo a collaborare con la Dda di Catanzaro, tanto da diventare una sorta di prezzemolo in quanto lo si trova con un ruolo determinante (i soldi per ’ndrangheta, mafia e camorra rappresentano la spina dorsale). Tra gli imputati del processo con rito ordinario ci sono un 39enne di Vibo Valentia, residente in provincia di Varese, titolare di un’officina meccanica nel Luganese, e un avvocato di cui si è parlato a lungo dopo che nel novembre 2019 al valico di Maslianico era stato trovato un assegno da 100 milioni di euro che era stato emesso il 5 ottobre 2018 dal Credit Suisse di Ginevra. Lo aveva avuto da uno ’ndranghetista legato al clan Mancuso.