La Commissione economia sottoscrive il rapporto di Isabella e chiede al governo di attivarsi a Berna: il contratto collettivo valga anche in Ticino
Per quanto concerne la sottoscrizione del Contratto collettivo nazionale nei negozi annessi alle stazioni di benzina ticinesi «quella lettera del Consiglio di Stato a Berna, dove si definisce solo ‘preoccupato’, non è sufficiente». Per questo motivo, quasi all’unanimità, la commissione parlamentare Economia e lavoro sottoscrive il rapporto commissionale di Claudio Isabella (Ppd) che dà seguito alla mozione di Raoul Ghisletta (Ps) e mette nero su bianco tre richieste all’Esecutivo cantonale. Richieste che Isabella, raggiunto dalla ‘Regione’, riassume così: «La prima è di attivarsi nei confronti del Consiglio federale perché la decisione di escludere il nostro Cantone, il più bisognoso dei 26 confederati, dall’obbligatorietà generale venga revocata». L’occasione c’è, «e anche molto presto – spiega Isabella –. L’attuale decreto di obbligatorietà generale scadrà il 31 dicembre e con il prossimo si può correggere la situazione». Perché, e siamo al punto due, «va ribadito al Consiglio federale che differenziazioni e discriminazioni nei confronti del Ticino, cantone dove le condizioni di impiego sono sempre più sotto pressione, non debbano più essere accolte». Il motivo è semplice benché preoccupante, per Isabella. Nel senso che «questo potrebbe essere un pericoloso precedente, mentre noi chiediamo che cose del genere non succedano più perché totalmente inaccettabili. Viene detto che sarebbe difficile adeguare il salario minimo perché la discrepanza è troppa? Ma il salario minimo serve proprio a questo! – esclama Isabella –, serve a evitare salari bassi. Sennò di cosa stiamo parlando?».
Proprio partendo da ciò si arriva al terzo punto, in cui si chiede al governo cantonale di porsi come mediatore e conciliatore nei confronti delle associazioni di categoria. «Troviamo grave infine – spiega il deputato Ppd e sindacalista dell’Ocst – che il Consiglio federale porti un intervento pubblico in contratti di diritto privato, mal si comprende questa pericolosa decisione dell’Autorità federale che, ripeto, rischia di essere un pericoloso precedente. Il salario è stato concordato tra le parti contraenti quindi non è corretto sia lo Stato a intromettersi. Va posto immediatamente rimedio anche perché – sottolinea Isabella – nell’ottica di evitare la fuga dei giovani va sanata ogni situazione potenzialmente dannosa».